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Banca d’Italia: credito, segnali di ripresa dai mutui casa nella seconda metà del 2024. I dati della relazione annuale


Nel 2024 la dinamica del credito in Italia è rimasta debole, seppure con segnali di ripresa favoriti dal progressivo allentamento della politica monetaria. I prestiti alle imprese hanno continuato a contrarsi, soprattutto per effetto di una domanda fiacca. Le condizioni di offerta si sono mantenute orientate alla prudenza, specialmente verso le imprese di minore dimensione. I prestiti alle famiglie, invece, sono tornati a crescere; la riduzione dei tassi ha in particolare stimolato la domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni. Nel primo trimestre del 2025 queste tendenze sono state confermate; nei prossimi mesi l’andamento del credito potrebbe risentire dell’accresciuta incertezza del quadro macroeconomico globale.

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È quanto emerge dalla relazione annuale della Banca d’Italia, presentata lo scorso 30 maggio, insieme con le considerazioni finali del governatore Fabio Panetta.

La struttura dell’industria bancaria

Alla fine del 2024 il sistema bancario era composto da 134 intermediari (uno in meno del 2023), ripartiti tra 53 gruppi e 81 banche individuali. Queste ultime comprendevano 39 banche di credito cooperativo,33 società per azioni e 9 banche popolari.

Ai 12 gruppi classificati come significativi (significant institutions) nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico (Single supervisory mechanism, Ssm) era riconducibile oltre l’80% del totale degli attivi del sistema. Quest’ultimo presentava alla fine dello scorso anno un grado di concentrazione più basso rispetto a quello degli altri principali Paesi europei (ad eccezione della Germania).

Negli ultimi mesi sono state annunciate operazioni di concentrazione complesse, in alcuni casi tra loro in competizione, che coinvolgono banche di diverse dimensioni e specializzazioni, compagnie assicurative e società di gestione del risparmio – ha affermato il governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta -. Per alcune di esse la fase istruttoria si è conclusa, per altre è ancora in corso. Tre anni di forti profitti hanno messo a disposizione delle banche risorse significative, oggi impiegate per avviare iniziative che ridurrebbero la frammentazione del mercato creditizio italiano, avvicinandone il grado di concentrazione a quello degli altri principali paesi europei. Le aggregazioni rappresentano un delicato momento di discontinuità nella vita degli intermediari. Devono servire a rafforzarli, e a questo scopo è necessario che siano ben concepite e volte unicamente alla creazione di valore. Creare valore significa, innanzitutto, offrire a imprese e famiglie finanziamenti adeguati per quantità e costi; strumenti di impiego del risparmio efficaci, trasparenti e a condizioni eque; servizi qualificati e innovativi, coerenti con le esigenze di sviluppo del Paese”.

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Sportelli diminuiti del 4%. Meno 35% in 10 anni

Le banche hanno proseguito la riorganizzazione dei canali di distribuzione: nel 2024 il numero degli sportelli è sceso di circa il 4%, portandosi a poco meno di 20.000, mentre quello dei dipendenti è rimasto sostanzialmente stabile, intorno a 269.000 unità; negli ultimi dieci anni il calo del numero degli sportelli e dei dipendenti è stato del 35% e del 12%, rispettivamente.

Credito, nella seconda metà dell’anno segnali di ripresa. A trainare i mutui casa

Nel corso del 2024 i prestiti sono diminuiti dell’1,2%. La riduzione ha riguardato soprattutto le erogazioni alle imprese (-2,6%) ed è riconducibile principalmente “a una domanda debole, imputabile alle minori esigenze di finanziamento degli investimenti e agli ancora elevati tassi di interesse”. Le condizioni di offerta si sono mantenute orientate alla prudenza, in particolare per le aziende di piccole dimensioni. Le nuove erogazioni alle imprese sono state principalmente a tasso variabile (circa il 90%, contro l’83% in media nell’area dell’euro). La quota dei prestiti a tasso variabile sul totale delle consistenze delle imprese ha continuato a crescere, attestandosi a circa l’80%.

Nell’ultimo anno è proseguita, con minore intensità, la flessione dei prestiti alle imprese. Si tratta di un andamento che merita attenzione: un’adeguata disponibilità di credito è essenziale per sostenere gli investimenti e favorire la ripresa produttiva, soprattutto per le aziende più piccole, che incontrano maggiori difficoltà di accesso a fonti alternative di finanziamento – ha dichiarato Fabio Panetta -. Le evidenze disponibili suggeriscono tuttavia che la contrazione dei prestiti riflette principalmente la debolezza della domanda, più che un inasprimento delle condizioni di offerta da parte delle banche. I sondaggi presso le imprese mostrano che la quota di società che segnalano difficoltà di accesso al credito è in calo in tutti i settori e per tutte le classi dimensionali. Questa indicazione è avvalorata dai dati di bilancio delle imprese. Negli ultimi anni l’autofinanziamento è aumentato più degli investimenti, anche per le aziende minori, riducendo progressivamente – fino ad annullarlo – il fabbisogno di risorse esterne. Parallelamente, molte imprese hanno realizzato cospicui aumenti di capitale53 e incrementato le riserve di attività finanziarie. Come già accennato, dalla crisi dei debiti sovrani in poi la leva finanziaria è significativamente migliorata. La Banca d’Italia continuerà a seguire l’evoluzione dei prestiti, in particolare di quelli alle imprese più piccole”.

Dalla seconda metà dell’anno si sono osservati alcuni segnali di ripresa del credito.  I prestiti bancari alle famiglie sono tornati a crescere (all’1,1 % a dicembre rispetto a un anno prima), guidati principalmente dai finanziamenti per l’acquisto di abitazioni (1,3%). Secondo gli intermediari italiani che partecipano all’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro (Bank Lending Survey), l’aumento è imputabile alla riduzione del livello generale dei tassi di interesse, che avrebbe stimolato la domanda di mutui, a fronte di criteri di offerta solo lievemente irrigiditi.

È significativamente diminuita la quota delle nuove erogazioni di prestiti per l’acquisto di abitazioni a tasso variabile (circa il 10%); l’incidenza dei mutui a tasso variabile sul totale di quelli in essere è al minimo storico (27,7%).

Le previsioni per il 2025

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Nel primo trimestre del 2025 si è sostanzialmente confermata la dinamica del credito alle famiglie e alle imprese osservata nel 2024; nei prossimi mesi l’andamento potrebbe risentire dell’elevata incertezza del quadro macroeconomico globale. In particolare, l’acuirsi delle tensioni geopolitiche e commerciali, che secondo i dati dell’ultima indagine regionale sul credito bancario (Regional Bank Lending Survey) già nel triennio 2022-24 aveva influenzato l’offerta di credito alle imprese per circa un terzo degli intermediari, nonché il conseguente rallentamento dell’attività economica potrebbero pesare sui segnali di ripresa in corso.

“Il sistema multilaterale che, pur sbilanciato e non privo di contraddizioni, cercava di risolvere i problemi in base a regole condivise, accogliendo le istanze comuni, è in crisi. Al suo posto, si sta imponendo un ordine multipolare in cui aumenta il peso dei rapporti di forza. Ne stanno risentendo persino le relazioni, storicamente molto strette, tra Stati Uniti ed Europa. Le affinità culturali e i legami economici che ci uniscono dovranno alla fine prevalere sugli attriti presenti. Dobbiamo prepararci a navigare in queste acque incerte, senza rinunciare ai nostri valori e senza restare indietro”, ha aggiunto Fabio Panetta.

La qualità degli attivi e il rischio di credito

Nell’ultimo trimestre del 2024 il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto alla consistenza di quelli in bonis è aumentato all’1,4% (era l’1,2% alla fine del 2023), trainato dai finanziamenti alle imprese (2,4% contro 1,8%); il rapporto è lievemente diminuito per le famiglie. L’indicatore si è tuttavia mantenuto su livelli molto bassi nel confronto con gli ultimi 15 anni. Nell’anno le consistenze dei crediti deteriorati hanno continuato a ridursi, beneficiando anche del contributo delle operazioni di cessione (per circa 8 miliardi).

Ciononostante, la debole dinamica dei finanziamenti ha fatto sì che il rapporto tra l’ammontare dei crediti deteriorati e il totale dei prestiti al netto delle rettifiche aumentasse leggermente, dall’1,4 all’1,5% (al lordo delle rettifiche è salito di 10 punti base, al 2,8%.



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