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Aziende SRL e Sovraindebitamento: Cosa Fare con l’Avvocato


Hai una SRL in difficoltà economica, con debiti che crescono e fornitori o banche che iniziano a fare pressione? Non riesci più a rispettare le scadenze fiscali o contributive e temi che la situazione possa sfuggirti di mano?

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Molti imprenditori pensano che la procedura di sovraindebitamento sia riservata solo alle persone fisiche o ai piccoli lavoratori autonomi. Ma oggi, grazie al Codice della Crisi d’Impresa, anche una SRL può ristrutturare i propri debiti legalmente e proteggere il patrimonio, evitando il fallimento.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto societario, crisi d’impresa e ristrutturazione del debito – ti spiega cosa può fare una SRL sovraindebitata, quali strumenti legali può utilizzare e come l’assistenza di un avvocato può fare la differenza.

Una SRL può accedere al sovraindebitamento?
Sì, se non è soggetta a fallimento secondo i parametri di legge (volume d’affari, attivo patrimoniale e dipendenti). In quel caso, la società può avvalersi di procedure come:
– la composizione negoziata della crisi,
– il concordato semplificato,
– l’accordo di ristrutturazione dei debiti,
– o, nei casi estremi, la liquidazione controllata.

Tutti strumenti che permettono di bloccare i creditori, sospendere le azioni esecutive e presentare un piano di rientro sostenibile.

Cosa si rischia a non fare nulla?
Se la SRL continua ad accumulare debiti senza affrontare la crisi, l’imprenditore rischia:
– la perdita del controllo della società,
– la responsabilità patrimoniale personale (se ha continuato l’attività in perdita),
– la segnalazione nelle centrali rischi e l’aggressione del patrimonio residuo.

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Come può aiutarti un avvocato?
Un avvocato esperto analizza subito la situazione contabile e debitoria della SRL, valuta se ci sono i requisiti per accedere alle procedure di risanamento e costruisce una strategia personalizzata e legalmente solida, evitando errori che possono costare molto. Insieme a un esperto indipendente, potrai presentare un piano ai creditori e difendere l’attività anche se i bilanci sono in crisi.

Hai una SRL sovraindebitata e vuoi evitare il tracollo?
Richiedi una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo: analizzeremo i conti della tua società, verificheremo se puoi accedere agli strumenti previsti dal Codice della Crisi e ti guideremo passo dopo passo per ristrutturare il debito, proteggere la tua posizione e far ripartire l’attività legalmente.

Introduzione

Il sovraindebitamento indica la situazione in cui un’azienda non è più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni con il patrimonio e i flussi disponibili, senza prospettive di risanamento con gli strumenti ordinari. Per una Srl – forma societaria molto diffusa tra le PMI italiane – trovarsi sovraindebitata significa rischiare l’insolvenza e, nei casi più gravi, la fine dell’attività. Dal 2019 in poi, con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022), l’ordinamento ha profondamente riformato le procedure concorsuali e di “composizione della crisi”, mettendo a disposizione sia di grandi che di piccole imprese una gamma di strumenti nuovi o rivisitati per affrontare e risolvere la crisi prima di arrivare alla liquidazione giudiziale (il “vecchio” fallimento).

Ruolo dell’avvocato: la gestione del sovraindebitamento di una Srl richiede un attento esame da parte di un legale esperto in diritto fallimentare e della crisi d’impresa. L’avvocato assiste l’imprenditore nella scelta dello strumento più adeguato, nella predisposizione della documentazione necessaria, nelle trattative con i creditori e nella difesa degli interessi della società nelle sedi giudiziarie. Un intervento tempestivo e competente può fare la differenza tra il salvataggio dell’azienda (tramite accordi o ristrutturazioni del debito) e la sua liquidazione. Nelle sezioni seguenti analizziamo in dettaglio:

  • La differenza tra Srl fallibili e non fallibili (cd. “imprese sotto-soglia”) e le relative implicazioni.
  • Gli strumenti di regolazione della crisi previsti dal Codice: accordi di ristrutturazione, piani di ristrutturazione omologati, composizione negoziata, concordato preventivo (ordinario e semplificato) e liquidazione controllata.
  • Le procedure pratiche per attivare ciascuno di questi strumenti, con il supporto dell’avvocato, evidenziando aspetti documentali, strategici e difensivi.
  • Simulazioni ed esempi pratici per illustrare il funzionamento delle soluzioni nei diversi scenari.
  • Il commento alle più recenti sentenze di merito e di legittimità (fino a maggio 2025) in materia, per comprendere l’orientamento giurisprudenziale.
  • Tabelle riepilogative e comparative degli strumenti disponibili (soggetti ammessi, condizioni di accesso, vantaggi/svantaggi).
  • Una sezione di FAQ (domande frequenti) sul sovraindebitamento delle Srl.
  • Un elenco finale di fonti normative e giurisprudenziali utilizzate, con link a Gazzetta Ufficiale, Normattiva, giustizia.it e riviste specializzate.

Srl fallibili vs Srl non fallibili: capire se la Srl “può fallire”

Non tutte le Srl sono assoggettabili alle procedure concorsuali maggiori come il fallimento (oggi liquidazione giudiziale) o il concordato preventivo. La legge distingue infatti tra imprese commerciali sopra soglia (“fallibili”) e imprese sotto soglia (non fallibili, destinatarie delle procedure di sovraindebitamento). I criteri per qualificare un’impresa come “sotto soglia” sono quelli dell’art. 1 della vecchia Legge Fallimentare (L. 267/1942) – criteri mantenuti dal nuovo Codice:

  • Attivo patrimoniale annuo ≤ €300.000 nei tre esercizi antecedenti la domanda (o dalla costituzione, se la società è più giovane).
  • Ricavi lordi annui ≤ €200.000 nei tre esercizi antecedenti.
  • Debiti totali ≤ €500.000 (anche non scaduti).

Se la Srl rispetta congiuntamente questi tre requisiti, è definita un “imprenditore minore” e non è soggetta a fallimento né alle ordinarie procedure concorsuali. Tali imprese possono accedere invece alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, pensate proprio per chi è escluso dal fallimento (indipendentemente dalla forma giuridica, quindi anche Srl sotto soglia). Rientrano tra i non fallibili anche categorie particolari come gli imprenditori agricoli e le start-up innovative nei primi 4 anni.

Al contrario, una Srl che supera anche solo uno di questi parametri (attivo, ricavi o debiti oltre soglia) è “fallibile”: in caso d’insolvenza potrà essere assoggettata a liquidazione giudiziale (la nuova denominazione del fallimento) e ha accesso alle procedure concorsuali maggiori (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione ordinari, ecc.).

Implicazioni pratiche: per l’avvocato è fondamentale verificare preliminarmente lo status della Srl rispetto a tali soglie. Questo determina il percorso legale da intraprendere in caso di crisi:

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  • Srl fallibile (sopra soglia): potrà valutare strumenti come il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione; in mancanza di soluzioni, i creditori o la stessa società potranno chiedere la liquidazione giudiziale (procedura concorsuale in tribunale analoga al fallimento, con nomina di un curatore).
  • Srl non fallibile (sotto soglia): non può essere dichiarata fallita, ma potrà accedere alle procedure di sovraindebitamento ora incorporate nel Codice della Crisi. In particolare, le imprese sotto soglia (incluse Srl di piccole dimensioni) hanno a disposizione il concordato minore (e/o accordi con i creditori) per ristrutturare il debito, oppure, come ultima risorsa, la liquidazione controllata dei beni. Queste procedure mirano comunque a un eventuale esdebitazione (liberazione dai debiti) del debitore onesto, analogamente a quanto avviene per i fallimenti, pur con specificità proprie.

Nota: La normativa sul sovraindebitamento, introdotta originariamente con la Legge 3/2012, è stata assorbita nel nuovo Codice (artt. 65 e ss. CCII), con alcuni adeguamenti. Ad esempio, il Codice ha introdotto il “concordato minore” in sostituzione del precedente “accordo di composizione”, riservandolo ai debitori non consumatori. I consumatori invece accedono a una diversa procedura (ristrutturazione dei debiti del consumatore), e non possono utilizzare il concordato minore. Inoltre, esiste ora la possibilità di esdebitazione del debitore incapiente (anche senza offrire nulla ai creditori), sebbene tale via sia soggetta a condizioni rigorose e di fatto raramente percorsa.

Strumenti del Codice della Crisi per il Sovraindebitamento delle Srl

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) prevede una serie di strumenti di regolazione della crisi utilizzabili dalle Srl in difficoltà, a seconda della gravità della situazione e della dimensione (fallibile/non fallibile). Di seguito esaminiamo i principali strumenti oggi disponibili, evidenziando per ciascuno: chi può accedervi, come funziona, quali vantaggi offre, e quali limitazioni presenta. Gli strumenti si dividono in due grandi categorie:

  • Strumenti di risanamento (volti a ristrutturare il debito e proseguire, se possibile, l’attività): composizione negoziata, accordi di ristrutturazione (compresi piani attestati e piani soggetti a omologazione) e concordato preventivo (ordinario o minore, eventualmente in continuità).
  • Strumenti liquidatori (quando non vi è prospettiva di risanamento): concordato preventivo liquidatorio (ordinario o semplificato), e liquidazione controllata (per non fallibili) o liquidazione giudiziale (per fallibili).

Composizione negoziata della crisi

La Composizione Negoziata è uno strumento introdotto nel 2021 (D.L. 118/2021, ora art. 12-25-quinquies CCII) che consente all’imprenditore in crisi di tentare una risoluzione stragiudiziale e volontaria della crisi, con l’assistenza di un esperto indipendente. Vi possono accedere tutte le imprese, di qualunque dimensione (incluse quindi le Srl sotto o sopra soglia) che si trovano in situazione di squilibrio economico-finanziario, quando però la risanabilità è ancora possibile. Si tratta di una procedura confidenziale e non pubblica, attivata su istanza volontaria dell’imprenditore tramite una piattaforma online delle Camere di Commercio.

Caratteristiche principali:

  • La società presenta un’istanza tramite la piattaforma telematica dedicata, allegando informazioni sullo stato economico-finanziario e indicando le cause della crisi. Non è richiesta l’insolvenza conclamata; anche la crisi o il semplice rischio di insolvenza sono presupposti sufficienti.
  • Viene nominato da una commissione esterna un esperto negoziatore (iscritto in un apposito elenco) che affianca l’imprenditore nel tentativo di trovare un accordo con i creditori. L’incarico dell’esperto è di facilitatore: analizza la situazione e conduce le trattative, mantenendo un obbligo di riservatezza.
  • Durante la composizione negoziata, l’imprenditore resta alla guida dell’azienda (non c’è spossessamento). Può compiere atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, ma deve gestire nell’ottica di conservare il valore dell’impresa e nel “prevalente interesse dei creditori”. Su richiesta, il Tribunale può concedere misure protettive del patrimonio (blocco temporaneo delle azioni esecutive dei creditori) per favorire le trattative. Inoltre, i contratti in corso non possono essere risolti dai fornitori solo perché il debitore è in crisi.
  • La durata della procedura è inizialmente di 180 giorni, prorogabili su richiesta. L’obiettivo è individuare soluzioni come: accordi stragiudiziali bilaterali, moratorie, aumenti di capitale con nuovi investitori, rinegoziazione di esposizioni bancarie, o qualunque operazione che recuperi la stabilità finanziaria.
  • Se si raggiunge un accordo con i creditori (ad esempio un accordo di risanamento del debito), questo può restare riservato oppure, se si vuole dargli maggiore efficacia, può essere recepito in uno degli strumenti giudiziari (ad es. un accordo di ristrutturazione omologato).
  • Se la negoziazione fallisce, l’esperto chiude l’incarico relazionando sull’esito. A questo punto, l’imprenditore ha comunque acquisito una cognizione chiara della crisi. Può allora optare per una soluzione concorsuale “ordinaria”. Importante: in caso di esito negativo, la legge (art. 25-sexies CCII) consente all’imprenditore di proporre un concordato preventivo semplificato per la liquidazione del patrimonio, senza passare per il voto dei creditori (si veda oltre la sezione sul concordato semplificato).

Vantaggi: La composizione negoziata permette di tentare un salvataggio dell’azienda in modo poco invasivo e riservato, evitando il marchio del fallimento. È flessibile (non è incasellata in schemi rigidi) e può coinvolgere anche le banche e il fisco in trattative (incluse possibili transazioni sul debito fiscale). Durante il negoziato, la società beneficia di esenzioni da obblighi legali che altrimenti scatterebbero in crisi (ad es. sospensione dell’obbligo di riduzione del capitale per perdite, ex art. 20 CCII).

Svantaggi: Non c’è garanzia di successo – tutto dipende dalla collaborazione dei creditori e dalla reale praticabilità di soluzioni di risanamento. Inoltre, se la crisi è troppo avanzata, la composizione negoziata rischia solo di ritardare l’inevitabile avvio di una procedura concorsuale. È dunque essenziale, per l’imprenditore e il suo avvocato, valutare con onestà se esistono margini di accordo con i creditori prima di intraprendere questa via.

Ruolo dell’avvocato: il legale assiste nel predisporre l’istanza iniziale e tutta la documentazione finanziaria necessaria a fornire un quadro trasparente ai creditori e all’esperto (bilanci, situazione debitoria dettagliata, eventuale piano industriale di rilancio). Durante le trattative, l’avvocato affianca l’esperto nelle interlocuzioni con i creditori strategici (banche, fornitori principali, Erario), cercando di trovare punti d’incontro (ad es. proporre dilazioni, stralci parziali, conversione di crediti in capitale ecc.). Inoltre, se occorre chiedere al Tribunale misure protettive o autorizzazioni (ad es. per finanziamenti urgenti all’impresa), l’avvocato predispone i relativi ricorsi e ne cura la difesa in udienza. Un occhio di riguardo va anche agli obblighi informativi: l’imprenditore deve aggiornare costantemente l’esperto sull’andamento della gestione e su ogni atto di rilievo; l’avvocato aiuta a ottemperare correttamente a tali obblighi, prevenendo contestazioni.

Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII)

Gli accordi di ristrutturazione sono strumenti “negoziali” che prevedono un’intesa tra l’imprenditore debitore e una parte dei suoi creditori, finalizzata a ristrutturare l’esposizione debitoria. A differenza degli accordi puramente privati, però, questi accordi sono omologati dal Tribunale, acquisendo efficacia anche verso eventuali creditori dissenzienti (in misura limitata). Si tratta dell’evoluzione dell’istituto ex art. 182-bis l.f., oggi trasfuso negli artt. 57-64 CCII. Chi può accedervi: in linea generale, tutte le imprese in crisi o insolventi, incluse le Srl sotto soglia (il Codice infatti consente anche ai soggetti non fallibili di utilizzare gli accordi in talune condizioni). Tuttavia, nella prassi, gli accordi di ristrutturazione sono usati soprattutto da imprese medio-grandi, poiché presuppongono la disponibilità di una maggioranza qualificata di creditori a negoziare.

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Tipologie di accordi di ristrutturazione nel CCII: il Codice ha mantenuto e arricchito le varianti introdotte negli ultimi anni nella legge fallimentare:

  • Accordo di ristrutturazione “ordinario”: richiede l’adesione di creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti totali. I creditori che sottoscrivono l’accordo accettano un certo trattamento (es: pagamento parziale, dilazione, conversione in strumenti finanziari, ecc.) mentre i creditori estranei all’accordo vengono pagati integralmente entro 120 giorni dall’omologazione (se già scaduti) o entro 120 giorni dalla scadenza (se non ancora scaduti) – questa tutela serve a garantire che i non aderenti non restino pregiudicati.
  • Accordo di ristrutturazione “agevolato”: ha un quorum di adesioni ridotto al 30% dell’indebitamento. Questa soglia più bassa è ammessa solo se: (i) la società non ha già in corso altre procedure concorsuali (non deve aver presentato domanda di concordato preventivo o richiesto misure protettive in composizione negoziata); e (ii) viene assicurato il tempestivo pagamento dei creditori non aderenti (cioè costoro devono essere soddisfatti prontamente alle loro scadenze, in modo da non essere danneggiati dall’accordo parziale). L’accordo agevolato è pensato per favorire l’emersione di soluzioni concordate anche in presenza di molti piccoli creditori: se l’impresa ottiene l’accordo con un nucleo ristretto ma significativo (30%) di creditori chiave, può comunque procedere all’omologazione.
  • Accordo di ristrutturazione “a efficacia estesa”: introdotto per superare resistenze di particolari categorie di creditori (es. banche dissenzienti). Consente di estendere gli effetti dell’accordo anche ai creditori che non hanno aderito, purché appartenenti alla medesima categoria omogenea di creditori aderenti e a certe condizioni. Ad esempio, se il 75% degli istituti di credito (per valore di crediti) aderisce alla ristrutturazione, l’accordo può essere reso efficace anche verso le banche dissenzienti rimanenti. Questo strumento è utile per evitare che pochi dissenzienti vanifichino uno sforzo di ristrutturazione condiviso dalla maggioranza della categoria.
  • Transazione fiscale e previdenziale: è una particolare forma di accordo riguardante i debiti verso l’Erario e gli enti previdenziali. Il CCII (art. 63) prevede che l’accordo possa includere la proposta di trattamenti di favore (stralcio parziale di imposte, sanzioni, interessi) ma tali enti pubblici devono aderire espressamente all’accordo. Se non aderiscono, il Tribunale non può omologare l’accordo su quei debiti (a differenza del concordato minore, dove è ammesso il cram-down fiscale, come vedremo più avanti).

Procedura e ruolo del Tribunale: per concludere un accordo di ristrutturazione, la Srl – con l’ausilio dei propri legali e consulenti – predispone un piano che descrive come intende ristrutturare i debiti e riequilibrare la situazione finanziaria. È obbligatoria una relazione di un attestatore indipendente (un professionista designato) che certifichi la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano proposto. Raggiunte le adesioni richieste (30% o 60%), la società deposita ricorso in Tribunale per l’omologazione. Il Tribunale, verificati i presupposti e la correttezza del procedimento (nonché l’assenza di frodi o atti in frode ai creditori estranei), emette decreto di omologazione che rende l’accordo vincolante per tutti i firmatari e, se del caso, per i creditori estesi. I creditori estranei restano esclusi dagli effetti dell’accordo e devono essere pagati come per legge.

Durante la pendenza della procedura di omologazione, la società può chiedere misure protettive per sospendere azioni esecutive (simili al concordato). Una volta omologato, l’accordo costituisce titolo esecutivo e, se il debitore non rispetta i patti, i creditori possono chiederne la risoluzione.

Vantaggi: gli accordi di ristrutturazione sono relativamente snelli e rapidi rispetto a un concordato preventivo, perché non prevedono il voto di tutti i creditori ma solo l’adesione privata della quota necessaria. Mantengono inoltre un certo grado di riservatezza (si evita, ad esempio, il contraddittorio con tutti i creditori in udienza, avendo raccolto il consenso anticipatamente). Possono essere molto flessibili nel contenuto (possono prevedere qualsiasi forma di ristrutturazione del debito, anche parziale). Per i creditori aderenti vi è l’incentivo di partecipare attivamente al risanamento per ottenere una soddisfazione migliore di quella fallimentare.

Svantaggi: ottenere l’adesione di almeno il 60% (o 30%) dei crediti può essere difficile, specialmente se i creditori sono numerosi e dispersi. Spesso gli accordi funzionano quando c’è un numero limitato di creditori rilevanti (es. un pool di banche, alcuni fornitori principali, il fisco) con cui trattare. I creditori non aderenti, inoltre, vanno pagati integralmente e tempestivamente, il che richiede risorse immediatamente disponibili o liquidità derivante da operazioni sul patrimonio. Dunque l’accordo è praticabile solo se la società ha abbastanza valore o supporto finanziario esterno da onorare i dissenzienti. Infine, l’accordo non offre quella “tabula rasa” generale del debito: rimane eventualmente del passivo fuori accordo che grava sull’azienda (a differenza di un concordato, dove anche i non votanti subiscono le percentuali di soddisfazione stabilite dal piano omologato, entro i limiti di legge).

Ruolo dell’avvocato: nella negoziazione di un accordo, l’avvocato riveste un ruolo cruciale di mediatore legale: avvia contatti con i principali creditori per sondare la disponibilità ad aderire, redige materialmente la proposta di accordo (che è un vero e proprio contratto) assicurando che tuteli adeguatamente la società ma risulti anche accettabile per i creditori. Prepara inoltre la richiesta di nomina dell’attestatore e coordina l’attività di attestazione con il professionista incaricato, fornendogli tutti i dati necessari e garantendo trasparenza. Una volta raccolte le firme, l’avvocato predispone il ricorso per l’omologazione in tribunale, evidenziando il rispetto di tutti i requisiti di legge e motivando sulla convenienza dell’accordo per i creditori (spesso allegando relazioni di convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria). In sede di omologazione, difende l’accordo da eventuali opposizioni dei creditori estranei (o di aderenti dissenzienti dell’ultima ora): tipicamente, si dovrà dimostrare che l’accordo non li pregiudica e che l’impresa ne trarrà un beneficio stabilizzante.

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Piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione (art. 64-bis CCII)

Una novità introdotta in attuazione della direttiva UE 2019/1023 (sui quadri di ristrutturazione preventiva) è il Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO). Si tratta di un ibrido tra un accordo e un concordato: esso vincola tutti i creditori una volta omologato, però viene formato sulla base di un accordo con le maggioranze per classi anziché col consenso individuale qualificato. In altri termini, il debitore predispone un piano di risanamento che viene sottoposto al voto dei creditori suddivisi in classi, e se le maggioranze richieste sono raggiunte, il Tribunale lo omologa rendendolo efficace erga omnes.

Caratteristiche principali:

  • Classi di creditori: il debitore deve aggregare i creditori in classi omogenee per posizione giuridica e interessi economici. Ad esempio, si possono avere classi separate per: banche garantite, fornitori chirografari, Fisco, dipendenti, ecc.
  • Contenuto del piano: è estremamente flessibile. Il piano può prevedere trattamenti differenziati tra le classi (purché rispettosi di certe regole di priorità relative) e non è soggetto ai vincoli della par condicio né all’obbligo di includere tutto il patrimonio del debitore. Questo significa che, ad esempio, si può salvaguardare parte del patrimonio o prevedere che alcuni asset restino fuori dalla liquidazione, purché il piano nel suo insieme risulti migliorativo per i creditori. In particolare, il piano di ristrutturazione non deve necessariamente soddisfare integralmente tutti i creditori: può prevedere stralci, dilazioni o conversioni di credito in capitale, con l’unico limite di garantire che nessun creditore riceva meno di quanto otterrebbe nel worst case di liquidazione.
  • Tutela di crediti speciali: il Codice prevede obblighi specifici verso taluni crediti. Ad esempio, i crediti di lavoro (stipendi) devono essere pagati entro 30 giorni dall’omologazione. Ciò tutela i dipendenti, che non possono essere trascinati in lunghi piani di rientro.
  • Gestione durante la procedura: similmente al concordato, la società rimane in possesso dei beni (debtor in possession). Gli amministratori continuano la gestione ordinaria e straordinaria sotto la supervisione di un commissario giudiziale nominato dal Tribunale. Anche qui possono essere concesse misure protettive contro azioni esecutive esterne.
  • Votazione e omologa: la regola di maggioranza prevede che il piano è approvato se tutte le classi votano a favore con la maggioranza dei crediti di ciascuna, oppure – innovazione del CCII – se in ogni classe vota almeno il 50% dei crediti e i voti favorevoli raggiungono i 2/3 dei crediti votanti. Questa seconda opzione implica che un certo assenteismo non blocchi la procedura: se metà dei crediti in una classe partecipa al voto e di questi almeno due terzi approvano, la classe si considera consenziente. In caso di dissenso di una o più classi, il Codice consente comunque al Tribunale l’omologazione forzata (cram-down) se ritiene il piano equo e conveniente per i creditori dissenzienti (ad es. se almeno una classe di pari rango ha accettato e i dissenzienti non ricevono meno di quanto avrebbero in liquidazione, analogamente ai criteri della direttiva UE – anche se i dettagli in giurisprudenza sono in evoluzione).

Una volta omologato, il piano soggetto a omologazione diventa vincolante per tutti i creditori inclusi (quindi anche per eventuali oppositori), come un concordato. Se i creditori pubblici (Agenzia Entrate, INPS) dissentono ma il piano li soddisfa meglio della liquidazione, il Tribunale può omologare nonostante il loro voto contrario, applicando un cram-down fiscale analogo a quello visto per il concordato minore.

Vantaggi: il PRO offre una struttura più flessibile rispetto al concordato tradizionale. Si possono costruire soluzioni su misura per diverse categorie di creditori, senza dover ottenere l’adesione di percentuali fisse di tutti i crediti (basta la maggioranza per classi). Incentiva perciò le ristrutturazioni complesse, anche con interventi su struttura del capitale (es: conversione di debito in equity per banche). Inoltre, consente di derogare ad alcuni principi altrimenti inderogabili: ad esempio, il piano può deviare dalla regola della priorità assoluta nell’allocazione del valore, purché rispetti almeno la priorità relativa (nessuna classe ottiene un trattamento inferiore a quello di classi di grado inferiore). Ciò significa, in pratica, che si possono favorire accordi di ristrutturazione in continuità dove i vecchi soci mantengano una quota di capitale pur non soddisfacendo integralmente creditori di grado inferiore, se questi ottengono comunque il massimo di quanto realisticamente esigibile.

Svantaggi: l’elaborazione di un piano con classi e la gestione di un voto per classi richiedono tempi e costi comparabili a quelli di un concordato preventivo vero e proprio (c’è un commissario, un’udienza di omologa, etc.). È un procedimento complesso, per cui è adatto a situazioni di crisi articolate, magari con molti creditori e tipi di crediti differenti. Per piccole Srl con pochi creditori, potrebbe essere eccessivo rispetto a un semplice accordo. Inoltre, se il piano non raggiunge le maggioranze richieste, si rischia il fallimento/liq. giudiziale senza aver esplorato altre soluzioni, quindi va usato quando si è ragionevolmente certi del consenso delle classi chiave.

Ruolo dell’avvocato: concepire e realizzare un piano soggetto a omologazione richiede un lavoro interdisciplinare di legali e consulenti aziendali. L’avvocato, in collaborazione con un financial advisor, si occupa di classificare i creditori, elaborare proposte differenziate lecite (rispettando i principi di parità di trattamento intra-classe e di corretto ordine di soddisfazione inter-classe) e redigere il ricorso per l’ammissione del piano. È necessario coordinarsi con il commissario giudiziale nominato dal Tribunale e fornire tutte le informazioni per la relazione ai creditori. Nella fase di voto, il legale assiste la società nel convincere i creditori (organizza eventualmente adunanze informali per spiegare il piano) e raccoglie le schede di voto. In caso di opposizioni all’omologazione (creditori dissenzienti possono eccepire l’iniquità del piano o irregolarità procedurali), l’avvocato difende il piano dimostrando la convenienza per tutti i creditori rispetto alle alternative e il rispetto delle norme di legge. Da notare che, essendo un istituto nuovo, l’avvocato dovrà essere aggiornato sugli orientamenti giurisprudenziali in evoluzione: ad esempio, i primi provvedimenti stanno chiarendo come applicare il cram-down interclassi e in quali limiti il tribunale possa confermare un piano con classi dissenzienti.

Concordato preventivo ordinario (artt. 84-120 CCII)

Il Concordato Preventivo è la procedura concorsuale giudiziale per eccellenza, alternativa alla liquidazione giudiziale, attraverso cui l’impresa insolvente (o in crisi) propone ai creditori un piano per il soddisfacimento parziale dei debiti e il superamento della crisi, sotto il controllo del tribunale. Nel Codice della Crisi, la disciplina del concordato è stata rivista e “semplificata” rispetto alla vecchia legge fallimentare, pur mantenendone i tratti fondamentali. Chi può accedervi: tutte le imprese soggette a fallimento (Srl sopra soglia in particolare), ma non le imprese sotto soglia (che invece avrebbero il concordato minore).

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Il concordato preventivo può avere due finalità: risanatoria (in continuità) oppure liquidatoria. La legge incoraggia la continuità aziendale, ma consente concordati liquidatori a certe condizioni restrittive:

  • Concordato in continuità aziendale: la proposta prevede che l’attività d’impresa prosegua, direttamente a cura del debitore oppure tramite un trasferimento (affitto o cessione) dell’azienda a un altro soggetto che la continui. È richiesta una relazione di un esperto indipendente che attesti che la continuità è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. Il piano deve includere una divisione in classi dei creditori e può prevedere che parte significativa della soddisfazione derivi dai proventi futuri della gestione, anziché dalla liquidazione di tutti i beni. In sostanza, si offre ai creditori una prospettiva di rientro migliore mantenendo l’azienda viva.
  • Concordato con finalità liquidatoria: la proposta comporta la cessione o liquidazione integrale del patrimonio dell’azienda per pagare i creditori (la società di norma a fine procedura si estingue). Il Codice, per disincentivare l’abuso di concordati liquidatori (un tempo usati anche solo per ritardare il fallimento), ora impone che nel piano vi sia un apporto di risorse esterne almeno pari al 10% in più di quanto i creditori otterrebbero in una liquidazione giudiziale alternativa, e comunque tale che i creditori chirografari ricevano non meno del 20% delle loro spettanze. In pratica: i vecchi soci o terzi devono mettere “sul piatto” un valore aggiuntivo (denaro fresco, asset non già del patrimonio) che migliori l’outcome per i creditori rispetto al semplice fallimento. Questo criterio garantisce che il concordato liquidatorio sia proposto solo se offre un beneficio tangibile ai creditori rispetto alla liquidazione ordinaria. Inoltre, per il concordato liquidatorio non si applica la regola del “absolute priority rule” pura: le risorse esterne apportate possono essere distribuite con flessibilità, anche non seguendo rigidamente l’ordine delle prelazioni. Il Codice infatti consente di assegnare il plusvalore da continuità o apporti esterni ai creditori anche violando l’ordine delle cause di prelazione, purché nessuna classe di grado inferiore riceva più di una classe superiore (principio di priorità relativa). La parte di valore derivante dalla pura liquidazione dell’attivo, invece, deve rispettare la priorità assoluta (andare in primis ai creditori privilegiati nell’ordine di legge).

Iter procedurale in breve:

  1. Domanda di concordato: può essere completa (con piano e proposta sin da subito) oppure “in bianco” (concordato prenotativo). Quest’ultimo è un ricorso con cui la società dichiara crisi/insolvenza e chiede di essere ammessa alla procedura, riservandosi di presentare entro un termine (fino a 60 + proroga 60 giorni) il piano dettagliato. La domanda in bianco serve spesso come mossa d’urgenza per bloccare iniziative dei creditori (pignoramenti, istanze di fallimento) e guadagnare tempo per definire il piano.
  2. Ammissione e fase iniziale: il Tribunale, se ritiene la domanda ammissibile (presenza dei documenti minimi e presumibile fattibilità), dichiara aperta la procedura di concordato e nomina un Commissario Giudiziale. Da quel momento scattano le protections: divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive, sospensione delle prescrizioni e decadenze, blocco delle ipoteche giudiziali, ecc. Gli amministratori restano in carica ma ogni atto straordinario richiede autorizzazione del tribunale e parere del commissario.
  3. Deposito del piano e attestazione: se era un “bianco”, la società entro il termine presenta il piano concordatario e la proposta ai creditori, corredati dalla relazione dell’attestatore indipendente sulla veridicità e fattibilità.
  4. Adunanza dei creditori e voto: il commissario predispone un’analisi per i creditori e convoca l’adunanza. I creditori votano (anche in classi se previste). Serve, per l’approvazione, il voto favorevole di oltre la metà dei crediti ammessi al voto. Se ci sono classi, si calcola il voto per classi ma occorre comunque la maggioranza assoluta dell’importo complessivo (non è necessario l’assenso di tutte le classi, a differenza del piano di ristrutturazione visto sopra: nel concordato se una classe dissente ma il totale sì, si può chiedere ugualmente l’omologa, salvo che il tribunale verifichi la parità di trattamento e convenienza per quella classe dissenziente – è il cosiddetto cram-down omologatorio previsto dall’art. 112 CCII).
  5. Omologazione: in assenza di opposizioni o dopo averle esaminante, il Tribunale omologa il concordato con decreto se ritiene soddisfatte le condizioni (regolarità procedura, maggioranze raggiunte, meritevolezza del debitore, ecc.). Con l’omologa, il piano diventa vincolante per tutti i creditori anteriori, anche per quelli che non hanno votato o votato no (salvo i creditori privilegiati che abbiano espresso dissenso qualora il piano non li paghi integralmente: in tal caso possono optare per essere esclusi e agire sul debitore o garanti per la parte non soddisfatta, a meno che il tribunale non imponga loro comunque il concordato ritenendolo più conveniente della liquidazione).

Vantaggi: il concordato preventivo consente all’impresa di gestire l’insolvenza in modo ordinato, evitando gli effetti immediatamente demolitori di un fallimento (ad es. nel concordato in continuità l’azienda può continuare a operare, preservando valore e posti di lavoro). Offre inoltre la possibilità di ridurre sensibilmente il debito (a volte pagando percentuali anche modeste ai chirografari, purché si rispetti quel minimo 20% se liquidatorio, o nessun minimo in continuità se la convenienza è dimostrata). Il tutto con la forza di legge: l’omologa rende il piano obbligatorio per tutti i creditori, dando una “fresh start” alla società su basi più sostenibili. Inoltre, il concordato protegge gli amministratori da azioni individuali e, se ben gestito, li mette al riparo da responsabilità personali per aggravamento del dissesto (perché stanno seguendo la strada legalmente prevista per gestire la crisi).

Svantaggi: è una procedura complessa, costosa e di lunga durata. Tra preparazione, voto e omologa possono passare diversi mesi (o anche più di un anno). Durante questo periodo la società è sotto la lente del commissario e del tribunale, con limiti stringenti a ciò che può fare. C’è inoltre il rischio di insuccesso: se il piano non viene approvato dai creditori, o l’omologa viene negata (ad esempio per difetto di convenienza rispetto al fallimento), la conseguenza tipica è la conversione in liquidazione giudiziale. Anche dopo l’omologa, se la società non esegue fedelmente il piano, il concordato può essere risolto e riaprirsi la strada del fallimento. Quindi è un percorso da intraprendere solo con un piano realistico e con concreta prospettiva di attuazione.

Ruolo dell’avvocato: nella fase di preparazione, l’avvocato coordina la raccolta di tutti i documenti obbligatori (elenco dettagliato dei creditori, inventario delle attività, bilanci, elenco atti rilevanti dell’ultimo anno, certificato debiti fiscali/contributivi, relazione sulle cause della crisi, ecc.) e collabora alla stesura del piano concordatario assieme ai consulenti aziendali. Egli si assicura che la proposta sia conforme alla legge (rispetto dei requisiti minimi come il 20% ai chirografari se liquidatorio, previsione di apporti esterni se necessari, nessun trattamento deteriore per creditori prelatizi salvo consenso, ecc.). Predispone poi il ricorso al tribunale (sia esso diretto o “in bianco”) motivando sul perché il concordato è preferibile alla liquidazione.

Durante la procedura, l’avvocato è il tramite tra la società e gli organi della procedura: fornisce chiarimenti al Commissario Giudiziale, predispone eventuali istanze (es. per autorizzazione a finanziamenti urgenti o alla continuazione di contratti essenziali). Segue con attenzione la fase di voto: può predisporre delle note illustrative per i creditori, organizzare incontri (in persona o via webinar) per spiegare il piano ai creditori più importanti e cercare di ottenerne il voto favorevole. In caso emergano contestazioni (creditori che contestano il proprio stato passivo, o classi che minacciano di bocciare), l’avvocato lavora a soluzioni transattive mirate con quei soggetti (ad es. migliora leggermente l’offerta per un creditore strategico, ottenendo il suo voto e quindi l’effetto domino su altri).

Nella fase di omologazione, qualora vi siano opposizioni di creditori dissenzienti, l’avvocato rappresenta la società nell’udienza di omologa, difendendo la fattibilità e convenienza del piano. Ad esempio, se un creditore eccepisce che il concordato lo tratta ingiustamente rispetto ad altri, l’avvocato deve mostrare che i criteri di legge sono rispettati e che il concordato dà a quel creditore tutto il ragionevolmente ottenibile. La giurisprudenza di Cassazione ha chiarito, ad esempio, che il giudice dell’omologa può sindacare la fattibilità del piano e deve negare l’omologa se il piano è manifestamente inattuabile o se il voto dei creditori è stato carpito con informazioni false. Il legale quindi prepara memorie e argomentazioni robuste su questi punti, forte anche della relazione dell’attestatore che certifica la fattibilità.

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Infine, post-omologa, l’azienda esce dalla procedura ma sotto vigilanza: l’avvocato consiglia l’organo amministrativo sull’esecuzione corretta del piano (tempistiche di pagamento, adempimenti vari) per evitare cause di risoluzione.

Concordato preventivo semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII)

Il concordato semplificato è un istituto speciale, introdotto dapprima con il D.L. 118/2021 art. 18 e poi confluito nel Codice all’art. 25-sexies, concepito come valvola di sfogo in caso di fallimento delle trattative nella composizione negoziata. È riservato esclusivamente all’imprenditore che abbia tentato senza successo la composizione negoziata della crisi. In tale ipotesi, per evitare di precipitare immediatamente nella liquidazione giudiziale, il debitore può proporre al tribunale un concordato “senza voto” dei creditori, avente ad oggetto la liquidazione del patrimonio.

In pratica: al termine della composizione negoziata, se l’esperto constata che non si è trovato un accordo, l’imprenditore (entro 60 giorni) può depositare una proposta di concordato semplificato con un piano di liquidazione di tutti i beni. Non c’è formazione di classi né adunanza dei creditori; il piano viene comunicato ai creditori i quali possono solo fare opposizione in sede di omologazione, ma non votano. Il tribunale valuta la proposta e, se la ritiene conforme ai requisiti (in particolare deve assicurare ai creditori un risultato non inferiore alla liquidazione giudiziale alternativa) la omologa, rendendola vincolante.

Caratteristiche chiave:

  • Accesso limitato: solo chi ha seguito la composizione negoziata (quindi ha coinvolto un esperto) può beneficiare di questa procedura semplificata. Non è uno strumento liberamente attivabile da chiunque in crisi.
  • Contenuto liquidatorio: non è ammessa la continuità aziendale, il piano deve prevedere la vendita dei beni o dell’azienda nel suo complesso. In pratica, è una via per effettuare una cessione d’azienda concordataria senza voto dei creditori. Spesso si usa se durante la composizione negoziata si era individuato un compratore dell’azienda, ma i creditori (o alcuni di essi) non hanno accettato la proposta transattiva: con il concordato semplificato il tribunale può comunque autorizzare la vendita a quel compratore e ripartire il ricavato secondo le regole concorsuali.
  • Mancata votazione dei creditori: è l’aspetto più peculiare e dibattuto. I creditori sono coinvolti nella fase negoziata (dove hanno potuto valutare proposte) e poi di nuovo nella fase di omologazione (possono opporsi), ma non votano sulla proposta definitiva. Questo solleva delicate questioni di equilibrio tra le parti, compensate però da meccanismi di tutela: i creditori possono proporre opposizione all’omologa per questioni sia di legittimità formale che di merito (convenienza). Il tribunale, dal canto suo, effettua un controllo particolarmente penetrante sulla fattibilità e correttezza del piano (in ciò si dice che il baricentro decisionale si sposta dai creditori al giudice). La Cassazione ha confermato che, pur con le sue peculiarità, il concordato semplificato “rientra a pieno titolo nell’alveo delle procedure concorsuali”, quindi soggiace alle stesse regole di principio (par condicio, rispetto delle cause di prelazione, ecc.) e perfino alle stesse norme di competenza territoriale – ad esempio è irrilevante un trasferimento di sede fatto nell’anno precedente, per evitare fori indesiderati.
  • Omologazione ed esecuzione: se non vi sono opposizioni, o comunque dopo averle esaminate, il tribunale omologa con decreto. Viene nominato un ausiliario/curatore per sovrintendere alla liquidazione secondo il piano omologato. La norma equipara questo ausiliario al curatore fallimentare per il dopo omologa. La società cedente l’azienda può andare esdebitata a seguito del concordato (ma essendo una società, normalmente al termine si estingue). Va ricordato che, essendo “semplificato”, il concordato ex art. 25-sexies non prevede il voto né la formazione del comitato dei creditori, quindi dopo l’omologa l’ausiliario liquida e distribuisce il patrimonio sotto la direzione del giudice delegato.

Vantaggi: il vantaggio principale è di poter realizzare in tempi rapidi la liquidazione e magari la cessione a terzi della azienda, evitando il maggior disvalore che un fallimento comporterebbe. Si riducono i costi (niente fase di voto, niente pubblicità prolungata). Inoltre, evita che pochi creditori strategici possano bloccare soluzioni ragionevoli: se la proposta del debitore è seria e offre il best effort possibile, può andare in porto anche senza consenso formale dei creditori. In sede di composizione negoziata, sapere che esiste questa exit strategy incentiva i creditori a negoziare in buona fede (altrimenti rischiano di subire comunque la soluzione per via giudiziale).

Svantaggi: dal punto di vista dei creditori, è uno strumento meno garantista, perché toglie loro il diritto di voto. Perciò la legge lo vede come extrema ratio. Dal lato del debitore, il concordato semplificato ha un perimetro molto limitato: non salva l’azienda in continuità (anzi, prevede la liquidazione totale) e porta alla fine della società. Inoltre, il controllo del Tribunale è severo: basta che il piano non dia solide garanzie di realizzo o che un creditore convinca il giudice che otterrebbe di più col fallimento, e l’omologa sarà rifiutata. In tal caso, la liquidazione giudiziale diventa inevitabile (magari aggravata dal tempo perso). Quindi il debitore deve presentare un piano di liquidazione credibile al 100%, spesso con un acquirente già impegnato all’acquisto di beni/azienda.

Ruolo dell’avvocato: qui l’avvocato ha un compito particolare: deve tradurre l’esito della composizione negoziata in un piano liquidatorio giudiziale. In pratica, dopo che le trattative falliscono, il legale contatta eventualmente il potenziale investitore interessato all’azienda (emerso durante la negoziazione) e formalizza un accordo d’acquisto vincolato condizionato all’omologa del concordato. Predispone poi la proposta di concordato semplificato delineando come i beni saranno liquidati, a quale valore, e come il ricavato verrà distribuito tra i creditori rispetto alle loro cause di prelazione. È opportuno includere nella proposta elementi che dimostrino la convenienza: es. perizie di stima, offerte d’acquisto già raccolte, ecc.

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L’avvocato cura la presentazione del ricorso al Tribunale spiegando il perché nessun accordo è stato possibile nonostante la buona fede del debitore (il verbale dell’esperto lo attesterà) e sottolineando che la soluzione proposta è il male minore per i creditori rispetto al fallimento (questo spesso coincide con il pagamento di percentuali leggermente migliori o con la continuità di rami d’azienda, preservando rapporti contrattuali e posti di lavoro, cosa che indirettamente giova anche ai creditori).

In udienza di omologa, il legale dovrà contrastare le eventuali opposizioni: ad esempio, se qualche creditore eccepisce che mancando il voto la procedura viola i suoi diritti, l’avvocato richiama la norma speciale e sottolinea la partecipazione già avvenuta in sede negoziale; oppure, se un creditore dice che realizzerebbe di più pignorando per conto proprio un bene, l’avvocato dimostra che ciò pregiudicherebbe la par condicio e che comunque il valore di stima nel concordato è oggettivo e magari superiore a quanto quel creditore otterrebbe al netto del concorso con altri. Va ricordato che la Cassazione (ord. 9730/2023) ha sancito la natura concorsuale di questo concordato, quindi l’avvocato può citare tale precedente per convalidare l’applicazione analogica di tutte le tutele concorsuali (ad es. irrilevanza di trasferimenti di sede pre-procedura).

In definitiva, il successo del concordato semplificato dipende in gran parte dalla qualità del progetto di liquidazione: l’avvocato, con i consulenti, deve costruirlo in modo da fornire al giudice elementi chiari per dire sì, questa soluzione soddisfa al meglio i creditori rispetto a ogni alternativa.

Liquidazione controllata (artt. 268-277 CCII)

Quando l’insolvenza è irreversibile e non vi sono margini per accordi o concordati, l’epilogo naturale è la liquidazione del patrimonio dell’impresa, con riparto del ricavato ai creditori secondo le regole delle prelazioni. Per le Srl fallibili ciò avviene tramite la Liquidazione Giudiziale (ex fallimento), mentre per le Srl non fallibili (sotto soglia) lo strumento corrispondente è la Liquidazione Controllata (che ha preso il posto della “liquidazione del patrimonio” della L.3/2012). La liquidazione controllata è disciplinata nel Codice come procedura concorsuale minore, con molte analogie rispetto al fallimento ma su scala ridotta e con qualche peculiarità.

Caratteristiche:

  • Chi la può chiedere: il debitore stesso (Srl sotto soglia) può accedere volontariamente alla liquidazione controllata se si dichiara sovraindebitato e insolvente. Possono anche richiederla i creditori o un pubblico ministero, analogamente a quanto avviene per il fallimento, sebbene nella prassi la maggior parte delle liquidazioni “minori” partono da istanze del debitore.
  • Nomina degli organi: il tribunale, verificati i presupposti, apre la procedura di liquidazione controllata, nomina un Giudice Delegato e un Liquidatore (figura assimilabile al curatore fallimentare). Spesso il liquidatore è scelto tra gli iscritti agli OCC (Organismi di Composizione della Crisi) se disponibili, oppure tra i professionisti fallimentari.
  • Effetti sulla società: la Srl in liquidazione controllata subisce uno spossessamento del patrimonio: l’amministrazione dei beni passa al liquidatore e gli amministratori perdono la gestione. Si applicano le regole della par condicio creditorum: i crediti anteriori sono cristallizzati e soddisfatti solo nel riparto finale; eventuali ipoteche o pignoramenti in corso decadono per confluire nel concorso.
  • Svolgimento: il liquidatore predispone l’inventario, esamina le domande di insinuazione al passivo dei creditori e forma lo stato passivo (sotto controllo del giudice delegato, con possibilità di opposizione per i creditori esclusi o graduati). Quindi procede alla liquidazione: vendere beni, riscuotere crediti, sciogliere contratti pendenti, ecc. Il tutto con atti autorizzati dal GD se del caso. Alla fine predispone un piano di riparto e distribuisce le somme realizzate ai creditori secondo l’ordine delle cause legittime di prelazione.
  • Durata e chiusura: il Codice incoraggia una chiusura rapida: in generale si tende a completare in pochi anni. Per le liquidazioni controllate, a differenza del fallimento, è espressamente previsto che la procedura duri al massimo 3 anni (salvo proroghe eccezionali). Questo limite temporale è correlato soprattutto al beneficio dell’esdebitazione per le persone fisiche: dopo 3 anni, il debitore meritevole ottiene automaticamente la cancellazione dei debiti residui non pagati. Nel caso di una società come la Srl, al termine della liquidazione la società viene cancellata dal Registro Imprese ed estinta; i debiti non soddisfatti restano inesigibili (salvo azioni contro eventuali fideiussori o responsabili personali).

Rapporto con esdebitazione: come accennato, l’esdebitazione (cioè la liberazione dai debiti non pagati) ha un ruolo cruciale per dare vero sollievo al debitore sovraindebitato. Il Codice prevede che, in liquidazione controllata, per il debitore persona fisica l’esdebitazione sia concessa di diritto dopo 3 anni dalla apertura, senza necessità di una domanda separata (salvo che emergano comportamenti fraudolenti). Questa è una differenza rispetto al passato, in cui bisognava presentare istanza a fine procedura. Per le società, invece, la questione è più formale: la società estinta non ha bisogno di esdebitazione perché cessando di esistere non può più essere soggetto di pretese. È più rilevante l’esdebitazione dei soci illimitatamente responsabili (non il caso delle Srl, che sono a responsabilità limitata) o degli ex soci garanti: ad esempio, se i soci avessero prestato garanzie personali per i debiti sociali, tali garanzie restano in piedi anche dopo l’estinzione della società, e i soci dovrebbero eventualmente ricorrere a loro volta a procedure da sovraindebitamento personali per liberarsene.

Vantaggi: la liquidazione controllata è spesso definita la “sorella minore” del fallimento. Pur comportando la fine dell’attività, è vista come uno strumento di soluzione finale più mite e con finalità sociali: consente anche al piccolo imprenditore onesto di chiudere i conti col passato e ripartire senza debiti (fresh start). Non prevede, per dire, il reato di bancarotta (che si applica solo ai fallibili), sebbene certi comportamenti possano essere perseguibili come reati comuni. Inoltre, ha costi tendenzialmente minori e procedure semplificate: ad esempio, è il liquidatore stesso (già nominato come OCC di norma) a gestire tutta la procedura, mentre nel fallimento classico c’è un iter più formalizzato e a volte duplicazioni.

Svantaggi: dal punto di vista dei creditori, la liquidazione controllata potrebbe risultare meno soddisfacente: spesso il patrimonio del debitore minore è modesto e i costi procedurali (anche se ridotti) finiscono per assorbire gran parte dell’attivo, lasciando percentuali di recupero molto basse. Inoltre, fino al 2024 c’era una criticità: il cosiddetto debitore “incapiente” (che non ha alcun attivo da liquidare) poteva ugualmente avviare una liquidazione per ottenere l’esdebitazione; ciò comportava spese della procedura a carico dello Stato o a vuoto. Il correttivo 2024 ha introdotto uno sbarramento: se il debitore non ha alcun bene o reddito da offrire, il tribunale può non aprire la liquidazione controllata, indirizzando piuttosto all’istituto dell’“esdebitazione del debitore incapiente” (procedura di esdebitazione immediata). Tuttavia, quest’ultima richiede requisiti stringenti di meritevolezza e viene vista dagli operatori come una chimera difficilmente realizzabile in concreto. Quindi, c’è il rischio di un vuoto di tutela: il piccolo imprenditore senza beni potrebbe rimanere intrappolato nei debiti senza poter né liquidare né esdebitarsi facilmente. Si tratta di un aspetto controverso su cui la dottrina ha sollevato dubbi, e potrebbe formare oggetto di future correzioni o interventi giurisprudenziali.

Ruolo dell’avvocato: in liquidazione controllata volontaria, l’avvocato assiste il debitore Srl nel predisporre la domanda di apertura, che deve contenere informazioni analoghe a quelle di un ricorso per concordato minore (elenco creditori, inventario beni, stato di famiglia dei soci se rileva, ecc.) e una relazione particolareggiata dell’OCC (se la domanda è presentata tramite un Organismo di Composizione nominato). L’avvocato prepara il cliente a quello che accadrà: spiega che la gestione passerà al liquidatore, che gli amministratori avranno doveri di collaborazione (consegna documenti, informazioni) e che eventuali atti compiuti in precedenza potrebbero essere soggetti a revocatoria (come in fallimento, alcuni pagamenti preferenziali o atti a titolo gratuito antecedenti possono essere revocati per reintegrare l’attivo).

Durante la procedura, il legale del debitore ha un ruolo minore (poiché il debitore è spossessato, interagisce direttamente il liquidatore). Tuttavia, può essere coinvolto ad esempio se sorgono istanze di conversione in fallimento: se emergesse che il debitore in realtà era sopra soglia o ha commesso atti distrattivi, un creditore o il PM potrebbero chiedere di trasformare la liquidazione controllata in liquidazione giudiziale. In tali frangenti, l’avvocato difende il debitore sostenendo l’ammissibilità originaria della procedura e l’assenza di inadempimenti.

L’avvocato può anche rappresentare il debitore in eventuali opposizioni allo stato passivo (es.: se un creditore insinua un credito contestato e il liquidatore lo ammette, la società – benché destinata a chiudersi – può voler resistere per motivi di principio, e il suo legale può agire in tal senso).

Infine, al termine, il legale può assistere i garanti (es. soci fideiussori) nel valutare come gestire il residuo debito: spesso, parallelamente alla liquidazione controllata della Srl, i soci persone fisiche sovraindebitati attivano la propria procedura di esdebitazione (ad es. un concordato minore personale o la ristrutturazione del consumatore). Si crea così un “doppio binario”: la Srl liquida il patrimonio sociale; i soci liquidano (o ristrutturano) i loro patrimoni personali, per estinguere anche le garanzie personali. L’avvocato deve coordinare questi procedimenti per massimizzare l’effetto liberatorio complessivo.

Procedure e iter pratici: come muoversi con il supporto legale

In questa sezione descriviamo gli step pratici che una Srl sovraindebitata e il suo avvocato devono affrontare, dall’analisi preliminare fino all’eventuale chiusura della procedura, evidenziando i profili documentali, strategici e difensivi più importanti. Ogni caso di crisi è diverso, ma vi sono attività comuni a tutti i percorsi:

1. Diagnosi della crisi e scelta dello strumento

Il primo compito dell’avvocato (spesso insieme al commercialista aziendale) è di condurre una due diligence sullo stato di crisi dell’impresa:

  • Analisi dei bilanci e della situazione contabile corrente: occorre determinare l’entità esatta del debito complessivo, la composizione (quanti debiti finanziari, quanti verso fornitori, quanti tributari, ecc.), l’eventuale arretrato nei pagamenti (da quanto la società è insolvente e quali creditori sono già in sofferenza).
  • Valutazione del patrimonio: elenco delle attività realizzabili (immobili, impianti, magazzino, crediti da incassare, partecipazioni) e del valore stimato di realizzo in caso di liquidazione forzata. Questo serve come base di confronto per misurare la convenienza di eventuali piani.
  • Esame delle cause della crisi e dello stato dell’azienda: c’è prospettiva di ripresa? Ci sono commesse in corso o la produzione è ferma? Ci sono asset strategici (marchi, brevetti, know-how, forza lavoro) che sarebbe un peccato disperdere? C’è interesse di investitori esterni? Risposte positive a queste domande spingono verso una soluzione in continuità (composizione negoziata, concordato in continuità, accordo di ristrutturazione); risposte negative fanno propendere per soluzioni liquidatorie (vendere il vendibile e chiudere).
  • Verifica dello status giuridico: la Srl è fallibile o sotto soglia? (Come visto sopra, si controllano attivo, ricavi e debiti ultimi tre esercizi). Questo restringe il ventaglio di opzioni disponibili.

Sulla base di questi elementi, l’avvocato discute con gli amministratori la strategia. Le opzioni tipiche sono:

  • Tentare una ristrutturazione stragiudiziale (se la crisi non è troppo grave e pochi creditori rilevanti sono coinvolti). In questo caso si potrebbe anche evitare procedure formali: ad esempio con accordi privati di moratoria e riscadenziamento del debito. Tuttavia, se servono garanzie di esdebitazione e par condicio, si dovrà comunque formalizzare un accordo ex art.57 CCII o un concordato.
  • Composizione negoziata come primo passo: se l’azienda ha chance di rimettersi in carreggiata con un po’ di respiro finanziario, e c’è fiducia di poter trattare, si sceglie questo percorso. L’avvocato prepara l’istanza sulla piattaforma e consiglia l’imprenditore su come presentare la situazione all’esperto nominato. La strategia qui è collaborativa: la società deve mostrarsi trasparente e disponibile a correttivi (es. riduzione costi, dismissione di rami improduttivi) per guadagnare credibilità presso creditori ed esperto.
  • Accordo di ristrutturazione dei debiti: se si individuano in anticipo uno o più gruppi di creditori disposti a supportare (tipicamente, le banche principali), l’avvocato potrebbe puntare su un 182-bis “mirato”. Strategicamente, a volte l’azienda sfrutta la composizione negoziata per ottenere la moratoria delle azioni esecutive, e in parallelo negozia l’accordo di ristrutturazione. Oppure deposita contestualmente un concordato in bianco e poi converte in un accordo se raccoglie le firme (questo è ammissibile in certi casi, ma attenzione: se si presenta un concordato semplificato in bianco, non si può poi fare accordo agevolato 30%).
  • Concordato preventivo: se il risanamento richiede un intervento a più ampio raggio coinvolgendo tutti i creditori, o se la situazione è già molto compromessa (pignoramenti in corso, decreti ingiuntivi, ecc.), spesso la scelta va sul concordato. Anche qui c’è una scelta strategica: presentare subito un concordato completo (se il piano è già pronto) oppure uno “in bianco” per congelare la situazione (ad es. bloccare un’udienza di fallimento istanza creditori) e guadagnare tempo per elaborare la proposta.
  • Concordato minore (se Srl sottosoglia): se la Srl è non fallibile, il concordato minore è l’equivalente del concordato preventivo. La strategia e i passi sono simili. Attenzione però: se la Srl ha cessato l’attività da oltre 1 anno, non può accedere al concordato minore (né ad altro se non liquidazione). Quindi il timing è cruciale: l’avvocato deve valutare l’urgenza. Se l’azienda ha smesso di operare e sta ferma, attendere troppo può precludere la procedura di concordato minore e lasciare solo la liquidazione controllata come opzione.
  • Concordato semplificato: non è qualcosa che si “sceglie” a tavolino inizialmente, ma deve essere visto come piano B qualora la composizione negoziata fallisca. Dunque, se si intraprende la negoziata, l’avvocato deve fin dall’inizio pensare a preparare in bozza una possibile proposta semplificata (ad es. individuare un liquidatore/acquirente). Nel malaugurato caso di fallimento delle trattative, si è pronti a partire con il semplificato sfruttando la finestra dei 60 giorni.
  • Liquidazione (controllata o giudiziale): la resa incondizionata. Si sceglie se: a) l’azienda è decotta e priva di prospettive, b) non c’è accordo tra soci sull’apporto di risorse per un concordato, c) i creditori principali rifiutano qualunque soluzione concordataria. A volte avviare la liquidazione è anche una strategia difensiva per gli amministratori: presentare istanza di liquidazione (fallimento in proprio o liquidazione controllata) evita accuse future di aggravamento del dissesto o ritardo colposo (il famigerato reato di “ricorso abusivo al credito” o “bancarotta semplice per tardivo fallimento” in caso di fallibili).

Profilo difensivo: in qualunque scelta, l’avvocato tiene presente la posizione degli amministratori e soci: se vi sono potenziali profili di responsabilità (ad es. per non aver subito rilevato la crisi, per aver aggravato il buco con scelte azzardate, ecc.), la scelta tempestiva di uno strumento concorsuale può mitigare i rischi. Ad esempio, se i libri contabili sono regolari e si attiva un concordato in tempo, è meno probabile una azione di responsabilità verso gli amministratori per aver proseguito l’attività insolvente. Viceversa, procrastinare senza agire può esporli a conseguenze peggiori.

2. Preparazione della documentazione e coinvolgimento dei professionisti

Ogni procedura richiede un corposo set di documenti. L’avvocato compila con gli amministratori una checklist, che tipicamente include:

  • Situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata: un prospetto di stato attivo-passivo alla data attuale (specie se l’ultimo bilancio è datato), utile per fotografare subito l’entità della crisi.
  • Elenco dei creditori completo: nominativi, importi dovuti, eventuali cause di prelazione (pegni, ipoteche), e indicazione di eventuali contestazioni (debiti litigiosi). Questo elenco dovrà poi essere prodotto in tribunale (es. art. 39 CCII per concordati) ed è la base per ogni piano. Va redatto con cura, poiché un errore (dimenticare un creditore) può far invalidare la procedura.
  • Elenco degli atti rilevanti ultimi anni: compravendite, pagamenti inconsueti, concessione di garanzie. Questo serve sia per la trasparenza che per valutare eventuali atti a rischio di revocatoria che il piano dovrà considerare.
  • Documenti societari: atto costitutivo e statuto (per verificare poteri e vincoli), ultimi bilanci depositati, situazione contabile infrannuale, dichiarazioni dei redditi pendenti, DURC (per lo stato contributivo).
  • Situazione dei dipendenti: quanti sono, se vi sono TFR arretrati o stipendi non pagati, in modo da trattare correttamente i loro crediti che godono di privilegio e coinvolgono il Fondo di Garanzia INPS eventualmente.
  • Relazione sulle cause della crisi e sull’operato degli amministratori: è un documento richiesto (art. 39 co.1 lett. e CCII) nei concordati e nelle liquidazioni controllate, dove gli amministratori descrivono perché si è arrivati alla crisi e cosa hanno fatto. L’avvocato spesso la redige assieme a loro, stando attento a evidenziare i fattori esogeni o di mercato e a minimizzare possibili colpe gestionali, senza però omettere fatti importanti (una relazione troppo omissiva può far insospettire il commissario o il giudice).
  • Piano industriale o di liquidazione: a seconda che si punti alla continuità o alla liquidazione, serve un documento programmatico. Per la continuità: piano di rilancio triennale/quadriennale con proiezioni di flussi (da cui emerga che con la riduzione dei debiti l’azienda torna sostenibile). Per la liquidazione: elenco dei beni, loro stima di realizzo (magari con perizie giurate per immobili), e tempistica di dismissione.
  • Attestazione di un professionista: obbligatoria in concordati e accordi. L’avvocato qui individua un attestatore (spesso un commercialista con esperienza concorsuale) indipendente e ne chiede la disponibilità. Dovrà fornirgli tutti i dati per farlo lavorare: l’attestatore verificherà attendibilità contabile e fattibilità del piano, e redigerà la relazione di attestazione da allegare al ricorso.
  • Relazione OCC (se sovraindebitamento): per concordato minore, ristrutturazione consumatore o liquidazione controllata, se il debitore si rivolge a un Organismo di Composizione della Crisi, il gestore nominato (che spesso poi diventa liquidatore) redige una relazione su cause e meritevolezza. L’avvocato collabora fornendo tutte le info e documenti anche a questo OCC.

Questa fase preparatoria è intensa: può durare diverse settimane. È fondamentale per l’avvocato mantenere un flusso comunicativo costante con i manager/soci: spiegare perché servono certi documenti, sollecitare chi di dovere (es. il consulente del lavoro per la lista dipendenti, il fiscalista per i debiti tributari, ecc.), e verificare personalmente i dati critici (ad esempio controllare con visure ipotecarie se vi sono ipoteche sui beni, controllare che l’elenco creditori corrisponda alle risultanze contabili ma includa anche eventuali decreti ingiuntivi non ancora contabilizzati, ecc.). Errori o omissioni in questa fase possono portare a dichiarazioni di inammissibilità del ricorso da parte del tribunale, con conseguente disastro (si finirebbe in fallimento/l.g. su istanza creditori).

3. Presentazione del ricorso in Tribunale e fase di ammissione

Una volta pronto il fascicolo, l’avvocato predispone il ricorso per la procedura scelta:

  • Se concordato preventivo ordinario (o minore): si deposita un ricorso al tribunale competente (luogo della sede principale dell’impresa) chiedendo l’ammissione alla procedura ex art. 40 CCII. Allegati: tutta la documentazione dell’art. 39 CCII (elenco creditori, elenco beni, attestazione, etc.). Se è un concordato in bianco (prenotativo), il ricorso contiene la domanda di riserva e la richiesta di termine ex art. 44 CCII, allegando almeno bilanci e elenco nominativo creditori.
  • Se accordo di ristrutturazione: si deposita il ricorso ex art. 48 CCII per omologazione dell’accordo già sottoscritto dai creditori, allegando il testo dell’accordo e la dichiarazione delle percentuali di adesione raggiunte, oltre all’attestazione di fattibilità e all’elenco dei creditori estranei.
  • Se piano di ristrutturazione soggetto a omologazione: si deposita un ricorso con il piano proposto e si chiede l’apertura della procedura ex art. 64-bis CCII, nominando il commissario e convocando i creditori per il voto.
  • Se composizione negoziata: qui non si va in tribunale inizialmente, ma si attiva via piattaforma. Tuttavia, se si chiedono misure protettive, l’avvocato deposita un ricorso al tribunale con la relazione dell’esperto e chiede i provvedimenti cautelari (questi ricorsi vanno gestiti in tempi stretti, entro 5 giorni il tribunale provvede).
  • Se liquidazione controllata: si deposita ricorso ex art. 268 CCII, accompagnato dalla relazione particolareggiata OCC e dai documenti equivalenti a quelli del concordato (art. 268 richiama art. 39 in parte).
  • Se concordato semplificato: si deposita ricorso ex art. 25-sexies, indicando estremi composizione negoziata eseguita e allegando il piano di liquidazione (spesso con proposta di aggiudicazione beni).

Competenza territoriale: di regola è il Tribunale del luogo in cui la Srl ha la sede principale. Attenzione: spostare la sede all’ultimo per cambiare tribunale non serve (né per semplificato né per altre procedure) perché vige la regola dell’irrelavanza dei trasferimenti di sede nei 12 mesi precedenti. Cassazione ha chiarito proprio per il concordato semplificato (ord. n. 9730/2023) che si applica la stessa regola del fallimento: il COMI (centro interessi principali) si congela all’anno antecedente. Quindi è inutile e potenzialmente dannoso tentare “furbizie” sui fori.

Dopo il deposito, segue la fase di apertura/ammissione:

  • Il tribunale esamina la documentazione. Se qualcosa manca o è irregolare, può concedere un termine breve per integrare (oppure, specie in concordati maggiori, dichiara direttamente inammissibile). Se tutto è in ordine, emette un decreto di apertura (nel concordato) o ammissibilità (accordi) o nomina liquidatore (liquidazione).
  • Nel decreto di apertura del concordato, nomina il Commissario Giudiziale e fissa gli adempimenti successivi (es. l’adunanza dei creditori per il voto, entro 120 giorni ca.).
  • Per gli accordi, fissa un’udienza di omologa dove eventualmente sentire i creditori estranei (in genere in camera di consiglio).
  • Per la liquidazione controllata, nomina liquidatore e giudice delegato e dispone le comunicazioni ai creditori per l’insinuazione.
  • Per il concordato semplificato, fissa l’udienza di omologazione e ordina il deposito delle relazioni dell’esperto e di eventuali atti di composizione negoziata.

In questa fase l’avvocato monitora da vicino e interagisce con la Cancelleria e il Tribunale: se riceve richieste di chiarimenti, risponde subito per iscritto; se c’è un’udienza preliminare (talvolta i giudici vogliono audire il legale rappresentante nelle procedure minori per valutare la meritevolezza), l’avvocato accompagna e prepara il cliente alle domande (spesso sui motivi della crisi, su eventuali atti di frode da escludere). Ad esempio, in una liquidazione controllata il giudice può chiedere: “Avete fatto nuovi debiti sapendo di non poter pagare?” – l’avvocato avrà già istruito l’amministratore a rispondere con sincerità ma evidenziando la buona fede (es: “abbiamo sperato in un nuovo contratto, non volevamo truffare nessuno”).

4. Gestione della procedura e interazioni con gli organi

Una volta avviata la procedura, la Srl (e il suo avvocato) dovranno relazionarsi con gli organi nominati dal Tribunale:

  • Commissario Giudiziale (o Gestore OCC): è il supervisore imparziale. L’azienda deve collaborare pienamente: fornire dati, permettere accesso a stabilimenti per inventari, consegnare libri contabili. L’avvocato in pratica spesso fa da facilitatore della comunicazione: trasmette al commissario i documenti richiesti con lettera di accompagnamento, spiega eventuali situazioni anomale, concorda il calendario delle visite. Se il commissario redige la relazione ex art. 100 CCII per i creditori (nel concordato), l’avvocato può sottoporgli eventuali aggiornamenti positivi (es: “nel frattempo abbiamo incassato X euro da un cliente, migliorando le prospettive di piano”) affinché ne tenga conto. Non si deve mai nascondere nulla al commissario: questi riferisce al giudice e il rapporto di fiducia è essenziale.
  • Giudice Delegato: è il magistrato incaricato. L’avvocato si interfaccia con lui depositando eventuali istanze autorizzative (ad esempio, se in concordato la società vuole vendere un bene prima dell’omologa – possibile solo in certi casi e con autorizzazione). In udienza, se il GD convoca per aggiornamenti, l’avvocato accompagna l’organo amministrativo e riferisce sui progressi nell’esecuzione del piano (o sulle difficoltà sopraggiunte).
  • Liquidatore/Curatore: in liquidazione controllata, il liquidatore prenderà in carico tutti i beni. L’avvocato qui rappresenta ormai l’interesse residuo della società (che è di fare chiudere presto e bene la procedura). Può succedere che il liquidatore proponga azioni di responsabilità o revocatorie (anche se in sovraindebitamento, a differenza del fallimento, non vi è un vero regime di revocatoria “legale”, ma restano applicabili le azioni ordinare e l’art. 292 CCII per atti in frode). L’avvocato può trovarsi a difendere ex-amministratori in queste cause. Oppure può assisterli nelle istanze di esdebitazione finale: benché automatica, serve talvolta un’attestazione di meritevolezza.

Esempio pratico: in un concordato preventivo in continuità, la società Alfa Srl (fallibile) rimane in esercizio durante la procedura. Il commissario effettua una visita mensile e verifica l’andamento: l’avvocato predispone un breve report mensile di concordato (con i movimenti di cassa, gli ordini acquisiti, ecc.) che consegna al commissario, per dimostrare trasparenza. Se l’azienda deve fare un ordine di materie prime oltre una certa soglia (atto di straordinaria amministrazione), l’avvocato presenta un’istanza al giudice per l’autorizzazione, illustrando che l’acquisto è coerente col piano (es: serve per produrre e vendere prodotti che genereranno ricavi destinati a pagare i creditori). Questo livello di compliance rassicura gli organi e pone le basi per ottenere poi l’omologa senza intoppi.

Profilo difensivo – gestire gli imprevisti: la procedura può incontrare problemi: un creditore contestare il proprio credito (e magari minaccia opposizione all’omologa), oppure il fisco tardare nell’inviare la propria pretesa (complicando il lavoro del piano), oppure ancora emergere debiti sconosciuti (un avvocato che ha una causa contro la società per risarcimento che non era stata considerata). L’avvocato deve essere pronto a rimodulare la strategia in corsa:

  • Se appare un nuovo creditore significativo durante un concordato, occorre vedere se il piano può assorbirlo. Se sì, va integrato l’elenco creditori e, se ancora in tempo, segnalato ai fini del voto. Se è troppo tardi, il rischio è che quel creditore postuli il fallimento all’omologa. L’avvocato potrebbe cercare un accordo transattivo con questo creditore “fuori piano” (es: convincerlo a non opporsi offrendo un pagamento a parte, dove possibile – benché in teoria non sarebbe ortodosso favorire un creditore fuori concorso, in pratica talvolta avviene come patto di desistere).
  • Se il Fisco o un ente pubblico non aderisce a un accordo o vota no a un concordato e la sua posizione è decisiva, l’avvocato valuta le vie del cram-down fiscale. Ad esempio, nel concordato minore il tribunale può omologare nonostante il no dell’erario se la proposta è più conveniente del fallimento. Quindi il legale raccoglie elementi per dimostrare questa convenienza (p.es. evidenzia che la liquidazione darebbe zero a quel credito fiscale, mentre la proposta dà qualcosa). La recente sentenza del Tribunale di Genova del 13 febbraio 2025 è un caso emblematico: un debitore (ex socio illimitato) aveva 950mila € di debito con Agenzia Entrate, propose di pagarne ~22mila €; AE votò contro essendo credito di maggioranza, ma il tribunale ha omologato ugualmente perché in liquidazione controllata i creditori avrebbero ricevuto ancor meno (~20mila €) e con maggior incertezza. L’avvocato, in quell’episodio, avrà dimostrato efficacemente questa convenienza. Dunque, conoscere questi precedenti aiuta a sostenere analoghe argomentazioni pro-cram-down.
  • Se nel corso della procedura un creditore pignora un bene all’estero o adotta un’iniziativa fuori dalle protezioni, l’avvocato deve reagire rapidamente con un’azione difensiva: ad esempio depositare un reclamo al giudice segnalando la violazione della stay, oppure attivarsi in quella giurisdizione estera con il riconoscimento della procedura italiana (questo è complesso, ma se ci sono asset all’estero e la procedura è rilevante, può servire un exequatur del decreto di apertura di concordato).

5. Omologazione e fase finale

La sentenza (o decreto) di omologazione è il provvedimento che conclude la fase di definizione del piano. Il raggiungimento di questo traguardo è spesso un momento delicato:

  • Nel concordato (ordinario o minore): se i creditori hanno approvato la proposta con le maggioranze richieste, l’avvocato predispone un’istanza per dichiarare esecutivo il concordato e omologarlo. Se non ci sono opposizioni, il Tribunale può decidere in camera di consiglio abbastanza rapidamente. Se invece uno o più creditori hanno depositato opposizione all’omologa, si instaura una sorta di sub-procedimento contenzioso: si discute in udienza di tali opposizioni e poi il tribunale decide con decreto motivato. Le opposizioni tipiche vertono su: inammissibilità (ad esempio un creditore dice che l’azienda non era sotto soglia quindi niente concordato minore, ma doveva fallire), violazione di legge (qualcuno lamenta di essere stato trattato peggio del dovuto rispetto al proprio rango di privilegio), o difetto di convenienza (il creditore dissenziente sostiene che dal fallimento otterrebbe di più di quanto il piano gli riconosce). L’avvocato del debitore deve replicare puntualmente: spesso supportandosi con numeri (analisi comparative fallimento vs concordato) e citazioni normative. Un punto di forza sta nell’evidenziare che la maggioranza dei creditori ha detto sì – segno che la proposta è considerata valida dal mercato dei creditori – e che l’opponente non porta elementi oggettivi nuovi.
    • Se l’opposizione riguarda la convenienza, il tribunale effettua un esame del piano e delle alternative: qui può nominare un perito estimatore per valutare, ad esempio, quanto frutterebbe la liquidazione fallimentare. L’avvocato interloquisce anche con tale perito (gli fornisce dati per far emergere eventuali maggiori costi del fallimento, etc.).
    • Una volta convinto il Tribunale, l’omologa viene emessa. Da notare che, a differenza di prima, oggi i decreti di omologa del concordato sono immediatamente esecutivi (non più soggetti a eventuale reclamo in Corte d’Appello che sospende automaticamente: il CCII prevede eventualmente reclamo ma senza automatica sospensiva). Ciò dà certezza all’esito: si può procedere speditamente nell’esecuzione.
  • Negli accordi di ristrutturazione: tecnicamente qui non c’è un voto da verificare (già raccolto), ma possono emergere opposizioni da creditori estranei che lamentano pregiudizio. L’omologa viene concessa se il tribunale accerta che i creditori estranei saranno pagati come da legge (entro 120 gg) e che l’accordo è fattibile. L’avvocato potrebbe dover difendere l’accordo da eventuali interventi di creditori estranei che dicano: “meritavo di essere incluso”, o “quest’accordo mi danneggia perché mentre pagate la banca al 80% a me date 100% ma tardi, e intanto perdo opportunità” – benché poco fondate, vanno neutralizzate spiegando che la legge garantisce loro il 100% entro scadenze precise e quindi non c’è danno.
  • Nel concordato semplificato: all’udienza di omologa, se ci sono opposizioni, il giudice le valuta come sopra. Un’opposizione qui potrebbe contestare la meritevolezza del debitore (es: “ha solo simulato una composizione negoziata per arrivare al semplificato”). L’avvocato replicherà mostrando la genuinità degli sforzi fatti in negoziazione (verbali incontri con l’esperto, offerte migliorative proposte e rifiutate dai creditori…). Oppure un creditore potrebbe dire “preferisco fallimento e azione di responsabilità contro gli amministratori piuttosto che 5% ora”: l’avvocato sottolineerà che il concordato non pregiudica eventuali azioni di responsabilità (che i creditori potranno sempre tentare se ne ricorrono i presupposti) ma intanto consente loro di incassare subito qualcosa. Richiamerà anche i principi generali: la Cassazione ha definito il concordato semplificato un provvedimento concorsuale a tutti gli effetti e quindi la competenza e regole fallimentari si applicano; insomma, convincerà il giudice che non c’è lesione di diritti.
    • Se l’omologa viene negata (ad esempio il giudice ritiene la proposta non conveniente per i creditori), non c’è votazione cui appigliarsi: la società purtroppo finirà in liquidazione giudiziale. Contro il diniego si potrebbe proporre reclamo, ma intanto spesso i creditori presentano istanza di fallimento immediata.

Una volta ottenuta l’omologazione, la palla passa all’esecuzione:

  • Nel concordato in continuità: la società prosegue l’attività secondo il piano. Il commissario diventa vigilatore (supervisiona l’esecuzione finché il concordato non è adempiuto). L’avvocato consiglia l’azienda su eventuali adempimenti post omologa: es. pubblicare il decreto di omologa, comunicare ai creditori le modalità di pagamento dei crediti falcidiati (molti creditori chiederanno conferma di quando e come riceveranno la loro percentuale), etc. Se serve stipulare atti (es: un aumento di capitale promesso dal socio o un mutuo prededucibile con una banca per finanziare il piano), l’avvocato li finalizza.
    • Durante l’esecuzione, se il debitore non rispetta gli obblighi (ad es. salta una scadenza di pagamento rilevante senza giustificato motivo), i creditori possono chiedere la risoluzione del concordato ex art. 121 CCII. L’avvocato monitorerà attentamente l’adempimento e, in caso di difficoltà temporanee, chiederà al tribunale piccole modifiche o proroghe (entro i limiti del possibile) per evitare la risoluzione.
    • Dopo l’esecuzione integrale (es. pagamento di tutte le rate concordate), l’avvocato potrà predisporre un’istanza di attestazione del completamento affinché il tribunale dichiari chiuso il concordato.
  • Nel concordato liquidatorio (ordinario, minore o semplificato): dopo l’omologa, il liquidatore/curatore procede a vendere i beni come da piano e distribuire. L’avvocato normalmente ha un ruolo minore qui, ma può assistere se sorgono intoppi legali (es: servono decreti di trasferimento immobiliari in caso di vendite competitive – spesso redige le minute per il GD).
    • Una volta venduto tutto e pagato il previsto ai creditori, il liquidatore presenta il conto finale e chiede la chiusura. La Srl viene formalmente cancellata. L’avvocato verifica che ciò avvenga e consiglia i rappresentanti su eventuali adempimenti residui (conservazione libri per 10 anni, archiviazione documenti sociali, ecc.).
    • Esdebitazione finale: se gli amministratori/soci persone fisiche hanno debiti personali residui (ad esempio per garanzie escusse solo parzialmente), l’avvocato può contestualmente far partire per loro l’istanza di esdebitazione dell’incapiente (se hanno zero patrimonio personale) o un loro concordato minore personale. L’obiettivo è arrivare a liberare completamente i soggetti coinvolti dalla morsa debitoria e permettere di ripartire.

Profilo difensivo conclusivo: con la chiusura della procedura, eventuali strascichi giudiziari possono riguardare:

  • Azione di responsabilità verso amministratori o sindaci: se i creditori ritengono di averci rimesso per mala gestio. In fallimento di solito le promuove il curatore, ma in sovraindebitamento potrebbe promuoverle direttamente qualche creditore insoddisfatto (non essendoci curatore con obbligo). L’avvocato di amministratori dovrà difenderli mostrando che, al contrario, la scelta di procedura concorsuale ha minimizzato il danno e che non vi sono state colpe gravi precedenti.
  • Procedimenti penali: per le Srl fallibili, se fosse successivamente dichiarato un fallimento, scattano i reati concorsuali. Per i non fallibili, i reati tipici del fallimento non si applicano, ma restano possibili accuse di tipo penale comune (truffa ai creditori, occultamento/distruzione scritture contabili – quest’ultimo reato può applicarsi anche fuori dal fallimento ai sensi dell’art. 236 CCII se non erro, ma circoscritto). L’avvocato deve far sì, già in corso di procedura, che si seguano condotte limpide per non alimentare sospetti: collaborare con organi, non occultare beni, ecc. Una corretta gestione concorsuale è spesso la miglior difesa preventiva contro possibili inchieste penali.
  • Impugnazioni: i decreti di omologa del concordato possono essere impugnati in reclamo in Corte d’Appello da creditori dissenzienti o terzi interessati entro 30 giorni. L’avvocato del debitore, se accade, dovrà costituirsi in appello per sostenere la correttezza della decisione di primo grado e ottenere conferma. Allo stesso modo, un decreto di rigetto dell’omologa può essere impugnato dal debitore, ma se nel frattempo è stato dichiarato il fallimento occorrerà chiederne la sospensione. Insomma, c’è una coda possibile di contenzioso che un legale deve presidiare.

Simulazioni pratiche: esempi di gestione del sovraindebitamento Srl

Di seguito proponiamo alcune simulazioni con dati esemplificativi, per capire meglio come, numeri alla mano, si possono applicare i diversi strumenti in casi concreti.

Scenario A: Srl “Alpha” – Risanamento in continuità tramite concordato preventivo

Dati di partenza: Alpha Srl è una società manifatturiera (fallibile) con 50 dipendenti. Negli ultimi anni ha accumulato debiti per €5 milioni (1 mln verso banche garantiti da ipoteche su capannone; 3 mln chirografari verso fornitori; 0,5 mln debiti verso l’erario per IVA e ritenute; 0,5 mln TFR e ferie maturate dei dipendenti, privilegiati). L’azienda ha attività per circa €3 milioni di valore: un capannone stimato €1,5 mln, macchinari e scorte per €0,8 mln, crediti commerciali incassabili €0,7 mln. La crisi è dovuta al calo ordini e a investimenti errati. Tuttavia, c’è un nuovo progetto di prodotto che potrebbe rilanciare le vendite se l’azienda ottiene finanziamenti freschi. Il titolare crede nella continuità e un investitore sarebbe disposto a mettere capitali se i debiti pregressi vengono ridotti.

Soluzione scelta: concordato preventivo in continuità aziendale con apporti esterni.

Piano concordatario: l’azienda propone di soddisfare i creditori come segue:

  • Banche ipotecarie (garantite): mantenute in bonis, verranno pagate integralmente (1 mln) ma a scadenza prolungata (rientro in 5 anni con interessi ridotti). La garanzia ipotecaria resta.
  • Debiti verso dipendenti (TFR, stipendi): saranno pagati 100% entro 6 mesi dall’omologa (con intervento anche del Fondo di Garanzia INPS per il TFR), così da tutelare i lavoratori (obbligo: pagamento entro 30 gg dall’omologa per quelli scaduti, qui rispettato).
  • Debiti erariali (€500k): si propone un pagamento al 40% in 4 anni senza interessi. Perché l’Agenzia delle Entrate accetti nel voto, si configura come transazione fiscale (in concordato in continuità il fisco può accettare falcidia se il piano di rilancio è convincente).
  • Fornitori chirografari (€3 mln): si propone di stralciare pesantemente il debito, pagando il 25% in 5 anni (5 rate annue) con risorse che verranno dall’andamento aziendale e da nuovo capitale.
  • Finanza esterna: un investitore (o lo stesso socio) apporterà €500k freschi a titolo di equity post-omologa, somma destinata per €300k a pagare parzialmente fornitori e per €200k a investimenti sul nuovo prodotto. Questo apporto esterno è ≥10% del valore di liquidazione (valore di liquidazione stimato per chirografari sarebbe forse 0% – perché 3 mln di beni sarebbero assorbiti da ipoteche e privilegi, i fornitori a fallimento prenderebbero zero, quindi quel 25% offerto con 300k esterni è di gran lunga migliore).

Verifica convenienza: l’attestatore calcola che in uno scenario di liquidazione giudiziale, le banche ipotecarie escuterebbero il capannone (1,5 mln) ricavando forse 1,2 mln netti (quindi soddisfatte 100% con avanzo 200k); i dipendenti avrebbero privilegio sul TFR coperto dal Fondo; i fornitori prenderebbero zero (perché privilegio lavoro, ipoteche e debiti fiscali assorbirebbero tutto). Nel concordato proposto invece i fornitori prendono 25% (750k €). L’Agenzia Entrate in fallimento avrebbe avuto il privilegio sui beni mobili per una parte, ipotizzando ricavasse ad es. 100k, mentre qui gliene danno 200k (40%). Quindi tutti stanno meglio o uguale rispetto al fallimento.

Esito atteso: i creditori votano. Banche e dipendenti (che contano per classi privilegiate) sono soddisfatti e votano sì. L’Agenzia Entrate, avendo un 10% di voti totali, potrebbe votare no se la transazione non la convince, ma anche col suo no si raggiunge comunque la maggioranza grazie ai fornitori (che sono il grosso del credito e capiscono di passare da 0% a 25%, quindi votano sì almeno in gran numero). Si supera il 50% dei crediti votanti. Il tribunale omologa, magari utilizzando l’art. 112 CCII per forzare il cram-down sull’Erario dissenziente (valutando che 40% è > 0% in fallimento, quindi conveniente).

Esecuzione: l’azienda continua la produzione. L’investitore versa i 500k dopo l’omologa, permettendo di pagare subito TFR e iniziare a rimborsare fornitori. I fornitori ottengono 5 rate annuali del 5% ciascuna. I bilanci migliorano perché la zavorra debiti è ridotta. Dopo 5 anni, la società è sana e i creditori chirografari liberati dal resto dei crediti. La continuità ha preservato i 50 posti di lavoro e l’indotto.

Considerazione: questo scenario mostra un win-win: in fallimento i creditori chirografari avrebbero perso tutto, qui prendono 25%. L’Erario incassa più del probabile in caso di liquidazione. I garanti (se ad esempio i soci avessero garantito debiti bancari) evitano escussioni perché la banca è soddisfatta. L’avvocato in un caso simile deve aver spinto per convincere fornitori e banca che il piano è serio (magari mostrando ordini futuri grazie al nuovo prodotto) e negoziare con il Fisco durante il concordato per ottenere il suo eventuale assenso (non indispensabile ma preferibile). La Cassazione incoraggia l’uso di concordati in continuità per salvare valore e posti di lavoro, quindi un piano come questo, ben confezionato, è coerente con lo spirito della legge.

Scenario B: Srl “Beta” (sotto soglia) – Sovraindebitamento e concordato minore con cessione beni

Dati di partenza: Beta Srl è una piccola impresa commerciale (non fallibile) ormai ferma: ha cessato l’attività qualche mese fa. Ha debiti totali per €200.000 (fornitori €80k; banche €50k chirografari – fidi scoperti non garantiti; debiti verso l’ex socio €30k per finanziamenti soci; debiti vari minori €40k). Ha come attivo solo un magazzino residuo del valore stimato €50k e cassa €10k. Non ci sono immobili né macchinari di valore. L’ex amministratore ha trovato un lavoro dipendente e non intende proseguire l’attività.

La Srl non può fallire, ma è insolvente verso tutti i creditori. Si vuole chiudere la società pulendo i debiti se possibile.

Soluzione scelta: Concordato minore con cessione di tutti i beni e apporto di finanza esterna dalla famiglia dell’amministratore, per offrire qualcosa ai creditori e ottenere l’esdebitazione.

Piano proposto: la società offre di liquidare completamente il magazzino (stimato 50k) e di aggiungere €20k di finanza esterna (proveniente dai familiari dell’ex socio, disposti ad aiutarlo per chiudere la vicenda). Totale fondo disponibile = €70k. Questo importo sarà distribuito ai creditori chirografari in percentuale. Prevede quindi:

  • Cessione delle giacenze a un liquidatore nominato, che convertirà tutto in denaro (ipotizziamo di ricavare effettivamente 50k, come stimato).
  • I €20k liquidi esterni vengono depositati subito.
  • Non ci sono creditori privilegiati (fornitori e banche sono chirografari, il socio finanziatore è postergato in quanto tale, quindi non conta ai fini del voto se formalmente postergato).
  • Distribuzione prevista: ogni creditore riceverà circa il 35% del proprio credito (70k su 200k). È inferiore al 40% ma non c’è soglia minima rigida nel concordato minore, solo il criterio di convenienza.

Verifica convenienza: se si facesse una liquidazione controllata, si venderebbe il magazzino e quei 50k sarebbero erosi da spese procedura e riparto pro-quota: i creditori forse vedrebbero un 20% effettivo, magari in tempi lunghi. Col piano concordatario, prendono 35% in tempi brevi. Quindi sono in miglior condizione. Inoltre i creditori sanno che in liquidazione controllata, se la società non ha altri beni, non recupererebbero di più – il plus dei 20k esterni esiste solo grazie al concordato.

Iter: il concordato minore richiede il voto dei creditori: qui per semplicità unifichiamo in un’unica classe tutti i chirografari (eccetto il socio postergato che non vota). Totale crediti votanti: €170k (200k meno 30k socio postergato). Se creditori per almeno 85k votano sì, la maggioranza è raggiunta. È probabile che votino sì: vedono un 35% subito invece di inseguire la società estinta per niente. Banche e fornitori, che costituiscono la gran parte, solitamente su queste percentuali e con la situazione trasparente di null’altro da prendere, accettano.

Possibile intoppo: l’Erario qui non c’è, ma se ci fosse stato un debito fiscale rilevante e avesse votato no (come creditore di maggioranza), il tribunale avrebbe potuto omologare ugualmente per cram-down fiscale (art. 80 co.3 CCII) dimostrando che 35% è meglio di liquidazione. La Tribunale di Verona in un caso simile ha omologato forzosamente un concordato minore dove l’Agenzia Entrate (98% dei crediti) aveva detto no, applicando proprio l’art. 80: quindi c’è giurisprudenza di merito che sostiene il debitore sovraindebitato meritevole e impedisce al Fisco di opporsi irragionevolmente.

Esito: il concordato minore viene omologato. Il liquidatore nominato incassa i 20k esterni, vende il magazzino e in pochi mesi distribuisce 35 cent/€ a ciascun creditore. La società Beta Srl, a quel punto priva di attivo e di debiti (per la parte eccedente il 35% i debiti sono esdebitati – sì, anche le società beneficiano dell’effetto esdebitatorio in quanto dopo l’omologa i creditori per legge non possono più pretendere il residuo, e comunque Beta verrà cancellata).

L’ex amministratore può chiudere la società. Se aveva firmato garanzie personali (in questo scenario no, ma poniamo avesse garantito i fidi bancari), la banca essendo stata soddisfatta al 35% potrebbe teoricamente agire per il resto su di lui in via extracontestuale – però qui subentra l’esdebitazione personale: il signor B (ex socio) potrebbe anch’egli fare istanza di esdebitazione dell’incapiente per liberarsi dalla garanzia residua, argomentando che lui non possiede nulla oltre uno stipendio modesto. Il correttivo 2024 però non facilita l’incapiente, quindi più probabile che la banca, incassato 35% dal concordato, sulla parte residua valuti il costo/beneficio di agire sul socio persona fisica: se questi è nullatenente, potrebbe lasciar perdere.

Considerazione: lo scenario Beta illustra un tipico concordato minore liquidatorio dove la meritevolezza del debitore è evidente: ha offerto tutto quel che aveva + soldi di terzi. I creditori percepiscono la buona fede e accettano. Queste procedure svolgono una funzione sociale importante: evitare che un imprenditore onesto resti perseguitato da debiti impagabili per sempre. E infatti il CCII spinge perché anche chi non ha nulla possa liberarsi (esdebitazione incapiente), sebbene su quest’ultimo punto permangano difficoltà applicative.

Scenario C: Srl “Gamma” – Composizione negoziata e fallimento, confronto fra esiti

Dati di partenza: Gamma Srl (fallibile) opera nel settore retail, ha 10 negozi. È in crisi di liquidità, debiti totali €2 milioni, attività ancora in corso con flusso di cassa operativo quasi in pareggio, ma arretrati con fornitori e affitti. Prova la composizione negoziata cercando un investitore o la rinegoziazione degli affitti.

  • Durante la composizione negoziata, ottiene la sospensione delle azioni esecutive dal tribunale (alcuni fornitori volevano pignorare merce, bloccati). L’esperto negozia con i locatori: 8 su 10 accettano di ridurre i canoni del 30% per i prossimi 2 anni; 2 locatori non accettano.
  • Nel frattempo, un potenziale investitore manifestatosi offre €500k per rilevare 6 negozi su 10 e il marchio (lasciando fuori 4 punti vendita poco profittevoli).
  • I fornitori principali (che vantano €1,5 mln di crediti) si dichiarano disponibili a uno stralcio del 20% se l’investitore entra, perché preferiscono perdere 20% che vedere la Srl fallire e forse prendere 0%. Tuttavia alcuni piccoli fornitori e soprattutto i 2 locatori restano contrari: pretendono tutto il dovuto.
  • Dopo 3 mesi di trattative, l’esperto conclude che non c’è unanimità sufficiente per un accordo stragiudiziale. Propone quindi la via del concordato semplificato: trasferire l’azienda (i 6 negozi) all’investitore per 500k e liquidare il resto.

Concordato semplificato proposto: Gamma Srl propone al Tribunale la cessione dei 6 negozi all’investitore X per €500k, da ripartire tra i creditori. I rimanenti 4 negozi chiuderanno (liquidazione scorte e cessazione contratti). Con €500k più la liquidazione delle scorte rimanenti (€100k), tot €600k da distribuire, si prevede di pagare:

  • Debiti verso dipendenti (TFR, stipendi) nei 4 negozi chiusi: €50k, pagati 100% (prededuzione come costo procedura o privilegio).
  • Debiti verso fornitori: dare circa 30% (supponiamo fornitori totali 1,5mln, distribuiamo loro 450k).
  • Locatori: debiti locazioni per uscite anticipate contratti ~€200k, di cui riescono a prendere 100k (50%).
  • Banche (se presenti) magari già garantite da pegno su incassi, omettiamo per semplicità o consideriamo soddisfatte a parte.
  • Totale distribuzione consuma €600k.

I creditori non votano, ma l’esperto e la società depositano elementi che mostrano come:

  • In fallimento, l’investitore probabilmente non avrebbe partecipato o avrebbe offerto meno, e la frammentazione dell’azienda avrebbe distrutto valore. Stimano che realizzabile in fallimento sarebbe stato 300k, quindi percentuali molto minori (forse 10-15% ai chirografari).
  • Così, con il concordato semplificato, i creditori ricevono il doppio di quanto avrebbero, e i 6 negozi continuano l’attività con salvaguardia di posti di lavoro.

Esito: alcuni creditori (i locatori recalcitranti) fanno opposizione all’omologa dicendo che non vogliono perdere 50%. Tuttavia, il tribunale valuta che l’offerta dell’investitore era la migliore possibile e che quei creditori comunque in fallimento avrebbero perso forse 85-90%. Quindi omologa il concordato semplificato, vendendo i 6 negozi al nuovo investitore immediatamente (nel decreto stesso autorizza la cessione “in continuità indiretta”).

Differenza col fallimento: se Gamma Srl fosse andata direttamente in fallimento senza negoziata:

  • I negozi avrebbero chiuso bruscamente, l’investitore forse avrebbe trattato con il curatore ma a prezzo più basso considerando l’urgenza, i fornitori avrebbero fatto insinuazione al passivo e atteso anni per forse un 10% di dividendo.
  • Molti dipendenti sarebbero finiti in NASpI e magari i negozi non riaperti.
  • I locatori avrebbero visto i contratti risolti d’ufficio dal curatore e incassato ben poco (forse i depositi cauzionali?).
  • Inoltre, i costi di procedura (curatore, spese giudiziarie) avrebbero ulteriormente eroso l’attivo.

Considerazione: questo scenario mostra la logica del concordato semplificato: dare comunque esecuzione a una soluzione emersa in negoziazione (l’offerta di acquisto) nonostante l’opposizione di alcuni creditori, perché è nel miglior interesse di tutti rispetto al collasso. La Cassazione 2023 su trasferimento sede che citavamo è nata proprio da un caso simile: un imprenditore, fallita la negoziata, aveva proposto semplificato; alcuni creditori eccepivano incompetenza territoriale per cambio sede; la Suprema Corte ha detto no, il semplificato è concorsuale e valgono le regole di blocco sui trasferimenti – segno che anche a livello di legittimità c’è supporto a far funzionare questo istituto senza intralci.

Confronto tra strumenti: tabelle riepilogative

Di seguito presentiamo alcune tabelle comparative per riepilogare le principali caratteristiche degli strumenti trattati, confrontando soggetti ammessi, condizioni di accesso, proponenti e requisiti di consenso, nonché i vantaggi e svantaggi in sintesi.

Tabella 1 – Strumenti di risanamento vs liquidazione

Procedura Chi può accedere Consenso richiesto Uso prevalente Vantaggi Svantaggi
Composizione negoziata (stragiudiziale assistita) Imprese di ogni dimensione in condizioni di squilibrio o crisi reversibile. Volontaria, nessun voto formale; eventuali accordi finali vanno sottoscritti dai creditori interessati. Prevenire l’insolvenza, rinegoziare debiti fuori dal tribunale. Riservatezza, flessibilità, salvaguarda continuità; misure protettive su richiesta. Nessuna decisione coattiva sui dissenzienti (serve accordo); efficacia limitata se creditori poco collaborativi.
Accordo di ristrutturazione (art.57 CCII) Imprese sopra o sotto soglia (anche non fallibili ammessi in certi casi). Esclude i consumatori. Adesione di creditori con ≥60% dei crediti (o 30% se “agevolato”); omologazione tribunale. Ristrutturazioni mirate con pochi creditori chiave (banche, grandi fornitori). Procedura più rapida del concordato; coinvolge solo creditori principali; consente accordi personalizzati con banche (anche efficacia estesa ai dissenzienti della stessa classe). Non vincola i creditori estranei (devono essere pagati integralmente); richiede alta adesione iniziale; pubblicità su registro imprese (non totalmente riservato).
Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (art.64-bis CCII) Imprese sopra soglia (in pratica pensato per imprenditori commerciali fallibili). Voto per classi: maggioranza in ogni classe (50% quorum e 2/3 favorevoli dei votanti); possibile cram-down giudiziale su classi dissenzienti. Crisi complesse con molti creditori eterogenei; implementazione direttiva UE su quadri di ristrutturazione. Elevata flessibilità nel trattare diversamente categorie di crediti; mantiene continuità con controllo; può imporre piano anche con qualche classe contraria (se equo). Procedura articolata quasi quanto un concordato; costi alti; incognite sull’esito se più classi importanti dissentono (tribunale potrebbe non forzare omologa se mancano condizioni di legge).
Concordato preventivo (ordinario, art.84+ CCII) Imprese fallibili (commerciali sopra soglia). Voto di tutti i creditori ammessi (maggioranza >50% in peso); omologazione tribunale (possibile omologa nonostante dissenso di classi minori se piano conveniente). Crisi conclamate dove serve soluzione concorsuale ampia; può prevedere continuità o liquidazione con condizioni (10% apporto esterno se liquidatorio). Vincola tutti i creditori (effetto esdebitativo ampio); può salvare azienda in esercizio (concordato in continuità) o almeno massimizzare valore in vendita; blocca azioni esecutive subito. Lungo e costoso; pubblicità e stigma; management sotto supervisione stretta; esito incerto (rischio fallimento in caso di non approvazione o inadempimento).
Concordato minore (artt.74-83 CCII) Debitori non fallibili (imprese sotto soglia, professionisti, autonomi) – non i consumatori, non chi ha cessato da >1 anno. Voto dei creditori chirografari (maggioranza crediti ammessi); omologazione tribunale (possibile cram-down fiscale). Piccole imprese sovraindebitate che vogliono evitare la liquidazione, offrendo ai creditori un piano di pagamento parziale. Struttura simile a concordato, ma dimensionata su piccole realtà; dopo 3 anni da fine, debiti residui cancellati automaticamente per persone fisiche; flessibilità nel prevedere anche continuità dell’impresa minore. Necessita comunque maggioranza creditori (non banale da raggiungere se molti piccoli creditori); consumatori esclusi; se attività cessata da tempo, non accessibile (si è costretti a liquidazione).

Tabella 2 – Strumenti liquidatori (con o senza continuità indiretta)

Procedura Chi/Quando si attiva Caratteristiche Vantaggi Svantaggi
Concordato preventivo liquidatorio (ordinario) Imprese fallibili. Proposto dal debitore insolvente con cessione integrale dei beni. Ammesso solo con ≥10% risorse esterne e ≥20% ai chirografari. Vendita del patrimonio sotto controllo del debitore (con commissario). Creditori votano sul piano di riparto. Apporto di terzi per migliorare soddisfacimento. Debitore mantiene l’iniziativa, sceglie acquirenti (con ok giudice), può evitare spossessamento totale ante omologa; creditori prendono più che in fallimento grazie ad apporto esterno; tempi più brevi del fallimento (in teoria). Richiede sacrificio dei soci (devono mettere risorse aggiuntive); se non approvato si va in fallimento; dopo omologa comunque società si estingue; complessità procedure competitive di vendita beni durante concordato.
Concordato preventivo semplificato (per liquidazione) Solo a esito negativo di composizione negoziata. Proposto dal debitore entro 60 gg dalla relazione finale esperto. Liquidazione dei beni (anche cessione azienda) senza voto creditori. Creditori tutelati da diritto di opposizione all’omologa. Gestione liquidatoria affidata a un ausiliario post omologa. Velocizza la soluzione: evita di tornare a zero dopo negoziazione fallita; massimizza valore di offerte raccolte dall’esperto anche senza unanimità; impedisce a pochi creditori di far naufragare esito ragionevole. Meno costi (niente adunanza, meno burocrazia). Debitori possono usarlo solo se hanno effettivamente tentato negoziazione; percepito come drastico (azienda sempre disgregata o venduta); creditori insoddisfatti possono opporsi e ritardare omologa; se giudice non omologa -> fallimento immediato.
Liquidazione giudiziale (ex fallimento) Imprese fallibili insolventi. Attivata su ricorso creditori, PM o anche debitore stesso. Spossessamento totale; nomina curatore; liquidazione attivo e riparto secondo legge. Possibili azioni di responsabilità e revocatorie. Durata media 5-7 anni (per grandi procedure). Procedura consolidata e garantista per i creditori; curatore professionale indipendente; possibili azioni contro terzi per aumentare attivo (revoche atti in frode, ecc.); a fine procedura, debitore persona fisica può chiedere esdebitazione (fresh start). Impatto distruttivo su azienda (cessazione attività immediata salvo esercizio provvisorio raro); tempi lunghi e costi elevati; perdita totale di controllo per imprenditore; stigma sociale; per piccoli creditori spesso poca soddisfazione dopo anni.
Liquidazione controllata (sovraindebitamento) Debitori non fallibili insolventi (compresi ex imprenditori cessati da >1 anno, come da correttivo 2024). Istanza volontaria debitore o istanze terzi ammesse. Simile al fallimento ma su scala ridotta. Nomina liquidatore (spesso OCC). Liquidazione beni e distribuzione. Durata massima 3 anni. Debitore persona fisica esdebitato di diritto a fine procedura. Procedura orientata al debitore: mira a chiudere rapidamente e dare esdebitazione (nuovo inizio); costi minori; niente sanzioni penali tipiche del fallimento. Consente a soggetti prima esclusi (es. imprenditore agricolo sotto soglia) di avere comunque una procedura concorsuale ordinata. Recuperi per creditori generalmente bassi; alcune rigidità o lacune normative (es: se debitore incapiente senza beni, correttivo 2024 impedisce apertura, lasciando creditori senza procedure e debitore senza liberazione immediata se non accede a esdebitazione incapiente); minor potere d’indagine su terzi rispetto a curatore fallimentare (ma liquidatore può comunque agire per atti in frode ai creditori).

Tabella 3 – Soggetti coinvolti e condizioni sintetiche

Strumento Proponente Ruolo del tribunale Creditori coinvolti Figura di supporto Esdebitazione finale
Composizione negoziata Imprenditore (volontaria). Nomina esperto (tramite commissione CCIAA); omologa solo per misure protettive o accordi successivi (se richiesto). Tutti quelli che accettano di trattare; eventuali accordi riguardano solo consenzienti. Esperto indipendente (facilitatore). Non prevista in sé (non è procedura concorsuale che chiude debiti automaticamente, serve accordo transattivo per liberarsi dai debiti).
Accordo ristrutturazione Debitore (volontario). Omologa l’accordo se quorum raggiunto e tutela estranei. Può rifiutare se pregiudizievole per non aderenti. Solo creditori firmatari subiscono stralci; estranei devono essere pagati per intero come da scadenze. Attestatore (relazione veridicità e fattibilità). Solo per quanto pattuito nell’accordo: i crediti stralciati per aderenti sono esdebitati se accordo eseguito; i crediti estranei no (devono esser pagati al 100%).
Piano omologato Debitore. Apre procedura, nomina commissario, omologa se maggioranze classi ok oppure valuta cram-down interclassi. Tutti i creditori inclusi nelle classi sono vincolati dall’omologa (dissentienti compresi). Classi escluse (es crediti futuri o di soci postergati) restano fuori. Commissario giudiziale; attestatore (presumibilmente sì per fattibilità). Sì, al pari di concordato: omologa libera il debitore dall’obbligo sul debito eccedente quanto previsto dal piano (salvo eventuali coobbligati e fideiussori esterni).
Concordato preventivo Debitore. Ammette alla procedura (decr. apertura), supervisiona tramite GD e commissario; omologa finale (o dichiara liquid. giud. se non omologa). Tutti i creditori anteriori al concordato sono vincolati dalla proposta omologata. I privilegiati non soddisfatti integralmente devono aver accettato o aver ricevuto almeno il valore di liquidazione. Commissario giudiziale; giudice delegato; attestatore (obbligatorio). Sì, i crediti falcidiati o stralciati non sono più dovuti dopo omologa (in caso di buon esito piano). Coobbligati e fideiussori di solito restano obbligati per la parte non pagata (salvo diverso accordo).
Concordato minore Debitore (non fallibile). Verifica ammissibilità (meritevolezza, soglia); nomina OCC/gestore; giudice omologa se voto maggioranza e piano conforme (possibile omologa anche se fisco dice no, ex art.80 c.3). Tutti i creditori anteriori (come per concordato). Consumatori esclusi (hanno loro piano). Eventuali creditori privilegiati non integralmente soddisfatti richiedono consenso o valutazione convenienza dal giudice. Gestore OCC con funzioni di commissario; giudice delegato; attestatore (in pratica l’OCC stesso può attestare). Sì, come concordato: i debiti restanti si cancellano per l’efficacia esdebitativa dell’omologa. Debitore persona fisica liberato da debiti residui automaticamente decorsi i termini (simile esdebitazione a fine liquidazione).
Conc. semplificato Debitore (dopo comp. negoziata fallita). Decide sulle misure protettive (se chieste), nomina ausiliario post omologa; omologa se piano conveniente per creditori (valuta opposizioni). Tutti i creditori anteriori sono vincolati dal decreto di omologa (anche se non hanno votato perché non c’è voto). Possono solo opporsi in giudizio. Nessun commissario prima, solo esperto della negoziazione; poi eventuale ausiliario (liquidatore) nominato per esecuzione post omologa. Sì, a omologa avvenuta i crediti anteriori sono definiti secondo il piano (le percentuali pagate) e il resto non è più esigibile. La società di norma viene liquidata e cancellata, quindi cessa.
Liquidazione giudiziale Creditore, PM o debitore stesso (istanza di fallimento in proprio). Sentenza dichiara liquidazione giud.; nomina curatore, giudice delegato, comitato cred.; supervisiona tutta procedura; decreto di chiusura finale. Tutti i creditori chirografari partecipano al riparto col grado dei loro crediti; privilegiati e garantiti soddisfatti su beni vincolati. Coobbligati restano obbligati (nessun effetto automatico su di loro). Curatore fallimentare con poteri di gestione e azione (anche legale); giudice delegato; comitato creditori (3 membri principali creditori). Sì per debitore persona fisica: può ottenere esdebitazione (previa istanza, verifica meritevolezza) una volta chiuso il fallimento, liberandosi dai debiti residui. No per società: società liquidata si estingue, debiti insoddisfatti rimangono inesigibili (ma garanti personali no).
Liquidazione controllata Debitore (volontario) o creditori/PM (possibile). Emette decreto apertura se ammissibile; nomina liquidatore (spesso gestore OCC) e giudice delegato; segue procedura; decreto di chiusura. Tutti i creditori anteriori concorrono analogamente al fallimento. Pagamento secondo cause di prelazione. Coobbligati non liberati (possono essere escussi separatamente). Liquidatore nominato (OCC di norma); giudice delegato; eventuale comitato creditori (non obbligatorio se pochi creditori). Sì per persone fisiche: esdebitazione di diritto decorsi 3 anni dall’apertura (salvo revoca se malafede). Per società: società estinta, debiti residui “muoiono” con essa, ma eventuali garanti restano obbligati (devono chiedere loro esdebitazione personale se vogliono sollievo).

(Legenda: OCC = Organismo di Composizione della Crisi; GD = Giudice Delegato; COMI = Centre Of Main Interest – centro principale interessi).

Le tabelle sopra mostrano in sintesi le differenze sostanziali. Ad esempio, si nota come solo accordi e piani richiedono percentuali di adesione predeterminate, mentre concordati e liquidazioni coinvolgono in modo universale i creditori (con voto nel concordato normale, senza voto nel semplificato e liquidazioni). Il ruolo del tribunale aumenta man mano che si passa da strumenti negoziali puri (minimo intervento, giusto un’omologa formale negli accordi) a strumenti concorsuali (forte controllo e possibilità di decisioni d’ufficio, come nel cram-down fiscale).

Domande Frequenti (FAQ)

D1: Una Srl sotto soglia può essere dichiarata fallita?
R: No, le Srl sotto soglia (imprese minori) non sono soggette a liquidazione giudiziale. Esse rientrano tra i debitori non fallibili e quindi possono utilizzare solo le procedure di sovraindebitamento (concordato minore, accordi o liquidazione controllata). Se un creditore presenta istanza di fallimento contro una Srl che dimostra di avere, negli ultimi esercizi, parametri entro i limiti (€300k attivo, €200k ricavi, €500k debiti), il tribunale rigetterà l’istanza per carenza di presupposti soggettivi. In tali casi, la società potrà semmai essere ammessa a liquidazione controllata in caso d’insolvenza, ma non “fallirà” in senso tecnico.

D2: Cosa rischiano gli amministratori se la Srl sovraindebitata non avvia alcuna procedura e lascia aggravare la situazione?
R: Gli amministratori hanno il dovere di agire tempestivamente in caso di crisi o insolvenza incipiente, attivando gli strumenti previsti (come la composizione negoziata o una procedura concorsuale). Se omettono di farlo e la società va in dissesto, possono incorrere in responsabilità civili (azione di responsabilità per mala gestio) e, per le società fallibili, anche in responsabilità penali da bancarotta semplice (per aver aggravato il dissesto con inerzia). Il Codice della Crisi ha introdotto obblighi di segnalazione e adeguati assetti organizzativi proprio per evitare inerzie colpevoli. Avviare una procedura come il concordato o la liquidazione volontaria, quando necessario, è quindi anche una forma di tutela per gli amministratori, poiché li mette al riparo dall’accusa di aver procrastinato indebitamente la crisi. Inoltre, durante composizione negoziata e concorsuali, certe azioni esecutive sono sospese e gli amministratori operano sotto controllo, riducendo il rischio di comportamenti pregiudizievoli.

D3: I soci di una Srl rispondono dei debiti sociali?
R: In generale no: la Srl è “a responsabilità limitata”, quindi i soci non rispondono con il proprio patrimonio dei debiti della società. Tuttavia, molti soci di PMI rilasciano garanzie personali (fideiussioni) a banche o fornitori. In tal caso, anche se la Srl accede a una procedura concorsuale e viene esdebitata, la garanzia del socio rimane valida: il creditore potrà escutere il socio garante per la parte di debito non recuperata dalla società. Ad esempio, se il socio ha firmato fideiussione per un fido bancario di €100k e la Srl paga solo il 50% in concordato, la banca può chiedere al socio il restante 50%. Il socio, per liberarsi, dovrà a sua volta eventualmente attivare una procedura di sovraindebitamento personale (se ne ha i requisiti, es. concordato minore se non è consumatore, o ristrutturazione del debito del consumatore se lo è). Da notare che nel concordato preventivo ordinario non è vietato prevedere che l’esdebitazione si estenda ai coobbligati, ma ciò richiede consenso espresso dei creditori interessati (è raro). Quindi, il fallimento o concordato della Srl non protegge i soci garanti, a meno che non si trovino accordi specifici con i creditori.

D4: Quali debiti si possono “tagliare” in un piano di sovraindebitamento? Ad esempio, i debiti fiscali possono essere falcidiati?
R: Sì, quasi tutti i debiti possono essere inclusi e ristrutturati, inclusi quelli verso il Fisco e INPS, ma con accortezze. Nei concordati e accordi, il trattamento dei debiti tributari segue regole particolari:

  • Nel concordato preventivo ordinario, l’Erario e gli enti previdenziali possono essere falcidiati solo attraverso la transazione fiscale (art. 63 CCII), cioè il loro consenso formale. Se votano no e costituiscono la maggioranza dei crediti, il concordato non sarebbe approvato; se sono minoranza dissenziente, l’omologa può essere concessa solo verificando che ottengano almeno quanto in liquidazione (possibile cram-down fiscale in concordato in alcuni casi, soprattutto nel concordato minore).
  • Nel concordato minore e piano del consumatore, il Codice prevede espressamente che il giudice può omologare anche senza adesione del Fisco, se ritiene la proposta più conveniente del fallimento/liquidazione. Questo è un meccanismo di cram-down fiscale introdotto per evitare che un singolo creditore pubblico (magari con importo maggioritario) blocchi soluzioni favorevoli per tutti gli altri.
  • Negli accordi di ristrutturazione, invece, l’adesione dell’Erario è obbligatoria per la falcidia: se non aderisce, i debiti tributari devono essere pagati integralmente (o esclusi dall’accordo, pagandoli a parte).
  • Debiti con privilegio speciale (es: ipoteche) possono essere falcidiati in concordato, purché si dia loro almeno il valore di realizzo del bene su cui hanno garanzia. Nei piani soggetti a omologazione e concordati, vige il principio che un creditore garantito non può essere trattato peggio del valore di mercato della sua garanzia (se gli offri meno, devi avere il suo consenso).
  • Debiti per multe o sanzioni: in genere queste non hanno privilegio e possono essere trattate come chirografarie nei piani (anche ridotte drasticamente). Il Codice consente ad esempio di non pagare affatto gli interessi o sanzioni nei confronti del Fisco (spesso nei piani si offre zero sulle sanzioni e solo una parte su imposte).
    In sintesi, si possono tagliare debiti fiscali e contributivi, ma è più agevole farlo nelle procedure di sovraindebitamento (concordato minore, piano consumatore) grazie al potere del giudice di passare sopra al dissenso del Fisco, mentre nelle procedure maggiori serve la transazione o un cram-down supportato da dati di convenienza.

D5: Quanto dura una procedura di sovraindebitamento per una Srl?
R: La durata dipende dallo strumento:

  • Una composizione negoziata dura di norma 6 mesi (prorogabile fino a 12). Deve essere rapida per natura.
  • Un accordo di ristrutturazione può chiudersi nell’arco di 4-6 mesi (tempo di negoziare con i creditori e ottenere l’omologa). Se i creditori sono pochi, si può fare anche in 2-3 mesi. Il tribunale decide sull’omologa entro 30-60 giorni dal deposito.
  • Un concordato preventivo (o minore) dura tipicamente tra i 6 mesi e 1 anno fino all’omologa. Ad esempio, tempi tipici: 2-3 mesi per preparare la domanda, ammissione, 2-4 mesi per il voto creditori, e omologa entro 1-2 mesi successivi se non ci sono appelli. In caso di opposizioni o complicazioni, può estendersi di più (alcuni concordati complessi durano 18-24 mesi prima di concludersi).
  • Un concordato semplificato potrebbe essere relativamente veloce: non avendo fase di voto, dalla proposta all’omologa potrebbero passare 2-3 mesi (giusto il tempo per l’udienza di omologa e valutare opposizioni). Ad esempio, se depositato subito dopo la negoziata fallita, il tribunale fissa udienza in 30-45 giorni e decide. In pratica, i primi casi si sono conclusi in pochi mesi.
  • Una liquidazione controllata dovrebbe, per legge, completarsi entro 3 anni. Se c’è molto attivo da liquidare, potrebbe prendere tutto quel tempo; se l’attivo è scarso, il liquidatore può chiudere prima (anche in 1 anno o meno). La legge impone il limite per evitare liquidazioni infinite. Confronto: un fallimento tradizionale spesso supera i 5 anni (anche se il Codice suggerisce di chiudere in 3 anni anche lì, ma non è tassativo).
    In conclusione: procedure di ristrutturazione (accordi, concordati) = qualche mese fino all’omologa, poi l’esecuzione del piano può durare anni (es. pagamenti dilazionati su 5 anni); procedure liquidatorie = fino a 3 anni (controllata) o più (fallimento). Durante l’esecuzione del concordato, comunque la procedura è aperta ma l’azienda è già “uscita dal tunnel” in un certo senso, operando nel rispetto del piano.

D6: Che differenza c’è tra concordato preventivo e concordato minore?
R: Il concordato preventivo è riservato alle imprese soggette a fallimento, mentre il concordato minore è la procedura analoga per i debitori non fallibili (imprese sotto soglia, professionisti, piccoli imprenditori). Le differenze principali:

  • Soglia dimensionale: il concordato minore esiste solo per chi non può accedere al concordato preventivo ordinario. Una Srl sotto soglia deve fare il concordato minore; una sopra soglia deve fare quello preventivo ordinario.
  • Norme applicabili: il concordato minore rinvia a molte norme del concordato preventivo, quindi il meccanismo di voto, omologa, ecc., è simile. Ma vi sono adattamenti: ad esempio, nel concordato minore il piano può essere più semplificato, e c’è la figura dell’OCC/gestore invece del commissario giudiziale.
  • Esdebitazione: nel concordato minore è automatica per il debitore persona fisica al termine, mentre nel preventivo per un imprenditore fallibile persona fisica l’esdebitazione richiede comunque la procedura di fallimento (ma se fa concordato, in genere paga una percentuale e il residuo è di fatto non più esigibile per effetto dell’omologa).
  • Meritevolezza: il concordato minore richiede che il debitore non abbia “dispensato dolosamente i creditori” (requisito morale) – concetto di meritevolezza mutuato dalla L.3/2012. Nel concordato preventivo classico questo aspetto è meno esplicito (conta la convenienza economica, non la moralità del debitore, salvo casi estremi di frode).
  • Struttura dei crediti: nel concordato minore spesso si ha una situazione di prevalenza di creditori non bancari (fornitori, fisco), e l’assenza di comitato creditori. Nel preventivo ordinario, con creditori spesso più istituzionali, c’è un comitato che può interagire nella procedura.
    In breve, lo scopo è lo stesso – offrire un piano ai creditori per evitare la liquidazione – ma il concordato minore è calibrato sulle piccole dimensioni e sulle necessità di tutela del debitore sovraindebitato (ad esempio la possibilità di cram-down fiscale ampio). Un altro modo di vederlo: il concordato minore è l’evoluzione dell’“accordo di composizione” della vecchia legge 3/2012, con l’aggiunta del voto dei creditori (che prima non c’era: nell’accordo di composizione i creditori dovevano aderire all’unanimità o maggioranza, ma era un po’ diverso). Il concordato preventivo invece deriva dalla legge fallimentare classica.

D7: Durante un concordato, la società può continuare a firmare contratti o deve fermarsi?
R: Dipende dalla fase e dal tipo di concordato:

  • Fase di concordato “in bianco” (prenotativo): l’azienda può compiere atti di ordinaria amministrazione liberamente. Per gli atti di straordinaria amministrazione (vendite di beni importanti, accensione di nuovi finanziamenti, ecc.) deve chiedere autorizzazione al tribunale (art. 46 CCII) per evitare di pregiudicare i creditori.
  • Fase di concordato ammesso (dopo decreto apertura): gli amministratori restano in carica ma ogni atto eccedente l’ordinaria amministrazione richiede autorizzazione del giudice delegato, sentito il commissario. Ciò significa che la società può continuare l’attività corrente (es: vendere prodotti, acquistare le materie prime usuali, pagare stipendi correnti) senza bisogno di permesso; ma per operazioni straordinarie (es: vendere un ramo d’azienda, assumere un mutuo garantito, fare transazioni rilevanti) serve un decreto del giudice. Il CCII definisce meglio alcuni parametri: atti urgenti di straordinaria amministrazione possono essere autorizzati anche subito all’atto dell’ammissione se indispensabili alla continuità.
  • Se è un concordato in continuità, la legge anzi presume che l’azienda continuerà a operare per generare utili. Sono previste alcune tutele: i fornitori essenziali non possono interrompere le forniture per i ritardi pregressi. L’azienda può anche, con autorizzazione, ottenere finanziamenti prededucibili durante il concordato (art. 99 CCII) per supportare la gestione, con priorità di rimborso.
  • Nel concordato liquidatorio invece tipicamente l’azienda cessa l’attività (salvo vendere l’azienda in blocco a terzi). In quel caso, gli atti saranno volti solo a liquidare: anche qui li compiono gli amministratori ma sotto vigilanza e con autorizzazioni. Ad esempio, vendere un immobile nel concordato liquidatorio prima dell’omologa è possibile solo se il tribunale autorizza e il commissario concorda, e di solito serve mostrare che il prezzo è di mercato (magari con procedura competitiva).
  • Nel concordato semplificato, prima dell’omologa l’imprenditore rimane in controllo (non c’è commissario nominato). Tuttavia, in pratica le operazioni da compiere sono quelle predisposte nel piano di liquidazione. Un atto fondamentale come la vendita dell’azienda all’investitore avverrà all’atto dell’omologa (il tribunale di solito nel decreto di omologa autorizza e produce effetti traslativi).
    In sintesi, l’attività ordinaria prosegue (soprattutto se il piano prevede continuità). Le decisioni straordinarie vanno condivise col tribunale. L’avvocato qui svolge un ruolo cruciale nel consigliare quali atti sono ordinari e quali no, e nel predisporre rapidamente le richieste di autorizzazione per non bloccare l’operatività. Ad esempio, se serve comprare materia prima per evadere un ordine importante, di solito è atto ordinario (fa parte del ciclo produttivo normale); se serve vendere un macchinario perché non serve più, questo potrebbe essere considerato straordinario e quindi si andrà a chiedere il permesso (magari dimostrando che non compromette la par condicio, anzi ottimizza il valore).

D8: Che succede se dopo l’omologazione di un concordato la società non rispetta il piano?
R: Se la società non adempie agli obblighi previsti dal piano concordatario, i creditori hanno la facoltà di chiedere la risoluzione del concordato (art. 121 CCII, ex art. 186 L.F.). Ad esempio, se era previsto che entro 6 mesi dall’omologa si pagasse il 10% ai chirografari e ciò non avviene, oppure se l’azienda in continuità devia dal piano e non versa le somme concordate, un creditore o il commissario possono fare istanza al tribunale per risolvere il concordato. La risoluzione comporta che gli effetti dell’omologa cessano e generalmente si apre la via alla liquidazione giudiziale (fallimento). Anzi, il tribunale contestualmente alla risoluzione dichiara il fallimento se l’insolvenza persiste (cosa probabile, visto che se non hanno pagato è perché non potevano).

Nel caso di concordato minore o procedure di sovraindebitamento, similmente c’è la possibilità di revocare/risolvere l’omologazione se risultano inadempimenti gravi o frodi. Ad esempio, nel piano del consumatore (per le persone fisiche) c’è la revoca dell’esdebitazione se il debitore nasconde redditi. Nel concordato minore, la risoluzione può essere chiesta se il debitore non esegue il piano.

Importante: se il concordato prevedeva dilazioni lunghe, i creditori possono anche attendere invece di chiedere subito risoluzione, magari rinegoziare un aggiustamento (ciò richiede comunque un passaggio in tribunale per una modifica del piano ex art. 120 CCII, fattibile solo prima dell’omologa di solito). Ma una volta omologato, le modifiche non sostanziali potrebbero essere fatte con consenso dei creditori interessati e approvazione tribunale.

Da notare, per i concordati in continuità, il CCII ha introdotto misure per evitare risoluzioni pretestuose: se i creditori hanno ricevuto almeno il 10% di quanto spettava e la società fornisce garanzie aggiuntive di adempiere, il tribunale può rigettare la risoluzione concedendo tempo. Questo per non mandare in fallimento aziende risanate per qualche ritardo fisiologico.

Se però il concordato viene risolto e la società è insolvente, come detto il fallimento è pressoché inevitabile (anche nel concordato minore risolto, si aprirà la liquidazione controllata o un fallimento improprio se fosse nel frattempo diventato fallibile per aumento attività – ipotesi teorica). I creditori torneranno ad avere titolo per l’intero credito originario dedotti solo eventuali acconti ricevuti in piano.

In breve: l’inadempimento post omologa è molto pericoloso. Conviene evitarlo a tutti i costi, anche perché gli amministratori perderebbero ogni credibilità residua. L’avvocato consiglia sempre di proporre piani conservativi, con percentuali e scadenze che l’azienda è sicura di poter rispettare, magari con un minimo di margine per imprevisti.

D9: Quanto costa affrontare una procedura di sovraindebitamento o concorsuale?
R: Ci sono vari costi da considerare:

  • Spese legali: l’onorario dell’avvocato che segue la procedura, che può essere consistente data la complessità e la durata. Alcuni avvocati applicano tariffe forfettarie per l’intera procedura, altri a ore. Per PMI sovraindebitate spesso si cerca di contenere il costo. Il Codice prevede che le spese di procedura, inclusi i compensi dei professionisti, siano considerati in prededuzione (vengono prima dei creditori), ma vanno comunque pagati con risorse dell’azienda o con finanza esterna.
  • Compenso dell’attestatore o OCC: l’esperto che redige la relazione sulla fattibilità (attestatore) chiederà un compenso, spesso legato alla dimensione del debito e lavoro richiesto. Gli OCC per sovraindebitamento hanno parametri fissati dal decreto ministeriale, spesso relativamente contenuti (ma comunque qualche migliaio di euro almeno).
  • Contributo unificato e bolli: il deposito del ricorso concorsuale comporta un contributo unificato (per concordati circa €1000) e una marca da bollo (€27).
  • Spese del commissario/curatore/liquidatore: questi organi hanno diritto a un compenso stabilito dal tribunale a fine procedura, secondo parametri di legge (D.M. 240/2022 per fallimenti, e analoghi per liquidazioni controllate). Il compenso è proporzionale all’attivo e al passivo. Ad esempio, per un fallimento con attivo realizzato di €100k, il curatore potrebbe aver diritto a €7-10k. Queste somme vanno a ridurre l’attivo disponibile per i creditori. Nei concordati, il commissario giudiziale ha un compenso a carico del debitore (di solito qualche punto percentuale sul passivo).
  • Altre spese: se servono perizie (es. stima di un immobile) o il notaio (per atti di cessione immobiliari), anche questi sono costi. Nei concordati, di solito il piano li prevede come spese prededotte.
    In generale, si può stimare che una procedura concorsuale costi dal 5% al 15% del passivo, a seconda della complessità. Ad esempio, in un concordato con 1 milione di debiti, tra professionisti e spese varie, potrebbero andarsene 50-100k. Più la procedura è complessa/di lunga durata, più i costi salgono. Ciò è uno dei motivi per cui per piccolissimi debiti (es. totale debito 20-30k) spesso le procedure di sovraindebitamento non sono convenienti: il costo può divorare il beneficio. In quei casi, magari è preferibile un accordo stragiudiziale o, per le persone fisiche consumatori, l’esdebitazione dell’incapiente.

Il Codice della Crisi sta cercando di contenere i costi standardizzando modulistica, prevedendo procedure telematiche (specialmente per composizione negoziata via piattaforma) e imponendo durate massime (3 anni per liquidazioni) – tutto per evitare la lievitazione di spese.

D10: Dopo la chiusura di una liquidazione controllata o di un fallimento, che fine fanno i debiti non pagati?
R: Dopo la chiusura della procedura:

  • Se il debitore è una società (persona giuridica), essa si estingue (viene cancellata dal Registro delle Imprese). In base al principio civilistico, i creditori non soddisfatti non possono più agire perché il soggetto debitore non esiste più. In sostanza, i debiti residui diventano inesigibili. I creditori si “attaccano al tram”, come si suol dire: avranno ricevuto i riparti concorsuali e oltre a quelli non possono recuperare altro, salvo rivalersi su eventuali garanti. Quindi per la società in sé c’è una sorta di esdebitazione “naturale” con l’estinzione.
  • Se il debitore è una persona fisica (imprenditore individuale, socio illimitatamente responsabile, o consumatore), allora la legge prevede un formale provvedimento di esdebitazione che cancella i debiti residui non soddisfatti. Nel fallimento, deve chiederlo e il tribunale lo concede se il fallito è stato cooperativo e onesto. Nel sovraindebitamento, oggi l’esdebitazione per le persone fisiche è automatica dopo 3 anni nelle liquidazioni controllate (salvo revoca se scoprono malafede). E per l’“incapiente totale” c’è la procedura di esdebitazione immediata (difficile, ma possibile per chi proprio non ha nulla).
  • In ogni caso, garanti e coobbligati restano invece pienamente obbligati. Esempio: Tizia SNC fallisce, debiti residui 100k; i soci (illimitatamente responsabili) restano debitori e i creditori potrebbero perseguirli (ma pure i soci potranno esdebitarsi a titolo personale con la procedura adatta). Oppure Caio srl liquida e un fornitore è rimasto impagato per 50k, però c’era la fideiussione del socio: quel fornitore può chiedere i 50k al socio personalmente nonostante la Srl sia esdebitata ed estinta.
    In pratica, per il debitore principale la procedura concorsuale segna la fine dei debiti, per i terzi garantenti no.

L’esdebitazione non copre eventuali debiti post procedura (ad esempio sanzioni penali pecuniarie, oppure obblighi di mantenimento, alcune cose che non rientrano nel concorso), ma per una Srl tipicamente non vi sono questi aspetti.

Infine, ricordiamo che se dopo la chiusura di un fallimento emergono nuovi attivi (asset occultati o sopravvenienze), il fallimento può essere riaperto per distribuirli ai creditori. Nella liquidazione controllata, supponiamo che a procedura chiusa si scopra un credito non noto: i creditori potrebbero chiedere al tribunale di riaprire la liquidazione per incassare quel credito e ripartirlo. Di norma però, chiusa la procedura, i conti sono considerati definitivi.

Conclusioni

Affrontare il sovraindebitamento di una Srl è un percorso complesso che richiede competenze multidisciplinari (giuridiche, economico-aziendali) e sangue freddo. Il supporto dell’avvocato specializzato è fondamentale in ogni tappa: dall’analisi iniziale della crisi, alla scelta e implementazione dello strumento più idoneo, fino all’interlocuzione con tribunali e creditori e all’esecuzione finale del piano. Il nuovo Codice della Crisi, aggiornato fino alle recenti modifiche del 2024, offre una “cassetta degli attrezzi” completa: soluzioni negoziali per i casi recuperabili, procedure giudiziali semplificate per quelli non risolvibili in via amichevole, e canali liquidatori meno punitivi per i piccoli imprenditori onesti.

Per una Srl sovraindebitata, conoscere e utilizzare tempestivamente questi strumenti significa spesso poter salvare l’impresa o quantomeno chiudere la vicenda debitoria in modo ordinato, evitando strascichi infiniti. La giurisprudenza recente evidenzia una tendenza dei tribunali ad applicare le norme con pragmatismo, favorendo le soluzioni che massimizzano il soddisfacimento dei creditori e la continuità aziendale ove possibile (es. omologhe forzose nonostante dissensi fiscali, riconoscimento della natura concorsuale del concordato semplificato per garantirne l’efficacia, ecc.).

In conclusione, una collaborazione stretta tra imprenditore e legale – unita a trasparenza verso i creditori e buona fede – costituisce la chiave per navigare con successo nel mare agitato del sovraindebitamento. Sia che l’esito sia un accordo che rilancia l’azienda, sia che sia una liquidazione senza strascichi, l’importante è agire per tempo e con gli strumenti giusti. Questa guida, aggiornata a maggio 2025, intende essere un punto di riferimento per orientarsi in queste scelte cruciali, con l’auspicio che sempre più realtà in difficoltà possano trovare, con l’aiuto del proprio avvocato, la rotta verso la soluzione.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (in vigore dal 15 luglio 2022), articoli rilevanti: artt. 2 (definizioni di crisi e insolvenza), 12-25-quinquies (Composizione negoziata della crisi), 56-64-ter (Accordi di ristrutturazione e Piani di risanamento soggetti a omologazione), 65-83 (Procedure di sovraindebitamento: ristrutturazione debiti consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione incapiente), 84-120 (Concordato preventivo e misure protettive), 121-124 (Risoluzione e annullamento concordato), 268-277 (Liquidazione controllata).
  • Decreto Legge 24 agosto 2021, n. 118 conv. in L. 147/2021 – Introduzione della Composizione Negoziata e del Concordato Semplificato. Parti rilevanti: art. 2 (piattaforma telematica), art. 6-11 (esperto e misure protettive), art. 18 (concordato semplificato per liquidazione del patrimonio).
  • Decreto Legislativo 17 giugno 2022, n. 83Correttivo al Codice della Crisi per attuazione Direttiva UE 2019/1023. Ha inserito, tra l’altro, l’art. 64-bis e seguenti sul Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.
  • Decreto Legislativo 15 settembre 2024, n. 136Terzo Correttivo al CCII, in vigore dal 28/09/2024, con modifiche alle procedure di sovraindebitamento (ad es. limitazione liquidazione controllata per incapienti, accesso ex imprenditore solo a liquidazione e non a piano consumatore). [Pubblicato in G.U. n. 227 del 27-09-2024].
  • Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (abrogata dal 15/7/2022, salvo procedimenti pendenti) – vecchia legge sul sovraindebitamento. Utile come riferimento storico: definiva le soglie di non fallibilità e le tre procedure originarie (piano consumatore, accordo, liquidazione patrimoniale).
  • Codice Civile, art. 2740 e 2741 – principi di responsabilità patrimoniale e par condicio creditorum (richiamati ad es. in art. 64-ter CCII per piani di ristrutturazione).
  • Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Vecchia Legge Fallimentare) – abrogata, ma art. 1 delineava le soglie fallibilità (300k/200k/500k) ancora richiamate; art. 161 comma 1 l.f. su irrilevanza trasferimento sede un anno prima, applicato analogicamente al concordato semplificato.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 12/04/2023, n. 9730 – ha statuito che il concordato semplificato ex DL 118/2021 (ora art. 25-sexies CCII) è procedura concorsuale a tutti gli effetti, quindi irrilevanza del trasferimento sede nel anno antecedente ai fini competenza, in continuità tra norme DL 118 e art. 28 CCII.
  • Tribunale di Genova, 13/02/2025 (decreto di omologa concordato minore) – caso di cram-down fiscale: omologato concordato minore nonostante voto contrario Agenzia Entrate (creditore 88% del passivo) in virtù di art. 80 co.3 CCII, ritenendo il piano più vantaggioso per il Fisco rispetto alla liquidazione.
  • Tribunale di Pistoia, 28/07/2023 – primo esempio di concordato semplificato omologato: ha confermato che i creditori non votano ma possono opporsi; nel caso concreto è stato omologato un piano liquidatorio ritenuto soddisfacente, rigettando le opposizioni dei creditori
  • Tribunale di Verona, 25/10/2022 – omologa forzosa di concordato minore con Agenzia Entrate dissenziente (98% crediti) applicando art. 80 CCII, ritenendo soddisfatto il test di convenienza

Aziende Srl e Sovraindebitamento: Fatti Aiutare Da Studio Monardo

Hai una Srl che non riesce più a far fronte a debiti e impegni finanziari?
Fornitori, banche o il Fisco stanno bussando alla porta e la cassa è vuota?

⚠️ Una crisi aziendale può travolgere tutto: la società, l’amministratore e spesso anche il patrimonio personale.
Ma oggi ci sono strumenti legali per bloccare il crollo, ristrutturare i debiti e ripartire.

Cosa significa sovraindebitamento per una Srl

📉 Una società a responsabilità limitata è considerata sovraindebitata quando:

  • Non riesce più a pagare fornitori, tasse, banche o stipendi
  • Ha debiti superiori al valore dell’attivo
  • È a rischio di azioni esecutive o procedure concorsuali
  • Ha una continuità aziendale compromessa o interrotta

📌 In questi casi, non agire equivale a rischiare la responsabilità personale dell’amministratore.

Quando interviene l’Avvocato

🔍 L’Avvocato è fondamentale per:

  • Analizzare il reale stato di crisi della Srl
  • Valutare la responsabilità dell’amministratore
  • Impostare la strategia di protezione e risanamento
  • Gestire i rapporti con banche, fornitori, Fisco e OCC
  • Presentare istanze e piani al tribunale

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza i bilanci, la situazione fiscale e la posizione patrimoniale
📑 Redige piani di risanamento o liquidazione controllata
⚖️ Ti difende da azioni legali, istanze di fallimento o responsabilità personale
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🧩 Protegge l’amministratore da azioni risarcitorie e penali

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto societario e crisi d’impresa
✔️ Gestore della Crisi – iscritto al Ministero della Giustizia
✔️ Difensore di amministratori in azioni di responsabilità e fallimento

Conclusione

Anche una Srl può cadere sotto il peso dei debiti. Ma può anche risollevarsi, legalmente e con dignità.
Con la strategia giusta, puoi salvare l’azienda, l’amministratore e ripartire con una nuova visione.

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