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L’Europa entro il 2027 si libererà dei combustibili fossili russi, ma ora deve accelerare la transizione energetica e non cadere nella trappola statunitense

La Commissione europea ha presentato la roadmap per il phase out dalle importazioni di combustibili fossili e uranio dalla Russia entro il 2027. Con l’impegno di adottare a breve una proposta legislativa per fornire gli strumenti giuridici necessari a rescindere i contratti di importazione di gas russo. Un passo in avanti per eliminare il sostegno finanziario alla guerra russa in Ucraina, ma insufficiente a garantire la sicurezza energetica dell’Europa. Si continua a puntare sulla diversificazione dei Paesi per l’approvvigionamento di gas, soprattutto liquefatto (Gnl), e uranio. Senza prevedere un pacchetto di proposte per accelerare la transizione energetica con target ambiziosi per il phasing out da tutti i combustibili fossili e dal nucleare.

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Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Europa ha speso più di 208 miliardi di euro per le importazioni dalla Russia di combustibili fossili, di cui il 48% per il gas. Finanziando così la guerra, con crescenti rischi per la nostra sicurezza energetica e con prezzi dell’energia sempre più salati. Nel 2024 le importazioni di combustibili fossili dalla Russia ci sono costate 21,9 miliardi, superando i 18,7 di aiuti che l’Europa ha dato all’Ucraina. A questo si aggiunge la volatilità del mercato del gas, con un forte impatto sul costo della vita delle famiglie e sulla competitività delle imprese europee, che si trovano a far fronte a un costo del gas quasi raddoppiato rispetto ai livelli precrisi. Solo nel corso dello scorso anno, il prezzo è cresciuto del 59%, da 30 a 48 euro/MWh.

Purtroppo, nonostante i crescenti impatti delle importazioni di gas fossile su costi e sicurezza, in Europa sono in cantiere progetti per un’ulteriore espansione di rigassificatori e gasdotti, che rischiano di far aumentare la disponibilità di gas del 26% rispetto alla domanda prevista. Secondo una stima di Ember, si possono raggiungere 131 miliardi di metri cubi di capacità inutilizzata di gas fossile entro il 2030, con un potenziale sperpero di fondi pubblici e un ulteriore aumento di costi per imprese e famiglie.

L’Europa ha tutti i mezzi per eliminare entro il 2027 le importazioni di gas russo, accelerando la transizione, senza nuove infrastrutture. Tra il 2022 e il 2024 la domanda europea di gas si è ridotta di circa 100 miliardi di metri cubi, pari al doppio del volume di gas importato dalla Russia. Non c’è alcuna ragione per cadere nella trappola di una maggior dipendenza dal gas, in particolare statunitense. Come chiede Trump nell’ambito di un accordo sui dazi (con un aumento delle importazioni fino a 350 miliardi di dollari l’anno, quasi il triplo dell’attuale dimensione del mercato globale del Gnl).

Il phasing out dal gas russo è un’opportunità per lanciare una nuova strategia sulla sicurezza energetica europea, fondata su efficienza, rinnovabili, elettrificazione e modernizzazione della rete. Sulla scia di quanto proposto nel Clean industrial deal e nel Piano d’azione per un’energia a prezzi accessibili, dove si prevede un’espansione al 32% dell’elettrificazione e l’installazione di almeno 70 GW l’anno di rinnovabili entro il 2030. Solo così sarebbe già possibile ridurre le importazioni di combustibili fossili per ben 130 miliardi di euro l’anno. Con importanti benefici economici per famiglie e imprese.

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L’Europa entro il 2027 si libererà dei combustibili fossili russi, ma ora deve accelerare la transizione energetica e non cadere nella trappola statunitense

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Mauro Albrizio

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