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Il ministero dell’Ambiente ha aperto un tavolo per lo sviluppo della geotermia a bassa entalpia


La geotermia a bassa entalpia torna al centro del dibattito istituzionale nazionale. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha infatti ospitato oggi a Roma il convegno Sonde geotermiche a bassa entalpia: frontiere tecniche e normative, promosso dalla Direzione Fonti Energetiche e Titoli Abilitativi in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Geologi (CNG).

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L’incontro ha rappresentato un passaggio strategico per sviluppare una tecnologia che, come ha spiegato in apertura il Direttore Marilena Barbaro, «trova un potenziale applicativo molto elevato sul territorio nazionale, in quanto si presta a realizzare impianti di raffrescamento e riscaldamento di edifici di diverse dimensioni, dalla casa singola al condominio e oltre». Un’occasione per fare il punto sulle performance delle sonde geotermiche a circuito chiuso già sperimentate in Italia, ma anche sulle barriere normative e amministrative che ancora ne rallentano la diffusione.

La bassa entalpia – che sfrutta la temperatura costante del sottosuolo nei primi metri di profondità per produrre energia termica – rappresenta una soluzione tecnologicamente matura, a zero emissioni, in grado di fornire un contributo importante e immediato alla decarbonizzazione dei consumi termici, in linea con gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec).

A ribadirlo anche i rappresentanti del Ministero, tra cui la Segreteria tecnica del Ministro, che hanno illustrato le misure in campo per favorire l’utilizzo della risorsa geotermica e in particolare lo sviluppo della bassa entalpia. L’obiettivo è potenziare un comparto ancora sottoutilizzato, nonostante le sue potenzialità ambientali ed economiche.

Durante i lavori, la Regione Piemonte ha presentato le proprie iniziative, tra cui l’approvazione di linee guida regionali, la mappatura del potenziale geotermico e l’elaborazione di una carta geoenergetica. Esperienze che dimostrano come una governance territoriale proattiva possa accelerare l’adozione delle tecnologie geotermiche.

Fondamentale, in questo senso, il ruolo delle associazioni di categoria e del Consiglio nazionale dei geologi, che hanno sottolineato la necessità di semplificare i percorsi autorizzativi per gli impianti a sonde geotermiche, evidenziando la richiesta crescente da parte di cittadini, imprese e professionisti. Per incentivare gli investimenti nei sistemi di geoscambio è necessario ridurre le incertezze normative, facilitare l’accesso agli strumenti di finanziamento e definire una cornice nazionale unitaria.

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Un contributo rilevante è arrivato anche da Enea, che ha illustrato le attività condotte presso il Centro di Ricerca della Casaccia, dove è in funzione un impianto geotermico sperimentale a bassa entalpia. Particolare attenzione è stata riservata alle attività di misurazione della conducibilità termica in situ e in laboratorio, ai test per valutare la risposta termica dei diversi litotipi e al ruolo della falda acquifera in condizioni operative variabili.

Il mondo accademico, rappresentato dall’Università La Sapienza di Roma, ha posto l’attenzione sull’importanza di valutare con precisione il campo termico e l’area di influenza di ogni sonda, per garantire un utilizzo sostenibile delle risorse geotermiche e prevenire interferenze fra impianti. L’Università di Ginevra ha invece offerto un’analisi comparativa a livello europeo, mettendo a confronto le esperienze di Germania, Francia, Svizzera e Islanda con il contesto italiano, al fine di individuare buone pratiche replicabili e soluzioni per armonizzare i quadri normativi.

In un momento in cui le famiglie e le imprese italiane sono ancora fortemente esposte alla volatilità dei prezzi energetici, la geotermia rappresenta una risposta strutturale per rafforzare la sicurezza energetica e ridurre la dipendenza dalle fonti fossili.

Del resto come ha ricordato Riccardo Bani, presidente di ARSE, «il calore rappresenta circa due terzi della spesa energetica complessiva di famiglie e imprese. Senza una strategia complessiva, si rischia di intervenire in modo parziale su un problema strutturale, esponendoci in futuro alla necessità di nuove misure emergenziali ancora più costose». Per questo secondo Bani è necessario «investire in misure di riqualificazione profonda del patrimonio edilizio e sostenere tecnologie ad alta efficienza e zero emissioni, come le pompe di calore e i sistemi ibridi. Solo così si potrà ridurre in modo strutturale la spesa energetica e rafforzare la resilienza del sistema».



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