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Digitalizzazione Piccole e Medie Imprese: a che punto siamo


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Spesso vediamo, nei vari report che raccontiamo su questo blog, una serie di percentuali riferite alla crescita di alcuni fattori importanti quali il livello di digitalizzazione, i ricavi dalle vendite online e molto altro ancora. In questi approfondimenti spieghiamo sempre, pensando alla digitalizzazione, che i numeri del cambiamento digitale italiano, così come globale, provengono certamente dalle aziende di grandi e grandissime dimensioni, che come è ovvio possono permettersi interventi più massicci, assunzioni ad hoc e creazione quindi di compartimenti dedicati a determinate attività, basti pensare ad esempio alla cybersecurity. Chi fa più fatica sono, come al solito, le Piccole e Medie Imprese, specialmente in Italia, che dovendo affrontare situazioni più urgenti non hanno modo né risorse sufficienti per poter effettuare granché. Certo, questa è una sorta di generalizzazione, ma sono evidenti le problematiche comuni, per questo è materia di grande interesse il percorso che questi soggetti economici stanno facendo anno dopo anno per ovviare e recuperare terreno.

L’Osservatorio del Politecnico di Milano ha messo sotto la lente d’ingrandimento proprio le PMI italiane, per verificare lo stato dell’arte della loro digitalizzazione durante il 2025 ancora in corso. Innanzitutto, partendo da alcuni dati sulle percentuali di intervento vediamo che poco più della metà del campione dice di investire in modo deciso mentre poco meno del 20% usa già in modo regolare la tecnologia avanzata. Le problematiche maggiormente riscontrate, invece, esulano in parte dalle responsabilità delle PMI stesse poiché quasi la metà degli intervistati ha problemi sulle connessioni mentre il 60% non trova figure professionali ad hoc. Scendendo un po’ nel dettaglio è chiaro come si sia ancora lontani, con queste percentuali, da una situazione quantomeno accettabile per la digitalizzazione, per esempio la mancanza dei responsabili IT in almeno un terzo delle PMI analizzate, che oltretutto ricorrono ancora a sistemi basilari, non compenetrati ed usati per i comparti solo amministrativi. Quindi come vediamo manca proprio la diffusione interna di una coscienza sulle pratiche digitali e, di conseguenza, una vera e propria spinta al cambiamento, tutto questo congiuntamente coi problemi strutturali e infrastrutturali indicati in precedenza. Il parere degli esperti in materia è quindi piuttosto preoccupato, poiché questa lentezza va proprio nel modo opposto alla velocità dei mutamenti tecnologici, in un periodo anche economicamente difficile. Ovviamente, e lo ripeteremo più volte, nonostante le difficoltà è auspicabile anche un avanzamento a livello mentale di chi prende le decisioni sia nelle aziende che per il settore pubblico, altrimenti non si andrà mai da nessuna parte.

Passiamo invece a coloro che per la transizione si ritengono maggiormente lenti e prudenti, ovvero il 46% degli intervistati, poiché, un quinto degli intervistati, crede che il digitale non abbia un ruolo di grande importanza mentre per il 10% c’è proprio poca comprensione dei vantaggi, il 9% invece pensa gli strumenti siano cari ed infine il 7% non nutre direttamente alcun interesse. I problemi principali che vengono fuori, visto che l’83% di intervistati le denuncia per quel che riguarda il ricorso agli strumenti innovativi, al 44% sono dovuti a mancanze culturali, mentre il 59% lamenta proprio lo scarso expertise ed infine c’è un 40% di intervistati che si lamenta dei costi elevati. Ci sono poi, e ci torniamo, le problematiche infrastrutturali, visto che la connessione in fibra non arriva al 41% delle PMI italiane e visto anche che quasi la metà di esse lamenta comunque problemi, se poi guardiamo le zone italiane più di provincia, dove notoriamente i problemi di connettività si acuiscono, la percentuale di PMI con connessioni in FTTH passa sotto al 30%. Ultima nota dolente, non meno importante, è quello delle economics, poiché quasi il 50% delle piccole e medie imprese italiane non hanno sostegni esterni e quindi spendono le loro risorse per la digitalizzazione, è grave oltretutto il fatto che solo un terzo abbia avuto accesso a finanziamenti pubblici nel 2024 e soprattutto che per ricorrere ad essi siano necessari passaggi burocraticamente molto impegnativi in un contesto senza neanche troppo scambio di informazioni.

C’è poi il passaggio relativo ai costi elevati, uniti però alla oggettiva necessità di investimenti di tempo e risorse, di tutta la parte formativa dei propri dipendenti, ma sembra che in questo nelle PMI manchi ancora la sensibilità, visto che quasi il 40% di esse non dà priorità a queste tematiche. Sembra poi purtroppo che le varie attività formative vengano effettuate soltanto ai dipendenti, ma non al management ed ai proprietari, che quindi restano indietro e con loro anche la spinta verso il cambiamento. Ciò ovviamente si riflette anche sugli strumenti utilizzati che sono ancora abbastanza basilari, come ad esempio i sistemi gestionali ormai molto diffusi insieme a piccoli interventi sulla sicurezza, ma cresce ancora il ricorso ai servizi in Cloud e di siti E-commerce, ma in compenso sono molto bassi i numeri del ricorso ai big data. Il problema in questo caso però è il motivo per il quale si ricorre, ovvero la sola comodità, senza pensare invece alla spinta che potrebbe dare anche per le strategie aziendali, poiché strumenti come quelli per l’analisi dei dati, o l’AI ed altri possono far fare un passo avanti a tutto e tutti, ma non si usano nelle PMI. C’è però, nella paura generale, un 61% di piccole e medie imprese italiane che ha iniziato progetti per digitalizzare con supporti esterni, ovvero provider e simili, che è del tutto positiva e dà quantomeno l’idea di un minimo di razionalità nelle scelte.

Cosa prevede quindi il futuro? Sicuramente più compenetrazione della tecnologia anche nelle PMI del nostro paese, il problema sarà capire il ritmo dell’evoluzione. Questo potrebbe aumentare se aumentassero a loro volta anche le collaborazioni con aziende o realtà strutturate per la crescita digitale in quanto esperte, non solo dal punto di vista meramente tecnico e tecnologico ma anche da quello della formazione.

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