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perché l’Italia ha speso solo il 5%


  • I fondi strutturali europei 2021-2027 procedono a rilento: nonostante la programmazione quasi del 18% delle risorse, al 28 febbraio risultavano spesi appena il 5% dei fondi coesione UE.
  • Va un po’ meglio per i programmi regionali, dove è stato speso circa il 6% dei fondi, mentre le risorse affidate a programmi nazionali registrano spese effettive inferiori al 3%.
  • Il monitoraggio dei fondi coesione UE descrive anche l’esistenza di tre programmi nazionali che non hanno rendicontato nulla: si tratta di scuola e competenze; inclusione e lotta alla povertà; giovani, donne e lavoro.

I fondi di coesione UE rappresentano una grande opportunità per tutti gli Stati membri dell’Unione in quanto pensati per la riduzione delle disparità regionali e per lo sviluppo economico e sociale dei territori.

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La Commissione UE, di fronte alle atrocità che si stanno verificando in Ucraina, ha proposto di utilizzare una parte di questi fondi anche per la difesa: inevitabile lo scontro tra le forze politiche europee.

I fondi strutturali europei valgono complessivamente 392 miliardi di euro, pari a un terzo del bilancio europeo per il periodo 2021-2027, ma solo una minima parte di essi è stata effettivamente spesa e utilizzata dagli Stati membri per gli obiettivi prefissati. Le autorità nazionali, infatti, avrebbero preferito utilizzare dapprima altri fondi disponibili, come il piano NextGenerationEU, che mira a sostenere le economie nel percorso di ripresa.

Monitoraggio fondi coesione UE: i dati sulla spesa

A distanza di tre anni dall’avvio della programmazione dei fondi coesione UE per il 2021-2027, si registra una spesa di appena il 5,04%, ovvero 3,8 miliardi di euro su un totale di 74,9 miliardi di euro. Il livello di programmazione, alla data del 28 febbraio 2025, si attestava sul 17,97%.

Sono questi i principali dati presentati nel monitoraggio sull’attuazione delle politiche di coesione europee 2021-2027 realizzato dal servizio lavoro, coesione e territorio della Uil. Esaminando i singoli fondi (FESR, FSE+, JTF, FEAMPA) possiamo evidenziare una spesa effettiva inferiore, in tutti i casi, al 6%.

Tipologia di fondi Ambiti di intervento Risorse disponibili Spesa effettiva (%)
FESR Coesione sociale, economica e territoriale 44,1 miliardi 4,78%
FSE+ Lavoro, formazione e inclusione 28,6 miliardi 5,61%
JTF Interventi nella provincia di Taranto e Sulcis Iglesiente 1,21 miliardi 0,13%
FEAMPA Affari marittimi, pesca e acquacoltura 987 milioni 5,86%

I programmi nazionali e i gravi ritardi dell’Italia

I risultati peggiori si registrano sui programmi nazionali (Pn) affidati alle amministrazioni centrali dello Stato: a fronte di una programmazione del 16,23%, sono stati effettivamente spesi meno del 3% dei fondi disponibili. Secondo la Uil, inoltre, ci sarebbero ben 3 programmi nazionali che risultano completamente fermi:

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  1. Scuola e competenze;
  2. Inclusione e lotta alla povertà;
  3. Giovani, donne e lavoro.

Altri programmi nazionali, riguardanti tematiche quali la salute, la cultura, la sicurezza e legalità registrano rendicontazioni molto vicine allo zero.

I programmi regionali e la spesa effettiva

Spostando l’attenzione sui programmi regionali (Pr), si nota un leggero miglioramento nell’organizzazione, pianificazione e spesa dei fondi di coesione: su un totale di 48,3 miliardi di euro a disposizione, gli interventi programmati sono pari al 18,93%, con una spesa effettiva di oltre il 6%.

La Liguria è la regione che ha realizzato il maggior numero di interventi, utilizzando una percentuale maggiore di fondi a disposizione (18,18% delle risorse), seguita da Emilia Romagna (14,43%), Piemonte (13,84%), Lombardia (12,91%), Friuli Venezia Giulia (12,05%).

Fanalini di coda, invece, sono la Sicilia (ferma all’1,19%), l’Umbria (2,35%), la Sardegna (2,55%) e il Molise che non ha rendicontato alcuna spesa.

Perché l’Italia è in ritardo sull’utilizzo dei fondi UE

monitoraggio fondi coesione ue

Il ritardo nell’utilizzo dei fondi di coesione Ue non è un problema che riguarda solo l’Italia: sono numerosi i paesi comunitari ancora indietro nella rendicontazione delle risorse disponibili. I motivi di questo andamento piuttosto lento possono essere molti: dalle conseguenze economiche e sociali che la pandemia ha lasciato agli Stati fino alle modifiche sulla normativa e sull’utilizzo di questi fondi adottate dalla Commissione europea in corso d’opera.

Non solo: la Commissione europea, in seguito al periodo di Covid-19, aveva concesso più tempo agli Stati membri per l’utilizzo dei fondi relativi alle annualità 2014-2020 (con scadenza estesa alla fine del 2024), andando quindi ad accavallare la progettazione dei nuovi interventi con la gestione dei progetti precedenti.

Se tutto questo non bastasse, gli Stati membri hanno preferito utilizzare dapprima altre risorse relative ad altri fondi: nel caso italiano, tutti gli sforzi si sono concentrati sugli interventi previsti dal PNRR, le cui risorse sono in scadenza nel 2026, piuttosto che i fondi europei la cui scadenza è prevista alla fine del 2029.

Fondi coesione UE: cosa sono e come funzionano

Istituiti nel 1994 i fondi di coesione UE si pongono come obiettivo il finanziamento di progetti a favore dell’ambiente e della rete transeuropea negli Stati membri il cui reddito nazionale lordo (RNL) pro capite è inferiore al 90% della media dell’UE. Con lo stanziamento di risorse a livello comunitario, quindi, l’Unione Europea vuole promuovere e rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale nei Paesi comunitari, riducendo le disuguaglianze regionali.

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Nel periodo di programmazione 2021-2027 le risorse dei fondi coesione UE sono orientate al sostegno di:

  • investimenti in materia ambientale, legati anche allo sviluppo sostenibile e all’energia;
  • infrastrutture e trasporti per potenziare le reti transeuropee;
  • assistenza tecnica.

Una recente proposta avanzata dalla Commissione UE riguardava la possibilità di spendere una parte dei fondi di coesione per la sicurezza: in particolare, per investimenti in aziende che operano nel settore della difesa o per la costruzione di infrastrutture utili ai fini militari. I fondi di coesione, però, non si potranno utilizzare per l’acquisto vero e proprio di armi.



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