È legge l’iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori. Incentivi fiscali fino a 5mila euro sugli utili e esenzione dividendi. Un passo verso la cogestione all’italiana.
È un passo significativo per il mondo del lavoro italiano: l’iniziativa popolare promossa dalla CISL sulla partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale è finalmente diventata legge, pur con alcune modifiche rispetto al testo originario. L’obiettivo è favorire un modello di governance aziendale più inclusivo, che guardi alle esperienze europee come la cogestione tedesca, senza imporre obblighi, ma offrendo un sistema di incentivi per le imprese.
La nuova normativa non parte dal nulla. Già prima della sua approvazione, il panorama italiano contava diverse esperienze di coinvolgimento dei dipendenti attraverso i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL). In settori chiave come la grande industria metalmeccanica e chimica, circa due accordi collettivi su tre già prevedevano procedure e prassi partecipative che andavano oltre la mera consultazione, coinvolgendo i lavoratori nell’organizzazione e nei processi decisionali.
Più utili in busta paga e dividendi agevolati
Il cuore propulsivo della nuova legge risiede nelle agevolazioni fiscali pensate per favorire la partecipazione economica dei lavoratori.
Per il 2025, sale da 3mila a 5mila euro lordi il limite dell’importo complessivo sul quale si applica l’imposta sostitutiva del 5% per la distribuzione agli utili d’impresa ai dipendenti.
Per accedere a questo beneficio, la quota di utili distribuita ai lavoratori non deve essere inferiore al 10% degli utili totali e la distribuzione deve avvenire in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali. È importante notare che, dopo il 2027, l’aliquota di questa imposta sostitutiva è destinata a salire al 10%.
Il regime fiscale agevolato è però condizionato al reddito da lavoro dipendente del beneficiario, che nell’anno precedente a quello di percezione degli emolumenti non deve aver superato gli 80mila euro.
Una novità specifica per quest’anno riguarda i dividendi. Per il 2025, i dividendi corrisposti ai lavoratori e derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato sono esenti dalle imposte sui redditi per il 50% del loro ammontare, con un limite massimo di 1.500 euro. Superata questa soglia, si applicherà l’ordinaria ritenuta del 26%.
L’ingresso dei lavoratori nel capitale sociale e nei Cda
La legge incentiva anche l’ingresso dei lavoratori nel capitale della società, individuando diversi strumenti per attuare la partecipazione finanziaria dei dipendenti.
I piani di partecipazione finanziaria dei dipendenti possono individuare anche i seguenti strumenti di ingresso nel capitale della società: azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro (articolo 2349 Cc); acquisto delle proprie azioni (articolo 2357 Cc); altre operazioni sulle proprie azioni (articolo 2358 Cc); offerta delle azioni in sottoscrizione ai dipendenti, con esclusione di diritti di opzione di altri soggetti (articolo 2441, ottavo comma, Cc).
Ma la partecipazione non è solo economica. La legge introduce la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di entrare nei consigli di sorveglianza o di amministrazione, a seconda del modello di governance aziendale (dualistico o monistico). Questo può avvenire se gli statuti societari lo prevedono e se la fattispecie è disciplinata da contratti collettivi. La selezione avviene tramite processi democratici definiti dagli stessi CCNL, nel rispetto dei requisiti di professionalità e onorabilità. È possibile la presenza di almeno un rappresentante dei lavoratori aderenti ai piani di partecipazione finanziaria.
Consultazione, formazione e un sindacato diviso
Il provvedimento mira a promuovere la creazione di commissioni paritetiche per la predisposizione di piani di miglioramento e di innovazione (di prodotti, processi produttivi, servizi e organizzazione del lavoro). La partecipazione consultiva prevede che le rappresentanze sindacali unitarie (RSU), quelle aziendali o, in loro assenza, i rappresentanti dei lavoratori e le strutture degli enti bilaterali, siano informati e consultati in via preventiva sulle scelte aziendali. Entro trenta giorni dalla fine della procedura di consultazione, il datore di lavoro è tenuto a convocare la commissione paritetica per illustrare l’esito e motivare eventuali mancati recepimenti del parere.
Per i rappresentanti delle commissioni paritetiche è previsto un percorso formativo di almeno dieci ore l’anno, finalizzato a sviluppare competenze tecniche specialistiche e trasversali. Presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), sarà istituita una commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori, con funzioni interpretative e d’indirizzo.
Tuttavia, il percorso parlamentare del ddl ha generato divisioni tra le sigle sindacali. Se la CISL parla di “pagina storica” e di attuazione dell’articolo 46 della Costituzione (che riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende), la CGIL critica, sostenendo che “si cancella la contrattazione e la si sostituisce con una logica di subordinazione delle relazioni nelle imprese”. Anche la UIL rimarca un “passo indietro rispetto agli obiettivi originari”. La ministra Marina Calderone, invece, rivendica l’apertura di una “nuova fase dei rapporti nel mondo del lavoro”.
Tra le critiche dell’opposizione, il fatto che i lavoratori non abbiano una quota minima fissa nei consigli di sorveglianza delle imprese con sistema dualistico, e che nelle altre società la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori ai consigli d’amministrazione sia demandata agli statuti societari (se disciplinata dal CCNL), e non direttamente ai contratti collettivi.
Esperimenti già in corso: la partecipazione è già realtà in molte aziende
Nonostante il dibattito, il principio della partecipazione dei lavoratori non è una novità assoluta in Italia. Molte aziende, anche prima di questa legge, hanno già avviato significative esperienze. L’osservatorio Adapt riporta come in alcuni grandi gruppi industriali siano già operativi commissioni e osservatori, sebbene la partecipazione sia prevalentemente consultiva e quasi sempre mediata dalle rappresentanze sindacali, raramente decisionale.
Il settore metalmeccanico si distingue per l’avanguardia: aziende come Brembo, Piaggio, Toyota e Ducati hanno istituito organismi per migliorare processi produttivi, formazione e organizzazione del lavoro. Il 7% degli accordi nel settore prevede la “Cassetta delle Idee”, un canale per i lavoratori per proporre suggerimenti diretti. Anche il CCNL chimico-farmaceutico prescrive osservatori aziendali nelle imprese con più di cinquanta dipendenti, mentre quello tessile-abbigliamento-moda prevede tavoli permanenti azienda-sindacati per monitorare gli accordi.
Esperienze di partecipazione consultiva si riscontrano in Poste Italiane, nel gruppo Burgo, in Luxottica (che combina partecipazione consultiva, organizzativa e finanziaria), Campari, Ferrero, Lactalis-Galbani e Parmalat. Anche le piccole e medie imprese sono attive: l’Elettrotecnica Rold ha pratiche partecipative con consultazione diretta su innovazioni e investimenti. L’accordo Assolombarda 2019 sperimenta forme territoriali di partecipazione. Non mancano, infine, accordi sul welfare aziendale che definiscono benefit condivisi (sanità integrativa, buoni spesa) con monitoraggio congiunto tra azienda e sindacati.
Il provvedimento, con opportuni adattamenti, si applicherà anche alle cooperative, estendendo il raggio d’azione di questa nuova fase di collaborazione nel mondo del lavoro.
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