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A giugno 2025 entra in vigore l’European Accessibility Act: la guida


Il web è oggi più che mai un mondo parallelo in cui passiamo una parte importante della nostra vita quotidiana e all’interno del quale svolgiamo operazioni sempre più importanti. Dall’intrattenimento ai social network, dalla formazione professionale alle prenotazioni mediche, fino alla tenuta della contabilità personale e familiare, tutto ormai passa attraverso i device digitali. Ma un numero considerevole di persone oggi non riesce ad accedere con semplicità a siti e servizi digitali pubblici. Da giugno 2025, con l’entrata in vigore dell’European Accessibility Act garantire senza discriminazioni l’accesso a prodotti e i servizi digitali diventa un obbligo di legge, per moltissime realtà con tanto di sanzioni.

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Accessibilità digitale, numeri e ombre di un diritto non ancora universale

I numeri dell’Oms sono espliciti: il 16% della popolazione mondiale, 1.3 miliardi di persone, ha oggi qualche tipo di disabilità; in Europa sono 101 milioni (il 27% della popolazione), mentre in Italia è il 22%, quasi 13 milioni di cittadini. Diretta conseguenza è la spesa che le famiglie con almeno una persona disabile sostengono: 13 trilioni di dollari annui, 40 miliardi di euro solo nel nostro Paese.  Eppure, ancora oggi il 98% dei siti è non accessibile, del tutto o in parte, alle persone cieche o che hanno altre forme di disabilità. Parlare dunque accessibilità digitale vuole dire quella possibilità di accedere, utilizzare servizi e contenuti tecnologici, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche, sensoriali o cognitive degli utenti. I dati certificano però che, oltre alle barriere architettoniche, persistono quelle digitali, non meno impattanti: un’ombra scura sulla rivoluzione digitale degli ultimi anni. Dare una piena accessibilità web a tutti, senza lasciare indietro nessuno, è dunque un dovere e impegno etico da portare avanti.

In questo senso gli errori o gli ostacoli alla navigazione sono ancora tanti. Per fare degli esempi concreti, una delle difficoltà maggiori sono i form di registrazione da compilare online in cui mancano o sono parziali le etichette descrittive. Un sito web accessibile dovrebbe invece avere testi leggibili e ben strutturati, adatti anche a chi utilizza screen reader, con contrasti visivi adeguati e una navigazione semplificata, che faciliti l’interazione anche agli anziani o ai sub-tecnologici. Questa è l’accessibilità, la cui mancanza comporta per siti e applicativi perdita di fiducia, scarsa fidelizzazione e, in definitiva, un importante danno reputazionale.

Il quadro normativo

La materia è relativamente recente e anche la legislazione, come in altri ambiti legati alla transizione digitale, ha visto la luce a inizio anni 2000.  A mettere ora ordine sarà l’entrata in vigore dell’European Accessibility Act il 28 giugno 2025. L’EAA ha come obiettivo l’abbattimento delle barriere digitali che ancora oggi impediscono a milioni di persone di accedere a prodotti e servizi essenziali tramite la rete. La normativa ha come riferimento tecnico la norma UNI EN 301 549 e coinvolge direttamente governi, operatori economici, aziende pubbliche e private, chiamati tutti a svolgere la propria parte. In Italia il DL 76/2020 aveva anticipato alcuni passaggi tramite le Linee guida AgID, che indicavano alle pubbliche amministrazioni come erogare servizi informatizzati in modo accessibile. Il D.Lgs. 82/2022 ha inoltre fissato l’impegno dell’Italia a rimuovere le barriere digitali e a promuovere una società digitale inclusiva. Significativo è che proprio mentre l’EAA preannuncia un salto epocale, l’Italia ha istituito la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, organismo indipendente di vigilanza sull’applicazione di politiche inclusive e delle relative normative.

La rivoluzione dell’European Accessibility Act

Con l’EAA arriva dunque un impianto normativo di trasformazione profonda, tanto da far parlare di vera rivoluzione culturale. Gli obblighi di accessibilità si estenderanno infatti a prodotti e servizi indipendentemente dal settore merceologico. Tra i prodotti che dovranno essere accessibili, hardware e sistemi operativi rivolti al pubblico, dispositivi di pagamento, lettori di libri elettronici e altri device. Quanto ai servizi, sono inclusi quelli di comunicazione elettronica, i media audio-visivi, quelli di trasporto aereo, navale e ferroviario, i servizi bancari rivolti ai consumatori. Rilevante è anche l’allargamento della platea delle imprese soggette all’EAA, con l’eccezione delle “microimprese”, ovvero quelle con meno di 10 dipendenti e un fatturato o bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro, sulle quali sarà comunque fatta un’azione di stimolo.

I requisiti di accessibilità sono già esplicitati nell’Allegato 1 del D.Lgs. 82/2022, sezioni 3 e 4: le informazioni fornite dovranno essere percepibili, comprensibili e accessibili attraverso più canali sensoriali, e devono essere disponibili in formati testuali compatibili con i supporti assistivi. In secondo luogo, le interfacce utente devono rispettare i principi di percepibilità, utilizzabilità, comprensibilità e robustezza, garantendo un’esperienza di navigazione inclusiva e la compatibilità con le tecnologie assistive. Quanto ai sistemi di identificazione e pagamento, per cuil’autenticazione e i metodi dovranno essere progettati in modo da garantire accessibilità, utilizzabilità e comprensibilità per tutti gli utenti, gli Stati membri possono decidere alcune eccezioni: ad esempio, i terminali self-service (bancomat, totem di biglietteria) installati prima del 28 giugno 2025 potranno essere utilizzati fino alla fine del loro ciclo di vita tecnica, fino a un massimo di 20 anni. 

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Le sfide per l’Italia dell’European Accessibility Act

Protagonista e punto di riferimento sul tema nel nostro Paese è ormai da alcuni anni AccessiWay, prima società verticale sul tema dell’accessibilità digitale. Nata a Torino nel 2021, i suoi staff da anni lavorano con dedizione e competenza perché l’accessibilità diventi parte integrante di un sistema consolidato e non più il frutto di fughe in avanti illuminate. Con loro cerchiamo di tracciare la road map delle sfide che attendono il nostro Paese, dall’armonizzazione degli standard attraverso il mercato digitale unico, alla sfida cruciale delle verifiche e dei controlli. Ad oggi, infatti, non esiste ancora una vera e propria certificazione di conformità, e perché le normative siano veramente applicate e rispettati gli obblighi legali previsti, si pone necessariamente il tema delle sanzioni e del loro potere dissuasivo: “L’EAA stabilisce che gli Stati membri definiscono quali siano le sanzioni applicabili, chi le governa e ne garantisce l’applicazione – afferma Enrico Balbo, Project Manager di AccessiWay –. In Italia è l’AgID, secondo cui le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Queste possono variare a seconda del prodotto o del servizio, e comportare dall’oscuramento del servizio online, al ritiro dell’app mobile dallo store.

Possono anche essere sanzioni amministrative pecuniarie, che variano dai 2.500 euro ai 40 mila euro (per le Pmi), oppure fino al 5% del fatturato per le e-corporate. Le segnalazioni di non conformità – prosegue Balbo – possono essere fatte a seguito di un controllo AgID diretto, oppure, molto importante, dagli utenti finali ai sensi della legge 67/2006, una legge di civiltà sul diritto di non essere discriminato”. Sfida altrettanto gravosa, l’Italia deve estendere l’accessibilità a vari settori produttivi, dagli appalti pubblici ai media e la cultura, dai trasporti a tutti quei prodotti e servizi aperti al pubblico. In sintesi, l’Italia deve promuovere e allo stesso garantire l’implementazione dell’EAA a tutto campo. Lo strumento che per ora darà la misura di compliance è la Dichiarazione di Accessibilità, un documento che ogni attore che opera nell’universo digitale, pubblico e privato, dovrà emettere entro il 23 settembre di ogni anno. “Queste dichiarazioni saranno verificate, e sarà il primo strumento di vigilanza da parte di AgID dice Jacopo Deyla, Chief Accessibility Officer di AccessiWay –. Ma il punto è: quando c’è conformità? Quando è parziale? È compliance quando il 100% del campione valutato rispetta tutti i requisiti. Ma i criteri da soddisfare sono tanti (oltre 130 per i siti e 160 per app e software) ed è evidente che quasi tutti si trovano in una zona grigia. Bisogna quindi capire qual è il livello accettabile, quando non si esclude nessuno, ed è proprio quello che facciamo attraverso i nostri audit”. 

La consulenza Accessiway per un web più inclusivo e fruibile

Accessiway mira a creare una cultura dell’accessibilità e di abbattimento delle barriere digitali attraverso manifestazioni ed eventi. La crescita anno dopo anno è esponenziale: dal 2023 AccessiWay ha rilasciato 5 nuovi prodotti e servizi, con 225 sessioni della sua Academy, 1200 siti analizzati, e oggi può contare ben 1000 clienti, 530 partner B2B, 100 membri del team, divisi sulle 4 sedi europee, tra cui Parigi, Vienna e Amburgo. “Durante l’esperienza terribile della pandemia ci siamo accorti come l’e-commerce sia anche uno strumento di libertà per le persone con disabilità ci dice Dajana Gioffré, Chief Vision Officer di AccessiWay. Perché ovviamente la vita è interconnessa, non solo il web, e ci sono delle aree che hanno un impatto diretto sulla qualità della nostra vita. Pensate a una persona ipovedente, che in un negozio fisico chiede informazioni all’assistente, invece nell’e-commerce questo non è possibile”. Una piena accessibilità comporta, tra l’altro, la possibilità di conoscere le caratteristiche dei prodotti, l’accesso a quelli consigliati da persone con la stessa disabilità, fino alla facilitazione delle procedure di reso. AccessiWay punta a creare questo mindset di inclusione attraverso tre fasi (assesment, rimediazione, formazione), passando dai briefing iniziali per individuare i touch point su cui intervenire, fino alla fornitura di un software plug-in con 51 regolazioni personalizzabili. “Il nostro è un doppio approccio, sia quello dal punto di vista delle necessità e degli obblighi di chi pubblica siti web e app, ma anche dal lato di chi deve utilizzarli – prosegue Dajana Gioffré–. Proviamo l’esperienza di acquisto con i clienti finali attraverso uno user test in cui verifichiamo se il cliente riesce, non solo accedere, ma anche poi concretamente ad acquistare il prodotto”.

Tra le necessità per rendere effettiva l’accessibilità del web c’è quella di un linguaggio chiaro e intuitivo, di vitale importanza in particolare per le persone con disabilità neuro-divergente (dislessia, autismo, ADHD). “C’è anche il tema dei documenti accessibili, che sono l’argomento del decennio. dice Paolo Berro, VP di Accessibilità di AccessiWay –. Sui documenti accessibili c’è ancora un vuoto normativo e culturale importantissimo, ma il processo dell’e-commerce riguarda anche molti documenti pdf, contratti, proposte di contratto. Ne abbiamo tantissimi casi”. Diverse le partnership che AccessiWay ha stretto con associazioni come FISH, APRI, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e altre. Il suo raggio di azione però arriva ormai anche oltre i confini nazionali come membro dell’IAAP, la community internazionale dei professionisti dell’accessibilità. “Nati per aver impatto” recita il claim della vision aziendale, che sintetizza appieno il cambio di paradigma che AccessiWay ha promosso in soli 4 anni per rendere la rete un ambiente più accessibile, partecipato ed inclusivo. Una vocazione e un impegno ispirati da quel diritto universale alla vita contenuto nella Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, per cui gli Stati “adottano tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità”.



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