L’Europa ha lanciato la sua risposta al dominio americano e cinese nel settore delle startup. La Commissione europea ha presentato oggi la strategia “Choose Europe to Start and Scale“, un piano ambizioso che mira a trasformare il continente nella principale destinazione mondiale per le aziende tecnologiche innovative. L’iniziativa, guidata dalla commissaria Ekaterina Zaharieva – prima responsabile Ue dedicata esclusivamente a startup, ricerca e innovazione – arriva in un momento cruciale, in cui l’Europa controlla appena l’8% delle scaleup globali contro il 60% del Nord America, secondo i dati ufficiali della Commissione. Il documento rimane tuttavia vago sui meccanismi concreti di implementazione e sui tempi necessari per colmare un divario che si è consolidato in decenni.
Un ritardo strutturale che va oltre i finanziamenti
Il gap competitivo dell’Europa nel settore delle startup si manifesta infatti attraverso numeri impietosi, cifre che evidenziano lacune strutturali profonde che vanno oltre la semplice carenza di capitali. Le aziende innovative europee attraggono solo il 5% del capitale di rischio globale, rispetto al 52% degli Stati Uniti e il 40% della Cina, stando ai dati del Fondo monetario internazionale. Del resto, nemmeno una startup fondata nell’Unione europea negli ultimi cinquant’anni è riuscita a superare una valutazione di 100 miliardi di euro, mentre sei società americane hanno già oltrepassato la soglia dei mille miliardi. La strategia europea riconosce peraltro che molte delle startup più promettenti del continente finiscono per trasferirsi altrove per accedere ai capitali necessari alla crescita, ma non affronta le cause culturali di questo fenomeno. Secondo France digitale, associazione che rappresenta l’ecosistema startup francese, questo fenomeno potrebbe costare all’Europa fino a mille miliardi di euro annui in valore di mercato perduto. Per contrastare questa tendenza negativa la Commissione ha identificato cinque aree prioritarie di intervento, ciascuna delle quali affronta ostacoli specifici che impediscono alle aziende innovative di crescere all’interno del mercato unico.
I 5 pilastri della nuova strategia europea
Il primo pilastro riguarda la semplificazione delle regole. Oggi una startup che vuole espandersi da Milano a Berlino deve confrontarsi con normative nazionali completamente diverse su fallimenti, tasse e contratti di lavoro. Per superare questo ostacolo, Bruxelles propone un “regime europeo numero 28”: una sorta di status legale opzionale per le aziende innovative, con regole comuni in tutta l’Unione. Previsto anche un portafoglio digitale europeo per facilitare l’interazione delle imprese con le amministrazioni pubbliche, e la creazione di cosiddette sandbox regolatorie, spazi protetti in cui le startup potranno sperimentare nuove tecnologie senza il peso immediato delle normative esistenti.
Il secondo e il terzo pilastro affrontano il nodo cruciale dei finanziamenti. I fondi pensione europei – che gestiscono trilioni di euro – oggi investono pochissimo nelle startup. L’Unione vorrebbe incentivarli a farlo, anche attraverso un nuovo “Scaleup europe fund”, un fondo pubblico-privato pensato per sostenere le imprese in fase di crescita. Altra novità è l’iniziativa “Lab to Unicorn”, che mira a colmare il divario tra università e mercato: l’idea è creare hub europei in grado di trasformare la ricerca scientifica in prodotti e aziende di successo. Bruxelles punta inoltre a coinvolgere grandi investitori, come fondi sovrani e assicurazioni, in un “patto volontario” per finanziare l’innovazione. A tutto questo si affianca il rafforzamento del Consiglio europeo per l’innovazione, che aumenterà le risorse disponibili per le imprese tecnologiche ad alta intensità di ricerca.
Il quarto e il quinto pilastro riguardano le persone e le infrastrutture. Per attrarre imprenditori e lavoratori qualificati da fuori Europa, la Commissione propone la “Blue carpet initiative”, un piano per rendere più semplice l’arrivo e la permanenza di talenti stranieri. Al centro di questo intervento c’è la riforma della Blue Card, un permesso di soggiorno europeo pensato per i lavoratori altamente qualificati, ma finora poco utilizzato. A muoversi nella stessa direzione c’è anche un’altra iniziativa che si chiama Choose Europe for science, ed è un programma da 500 milioni di euro annunciato il mese scorso dalla presidente Ursula von der Leyen, pensato per attrarre ricercatori di alto livello – in particolare dagli Stati Uniti – approfittando anche dei recenti tagli ai finanziamenti per le università americane. Tornando ai 5 pilastri per le startup, la Commissione ha fatto sapere che punterà anche a rendere più vantaggioso, dal punto di vista fiscale, l’uso delle stock option, cioè la possibilità per i dipendenti di ricevere azioni della startup in cui lavorano: oggi, in molti paesi europei, queste sono tassate come reddito ordinario e non come investimento, scoraggiandone l’utilizzo.
Per finire, sul piano delle strutture, Bruxelles vuole facilitare l’accesso delle startup a laboratori pubblici, centri di ricerca e infrastrutture scientifiche. Una nuova “Carta di accesso” servirà a uniformare le regole per utilizzare queste risorse in tutta Europa. I risultati delle iniziative verranno monitorati tramite indicatori di performance globali, con un primo bilancio previsto entro la fine del 2027. Tutte queste iniziative si inseriscono all’interno del Competitiveness Compass, il piano strategico presentato dalla Commissione a fine gennaio ispirato ai report di Mario Draghi ed Enrico Letta per rafforzare la competitività dell’Unione entro il 2030.
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