Investi nel futuro

scopri le aste immobiliari

 

barriere interne Ue come dazi del 110% sui servizi


Draghi e Meloni sulla stessa linea: “L’Europa si auto-sabota, serve un mercato davvero unico”.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

(Foto: Fmi, il capo economista Pierre Olivier Gourinchas).



L’Ue ha tutto per crescere, ma si blocca da sola


Con 450 milioni di abitanti, un tasso di risparmio elevatissimo (ogni anno 300 miliardi di euro lasciano l’Europa per cercare rendimenti altrove) e una disoccupazione ai minimi storici, l’Unione Europea avrebbe tutte le carte per tornare a correre. Eppure, non lo fa. Non per colpa dei dazi di Trump, né della concorrenza asiatica, ma per un insieme di ostacoli costruiti all’interno dei suoi stessi confini.

Il Fondo Monetario Internazionale ha definito questi ostacoli veri e propri dazi interni”, che “agiscono come una tassa occulta sulla competitività”. Parliamo di barriere regolamentari, rigidità nei mercati, normative divergenti tra gli Stati membri, sussidi statali mal congegnati e una cultura economica ancora troppo legata alla tutela degli interessi nazionali. Il risultato? Un freno alla crescita che, secondo i calcoli dell’FMI, equivale a tariffe del 44% sul commercio di beni e del 110% sui servizi.

________________________________________

Draghi l’aveva detto: “Servono armonizzazione, capitale di rischio, coraggio”

Già nel suo discorso del febbraio 2025 a Bruxelles e poi a Coimbra a maggio, Mario Draghi era stato categorico: “La vera sfida dell’Europa non è rispondere a Trump o alla Cina, ma smettere di auto-limitarsi. Serve standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali”. Aveva definito “imperdonabile” che nel 2025 l’Ue non sia ancora riuscita a costruire un vero mercato dei capitali, denunciando i veti incrociati degli Stati membri che impediscono l’integrazione delle borse e la libera circolazione del capitale di rischio.

“La protezione delle imprese improduttive e dei mercati chiusi fa più male all’Europa dei dazi americani”, ha detto Draghi il 14 maggio 2025 durante il suo intervento all’Università di Coimbra. “Non possiamo più permetterci il lusso della frammentazione. I grandi investimenti nell’intelligenza artificiale e nella transizione verde richiedono una massa critica che solo un’Europa integrata può offrire”.

________________________________________

Meloni sulla stessa linea: “Rimuovere i dazi interni che ci siamo autoimposti”

Anche la premier Giorgia Meloni ha sposato questa visione. Parlando all’Assemblea nazionale di Confindustria a Bologna, ha rilanciato con forza il tema: “L’Europa deve avere il coraggio di rimuovere i dazi interni che si è autoimposta in questi anni. Non possiamo più permetterci un mercato unico che non è davvero unico”.

Meloni ha citato direttamente i dati del Fondo Monetario, sostenendo che se l’Ue vuole tornare a crescere deve “liberarsi dai vincoli invisibili ma pesantissimi che strangolano la concorrenza e la produttività”. Le sue parole, accolte da un lungo applauso in platea, sono sembrate il preludio a una possibile convergenza tra Roma, Berlino e Parigi su una riforma strutturale del mercato interno.

________________________________________

I muri che dividono: cosa sono i “dazi interni”

Ma cosa sono concretamente questi “dazi interni”? Si tratta di una galassia di barriere invisibili, ma molto reali:

Normative nazionali divergenti, che complicano il commercio e aumentano i costi per le imprese: basti pensare alle differenze nelle leggi fallimentari o nei regimi fiscali.

Protezione dei settori maturi, spesso con sussidi statali che distorcono la concorrenza: dalla siderurgia all’automotive.

Ostacoli alle fusioni transfrontaliere, specialmente nel settore bancario, dove l’integrazione è bloccata da interessi nazionali consolidati.

Burocrazia inutile: per comprare un’auto in Europa ci sono ancora 27 regimi nazionali per l’immatricolazione, mentre negli Stati Uniti basta farlo in uno qualsiasi dei 50 Stati.

Sovraregolazione digitale: con oltre 100 normative diverse, il solo GDPR fa aumentare i costi per i dati del 20% rispetto agli USA.

________________________________________

Le conseguenze: investimenti in fuga e produttività al palo

Secondo i dati FMI e Commissione Europea, tra il 2010 e il 2024 la produttività dell’Europa è cresciuta mediamente del 10%, contro il 35% degli Stati Uniti. Il gap con l’economia americana è salito al 30%. E la causa non è la mancanza di risorse: l’Europa ha risparmi, tecnologia, manodopera qualificata. Ciò che manca è un ambiente favorevole agli investimenti.

Ogni anno, secondo i dati della Banca Centrale Europea, oltre 300 miliardi di euro lasciano l’Ue per cercare occasioni migliori in Asia, negli Stati Uniti o nei mercati emergenti. “Siamo seduti su una montagna d’oro ma continuiamo a litigare su chi deve portare la pala”, ha detto con ironia l’ex commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni durante un forum economico a Roma.

________________________________________

Il nodo delle banche: da volano a freno alla crescita?

Una delle spine più dolorose è il settore bancario. Le normative ancora troppo legate ai singoli Stati impediscono la nascita di un vero sistema bancario europeo integrato. Le banche continuano a operare con una logica domestica, prestando solo sul territorio nazionale, proteggendo il “cliente storico” ma evitando l’innovazione.

L’FMI è netto: bisogna permettere alle banche di prestare “indistintamente in tutta Europa”, eliminando il concetto di “territorialità bancaria” e distribuendo il rischio dove c’è più rendimento. In questo senso, le fusioni transfrontaliere – come quella tra UniCredit e Société Générale, su cui circolano voci insistenti – rappresenterebbero una svolta epocale. Ma a oggi, le autorità nazionali restano riluttanti a cedere potere di vigilanza e controllo.

________________________________________

Verso una svolta? I segnali (timidi) di Bruxelles

Negli ultimi mesi qualcosa si muove. A fine marzo 2025 la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato un piano per rafforzare il mercato unico entro il 2030. Obiettivo: abbattere 50 ostacoli interni individuati in un rapporto congiunto di BCE, FMI e BEI. Bruxelles ha proposto anche la creazione di un’autorità per l’integrazione dei mercati, con poteri reali di armonizzazione normativa.

Ma serve di più: serve volontà politica. E su questo Draghi ha lanciato l’avvertimento più pesante: “Se continuiamo così, non sarà Trump a sconfiggere l’Europa, ma l’Europa stessa”.

________________________________________

Meno protezioni, più coraggio

Il paradosso europeo è tutto qui: un continente che ha i mezzi per guidare la crescita globale, ma che si incatena da solo con vecchie logiche. Le protezioni statali, le regole frammentate e i particolarismi nazionali hanno creato un sistema inefficiente, che oggi pesa sulla crescita più dei dazi imposti da Trump o dalla Cina.

“L’Europa deve avere il coraggio di guardarsi allo specchio – ha detto Draghi – e ammettere che il nemico non è fuori. È dentro casa nostra. E si chiama status quo”.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Prestito personale

Delibera veloce