In Italia è in atto un progressivo alleggerimento del supporto del sistema bancario all’economia reale. Un fenomeno che rischia di creare un corto circuito finanziario per le piccolo e medie imprese. Ad accendere il faro sulla questione è lo studio di EY che questo giornale è in grado di anticipare.
La ritirata del credito degli ultimi 15 anni
Il rapporto evidenzia come negli ultimi quindici anni lo stock di prestiti bancari (dati di Bankitalia) alle imprese non finanziarie sia sceso da 870 miliardi di euro nel 2010 a circa 600 miliardi nel 2024, con una riduzione di circa il 30% in termini nominali, ben più marcata se si considerano gli effetti dell’inflazione. Ancora più preoccupante è il rapporto tra credito bancario e pil nominale, crollato dal 56% al 27% nel periodo.
I tre fattori che influenzano la ritirata
A pesare sono almeno tre fattori principali: l’adozione delle norme di Basilea III e da gennaio 2025 Basilea IV, a cui si somma un’applicazione più rigida del framework regolamentare; la crescente concentrazione del sistema bancario, che potrebbe ridurre la concorrenza nell’offerta di credito; infine l’ascesa, con volumi ormai consistenti, del capital market o del private debt. Proprio quest’ultimo sta conoscendo un’espansione importante: nel 2024, secondo il report Aifi citato da EY, gli investimenti nel settore hanno raggiunto i 5 miliardi, con una crescita del 53% rispetto all’anno precedente.
Il private debt è già in ascesa in Europa
Tuttavia, la maggior parte di questi flussi è stata intercettata da grandi aziende, lasciando scoperto l’universo delle pmi. Quello che si verifica in Italia «segue sostanzialmente quanto già successo sul mercato del credito di Uk, Francia e Germania che godono di un sistema finanziario più sofisticato e meno bancocentrico, in cui il private debt rappresenta già la via preferenziale per sostenere l’acquisizione e la crescita delle imprese», spiega Giovanni Grandini, partner e head of capital & debt advisory Italy di EY Parthenon.
«Riteniamo che il private debt non possa diventare un sostituto su larga scala del credito bancario, diventerà rapidamente predominante in nicchie specifiche, per quanto riguarda invece il finanziamento corporate tradizionale non vediamo sul breve periodo un effetto sostituzione trasformativo», aggiunge.
Rischi e soluzioni
La situazione rischia di creare un vuoto strutturale proprio dove il tessuto produttivo italiano è più fragile. Le pmi, che già soffrono la concorrenza internazionale e hanno minore accesso ai mercati dei capitali, potrebbero trovarsi in difficoltà crescente nel reperire risorse per investimenti e crescita.
Secondo EY, sarà fondamentale rafforzare strumenti alternativi al credito bancario, promuovere l’aggregazione tra imprese e valorizzare il ruolo del debt advisory, sempre più necessario in un mercato finanziario frammentato e complesso. (riproduzione riservata)
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