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Il miope anacronismo di Donald Trump sulle politiche energetiche


Il tycoon punta sul carbone per fare fronte all’aumento dei consumi dovuti allo sviluppo dell’Ia. Una propaganda vintage che non tiene conto della realtà: la leadership mondiale passa attraverso green e sostenibilità economica.

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Il miope anacronismo di Donald Trump sulle politiche energetiche

La mossa è tanto scenografica quanto anacronistica. In una delle partite tecnologiche più decisive del secolo, cioè quella dell’intelligenza artificiale, Donald Trump prova a rilanciare il carbone incentivandone l’uso per i nuovi centri di elaborazione dati, il motore stesso dell’Ia. Così, a colpi di fuliggine e retorica, il carbone riemerge dalla miniera come promessa di rinascita industriale. Neanche fossimo ai tempi della prima rivoluzione industriale. Quale poi resta tutto da vedere. Infatti, la posizione di Trump ha lasciato di sasso molti osservatori e fatto alzare più di qualche sopracciglio, visto che rischia di rivelarsi un clamoroso boomerang.

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Donald Trump (Ansa).

Nella corsa per l’Ia l’energia pulita è la vera infrastruttura strategica

In una corsa globale come quella per l’Ia, dove l’energia pulita, stabile e abbondante è la vera infrastruttura strategica, rievocare il carbone significa correre verso il futuro con una pesante zavorra ai piedi. Non è la prima volta che l’America si trova alle prese con simili dinamiche. Per esempio, negli Anni 70, all’indomani dello shock petrolifero, Richard Nixon lanciava il “Project Independence” per emanciparsi dai barili stranieri, mentre Jimmy Carter scommetteva su risparmio energetico e fonti rinnovabili. Ronald Reagan, invece, con la sua deregolamentazione mise il turbo al fossile e riportò indietro le lancette dell’orologio energetico. Da allora, il pendolo continua a oscillare: una spinta all’innovazione, seguita da una uguale e contraria.

Il miope anacronismo di Donald Trump sulle politiche energetiche
Il ritratto di Ronald Reagan alla Casa Bianca (Ansa).

Nel 2024 i data center hanno assorbito circa l’1,5 per cento dell’elettricità globale

Tuttavia, oggi lo scenario energetico è entrato in una fase nuova e profondamente diversa. L’ascesa dell’intelligenza artificiale, e in particolare delle sue applicazioni generative, ha aperto le porte a un nuovo tipo di domanda elettrica, che va ben oltre le dinamiche digitali cui eravamo abituati. Nel 2024, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, i centri di elaborazione dati hanno assorbito circa l’1,5 per cento dell’elettricità globale ed entro la fine del 2025 questa quota potrebbe già salire al 2 per cento, secondo le stime della società di consulenza Deloitte. Entro il 2030, si potrebbe arrivare al 3 per cento: per intenderci, si tratta dell’energia necessaria a caricare 12 miliardi di smartphone ogni giorno, per un anno intero. Il peso geopolitico di questa trasformazione è già evidente. Stati Uniti, Cina ed Europa coprono insieme circa l’85 per cento della domanda energetica dei data center mondiali. Negli Stati Uniti, in particolare, la pressione sarà fortissima: secondo le previsioni, in alcuni Stati come Georgia, Texas e Virginia, i centri dati potrebbero arrivare a consumare tra il 7 e il 12 per cento dell’intera domanda elettrica statale entro la fine del decennio.

Le Big Tech hanno già intrapreso la strada green

Nel frattempo, Big Tech ha già scelto la via dell’energia pulita. Una scelta che ha meno a che fare con l’ambientalismo e più con un ragionamento economico: solare, eolico e nucleare di nuova generazione sono ormai sinonimi di competitività. Google e Microsoft, per esempio, stanno stringendo accordi per utilizzare piccoli reattori modulari, con Amazon che segue un percorso simile. Il messaggio è chiaro: senza energia pulita, l’intelligenza artificiale rischia di diventare un’impresa insostenibile, economicamente prima ancora che ecologicamente. Eppure Trump, assediato dai suoi slogan vintage, insiste nel voler rilanciare il carbone come asset strategico per la sicurezza nazionale.

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Il miope anacronismo di Donald Trump sulle politiche energetiche
Il quartier generale di Google a Mountain View, in California (Ansa).

La leadership energetica passa dalla capacità di garantire energia pulita e a basso costo

La realtà, però, come spesso accade, segue altri piani. Secondo la US Energy Information Administration, oltre il 90 per cento della nuova capacità elettrica prevista negli Stati Uniti per il 2025 sarà coperta da solare, eolico e batterie. Il motivo è semplice: il carbone non regge più il confronto, né sui costi, né sull’affidabilità. Le centrali a carbone sono vecchie, costose, inefficienti. E obbligano i consumatori a pagare cara l’illusione di un passato che non torna. Così, mentre la Cina, quella stessa Cina che Trump cita come esempio di realismo energetico, investe miliardi in rinnovabili e infrastrutture digitali – anche se resta il primo produttore mondiale di carbone (4.759 milioni di tonnellate prodotte nel 2024 in crescita rispetto i 4.658 del 2023) che copre ancora il 60 per cento del suo fabbisogno energetico – gli Usa rischiano di giocare la partita dell’intelligenza artificiale dal lato sbagliato del campo. Certo, non tutto è scritto. I miglioramenti nei chip e nei sistemi di raffreddamento promettono maggiore efficienza. Alcune aziende stanno già investendo in algoritmi meno energivori. Ma l’equazione è e resta complessa: anche se la tecnologia diventa più efficiente, la domanda di energia cresce così in fretta da annullare ogni miglioramento appena raggiunto. Per questo, se c’è un dato che appare ineludibile, è che oggi più che mai la leadership tecnologica passa attraverso la capacità di garantire energia pulita e a basso costo. Forse è tempo per una nuova inversione a U.



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