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Chi sta cercando nuove rotte per diversificare il proprio portafoglio probabilmente si è già imbattuto in una domanda cruciale: ha ancora senso investire in Cina? La risposta, come vedremo, non è né semplice né scontata. Eppure, il potenziale dell’economia cinese, per chi sa interpretarla con le giuste chiavi di lettura, è immenso.

Negli ultimi anni, molti investitori hanno ridotto la loro esposizione ai mercati emergenti, e in particolare al colosso asiatico. Tensioni geopolitiche, vincoli normativi, un apparato statale poco trasparente: sono tutti elementi che scoraggiano l’approccio diretto al mercato cinese. Ma è proprio nei momenti in cui il consenso arretra che si aprono le occasioni migliori.

In questo approfondimento analizzeremo perché la Cina è sottorappresentata nei portafogli globali, quali ETF sulla Cina possono offrire esposizione efficiente e quali sono i veri rischi e opportunità da considerare per chi intende puntare su questo Paese.

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Il paradosso dell’economia cinese nei portafogli globali

Dati alla mano, la Cina rappresenta solo il 3% negli indici azionari globali come l’MSCI All Country World Index, nonostante sia la seconda economia mondiale e contribuisca per circa il 17% al PIL globale. La discrepanza tra la sua influenza economica e la sua presenza nei portafogli è evidente.

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Se si adottasse un approccio basato sul PIL globale anziché sulla capitalizzazione di mercato, la quota della Cina in un portafoglio diversificato potrebbe tranquillamente superare il 15%. Questo apre una riflessione importante: forse è il momento di riequilibrare l’esposizione alla Cina nei portafogli a lungo termine.

Quali sono i motivi della sottoesposizione alla Cina?

Restrizioni normative e sfiducia degli investitori

Tra i motivi principali vi sono i limiti imposti dallo Stato cinese al capitale estero. Muovere denaro dentro e fuori dal Paese è complesso e spesso soggetto a vincoli non prevedibili. A questo si aggiunge un quadro legale che non sempre garantisce diritti di proprietà reali sulle azioni acquistate, specie nei settori strategici.

Molte società cinesi quotate negli Stati Uniti, ad esempio, utilizzano strutture chiamate VIE (Variable Interest Entities), che permettono l’accesso ai flussi di cassa ma non alla proprietà effettiva. Un dettaglio che pesa sulle decisioni di molti investitori istituzionali.

Shadow banking e debito pubblico

L’altro nodo cruciale è rappresentato dall’enorme debito della Cina, che supera il 300% del PIL, includendo anche strumenti non ufficiali come i veicoli finanziari locali. Questi strumenti, poco regolamentati, sono il cuore del cosiddetto shadow banking cinese, una rete complessa che rende difficile valutare i rischi sistemici reali del Paese.

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ETF Cina: come esporsi in modo efficiente al mercato cinese

Investire in Cina tramite ETF tematici e settoriali è oggi uno dei metodi più pratici per ottenere un’esposizione mirata all’economia cinese senza esporsi eccessivamente ai rischi dei singoli titoli o alle barriere normative che ancora limitano molti investitori esteri.

Gli ETF sulla Cina sono strumenti finanziari che replicano la performance di un paniere di titoli azionari cinesi, selezionati secondo criteri ben definiti dall’indice di riferimento. La loro struttura offre diversificazione immediata, trasparenza e accesso a settori strategici dell’economia locale, come tecnologia, mobilità elettrica, beni di consumo e sanità.

Quali sono i migliori ETF per investire in Cina?

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Tra i più solidi e accessibili sul mercato troviamo:

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iShares MSCI China ETF (MCHI): uno degli ETF più popolari tra gli investitori internazionali, replica l’indice MSCI China che include titoli a grande e media capitalizzazione quotati su più borse asiatiche e statunitensi. Il fondo è ampiamente diversificato, ma presenta un expense ratio di circa 0,59%.

Franklin FTSE China ETF (FLCH): meno noto ma molto competitivo dal punto di vista dei costi. Replica l’indice FTSE China 30/18 Capped, con un costo di gestione contenuto allo 0,19%, tra i più bassi del comparto. Offre un’esposizione simile al MCHI, ma con maggiore efficienza in termini di costi.

Entrambi gli ETF includono nomi di spicco come Tencent, Alibaba, Meituan, Xiaomi e BYD, tutte aziende che riflettono la trasformazione digitale ed economica del paese. È interessante notare come il peso del settore finanziario sia calato negli ultimi anni a vantaggio dei segmenti più innovativi dell’economia cinese.

Leggi anche: Migliori ETF China: Come Scegliere il Fondo Perfetto per Investire in Cina

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Come scegliere l’ETF giusto?

Per identificare il miglior ETF Cina per il proprio portafoglio è importante analizzare:

  • La metodologia dell’indice sottostante: valutare se l’indice replica solo titoli quotati localmente (A-shares) o include anche quelli quotati all’estero (H-shares, ADR).
  • La composizione settoriale: alcuni ETF puntano su settori ciclici, altri su quelli tecnologici o industriali.
  • Il volume e la liquidità del fondo: ETF più grandi tendono a offrire spread più contenuti e maggiore facilità nelle operazioni di compravendita.
  • La politica di distribuzione dei dividendi: alcuni ETF reinvestono, altri distribuiscono. La scelta dipende dagli obiettivi dell’investitore.

Per chi desidera un’esposizione low-cost alla Cina nel lungo termine, FLCH è spesso preferito. Mentre chi cerca maggiore copertura e storia operativa può orientarsi su MCHI.

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Settori trainanti e aziende da tenere d’occhio

La Cina tecnologica domina i nuovi mercati

A differenza di qualche decennio fa, dove il settore finanziario dominava l’indice, oggi i settori trainanti della Cina sono il tecnologico e il consumo discrezionale. Questo significa che il Paese non è più una mera fabbrica globale, ma sta diventando uno dei principali hub per innovazione, AI e green economy.

Un esempio emblematico è BYD Auto, spesso definita la “Tesla cinese“, che è oggi il primo produttore mondiale di veicoli elettrici. I suoi veicoli sono presenti in Africa, Sud America e stanno iniziando a penetrare anche i mercati europei.

Il settore EV cinese come opportunità di investimento

Il governo cinese ha sostenuto attivamente la transizione verso la mobilità elettrica, permettendo a BYD e ad altre aziende di offrire auto elettriche a costi inferiori rispetto ai concorrenti occidentali. Questo, unito a una catena di fornitura interna efficiente, rende il settore EV uno dei più promettenti tra i mercati emergenti.

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Quanto puntare sulla Cina nel proprio portafoglio

Determinare quanto investire in Cina richiede una valutazione accurata del proprio profilo di rischio, orizzonte temporale e obiettivi finanziari. Attualmente, la media dell’esposizione alla Cina nei portafogli globali benchmarkizzati sugli indici MSCI si aggira attorno al 3%. Tuttavia, numerosi analisti ritengono questa quota sottostimata rispetto al reale peso economico del Paese.

Una valutazione ragionata dell’allocazione

Considerando che la Cina contribuisce a circa il 17% del PIL globale, e che è leader in settori strategici come tecnologia, energia rinnovabile, veicoli elettrici e manifattura avanzata, un’esposizione compresa tra il 6% e il 10% del portafoglio azionario può offrire un bilanciamento più coerente.

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Aumentare l’esposizione può essere visto come:

  • Una forma di diversificazione geografica per ridurre la dipendenza dai mercati sviluppati;
  • Un hedge macroeconomico, soprattutto nel caso di un rallentamento delle economie occidentali;
  • Un’opportunità per cavalcare la crescita strutturale di un’economia emergente, ma con fondamentali ormai paragonabili a quelli di molte economie avanzate.

L’allocazione deve però tenere conto dei rischi specifici del contesto cinese, come la volatilità normativa, l’intervento statale nei settori chiave e le possibili limitazioni sui flussi di capitale. Per questo motivo, una strategia di accumulo progressivo tramite ETF può risultare più efficace rispetto a un investimento concentrato una tantum.

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Investire in Cina: una decisione da ponderare con attenzione

L’idea di investire in Cina suscita opinioni contrastanti tra gli investitori. Da un lato c’è l’attrattiva di un’economia in rapida trasformazione, ricca di aziende innovative e con un potenziale di crescita superiore alla media. Dall’altro, permangono criticità strutturali e politiche che impongono cautela.

Capire prima di investire

Chi si avvicina per la prima volta agli investimenti in Cina dovrebbe evitare approcci frettolosi o puramente speculativi. Il contesto economico cinese non può essere letto con le stesse lenti utilizzate per i mercati occidentali. Le dinamiche di governance, il ruolo dello Stato, il comportamento delle imprese e la percezione del rischio sono profondamente differenti.

Per questo motivo, è consigliabile:

  • Studiare a fondo la composizione degli ETF selezionati, andando oltre il solo rendimento passato;
  • Monitorare l’evoluzione delle politiche economiche e fiscali del governo cinese;
  • Considerare fonti informative indipendenti, evitando di basarsi esclusivamente sui media occidentali o sulla propaganda ufficiale.

Una lettura come Wild Swans di Jung Chang, ad esempio, permette di cogliere le sfumature storiche e culturali alla base dell’identità economica del paese.

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Investire in Cina può rivelarsi una mossa strategica, ma deve essere fatta con consapevolezza, studio e una corretta valutazione dei rischi macro e microeconomici.

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