I dati sulla crescita del pil pro capite negli ultimi 30 anni mostrano che alcuni paesi africani, come Nigeria o Zimbabwe, sono rimasti a livelli molti bassi, mentre gli USA sono in cima alla classifica e continuano a salire, seguiti dall’Unione europea e dalla Corea del Sud. Alcuni Paesi poveri stanno diventando sempre più poveri, specie nell’Africa Sub-Sahariana. Lo Zimbabwe oggi è più povero del 1980, quando è diventato indipendente. Invece ad esempio la Cina, pur partendo da livelli bassi, negli ultimi 30 è cresciuta in maniera spettacolare, superando anche i paesi latinoamericani. Quali fattori determinano queste differenti evoluzioni? L’innovazione, la crescita della produttività, la creatività, l’adozione di nuove tecnologie.
Cosa determina la crescita dell’innovazione? Ad esempio l’impiego di ricercatori, gli investimenti in ricerca & sviluppo. USA, Canada, Europa, Russia, Giappone sono fra i maggiori investitori. In molti paesi africani l’investimento in ricerca è nullo o quasi. Lo stesso vale per i brevetti, con qualche peculiarità: la crescita maggiore è avvenuta in Corea del Sud, e anche la Cina negli ultimi 30 anni ha superato gli USA.
Storicamente uno degli innovatori più attivi nel campo dei brevetti è stato Edison. I grandi innovatori hanno background diversissimi. La propensione all’innovazione sembra diffusa trasversalmente in tutta la società. Ma è importante che ci siano istituzioni, intese come insieme di regole, meccanismi, infrastrutture e così via, inclusive, ovvero che accolgano, incoraggino gli innovatori e consentano loro di emergere. In Cina ciò ha comportato anche il “ritiro” del Partito Comunista da alcuni settori dello Stato (pur mantenendo i livelli dati di occupazione pubblica) lasciando spazio al settore privato. Robinson definisce questo come un passaggio da istituzioni “estrattive” ad istituzioni “inclusive”. In Zimbabwe l’esproprio caotico dei terreni dei farmers bianchi che si erano impossessati della terra in epoca coloniale al contrario ha impoverito il Paese, non riuscendo a creare una nuova borghesia agraria produttiva. Le istituzioni hanno estratto ricchezza (per redistribuirla), replicando in qualche modo ciò che facevano le istituzioni coloniali, senza creare inclusività e innovazione e senza offrire opportunità diffuse ai cittadini. Il rapporto potere politico-economia è quindi molto stretto. In genere per avere benessere diffuso devono esserci istituzioni inclusive anziché estrattive.
La Cina mostra che la crescita economica può non accompagnarsi necessariamente ad una maggiore apertura politica. Quindi istituzioni estrattive possono generare sviluppo. Ma in generale solo in maniera transitoria. Sul lungo periodo la crescita spinta solo da ristrette élite e senza aperture inclusive non funziona, e questo perché la concentrazione di potere nelle mani di pochi crea corruzione. I fattori culturali possono a loro volta avere un peso non indifferente. La Cina ad esempio rimane un paese molto meritocratico, il che aiuta l’innovazione. Tuttavia, non si può pensare di avere un’economia moderna e dinamica dove le persone non hanno diritti chiari, la proprietà non è tutelata e così via. L’Etiopia di Meles Zenawi per un breve periodo sembrava destinata a una forte crescita, ma dopo la morte del presidente, e il caos che ne è seguito, l’economia è crollata. Le istituzioni estrattive, per Robinson, portano a questo.
I trend recenti negli USA hanno messo in crisi questo modello, ma solo apparentemente. In realtà le decisioni assunte da Trump e Musk, eminentemente ideologiche, hanno minato le istituzioni liberali (ad esempio l’università) e quindi i meccanismi di inclusione tipici di una “società aperta” (ad esempio le università). L’ideologia ‘Maga’ non è meramente l’espressione di interessi particolari di un gruppo di potere o di un imprenditore, ma è generata da convinzioni profonde. L’ipotesi di Robinson è quindi che col tempo l’attuale classe dirigente americana possa cambiare idea, ma al momento è troppo presto per dirlo. Ciò che si può ribadire è che la prosperità deve essere condivisa, deve ridurre e non accrescere le diseguaglianze. Allo stato attuale però ciò non è scontato e anche l’innovazione tecnologica basata sulla AI può non contribuire a raggiungere questo obbiettivo.
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