Salve a tutti e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia “Così è (se vi pare)“.
Tante sono le cose che bollono in pentola in Sicilia: 1) il mancato utilizzo delle somme del Pnrr destinate al lavoro e alla formazione (di cui non si è speso neppure un centesimo); 2) il dirottamento delle somme previste nel Pnrr per l’ammodernamento della tratta ferroviaria Palermo-Catania (a causa del quale la consegna dei lavori, che avrebbe consentito di ridurre i tempi di percorrenza, non avverrà più nel 2026, bensì a data da destinarsi); 3) l’aumento del personale da destinare agli uffici del presidente della Regione, una corte, quella dell’onorevole Schifani, che negli ultimi mesi è passata da 28 a 124 dipendenti.
Ma siccome ad insistere su queste cose mi sembra quasi di pestare l’acqua nel mortaio questa sera mi occuperò d’altro, di due questioni che interessano, oltre che i cittadini, anche e soprattutto le imprese, in particolare le piccole imprese, già particolarmente vessate dalla stretta creditizia, dall’alto costo del denaro e dallo stesso fisco.
Due questioni che rischiano di soffocare nella culla tanti giovani e operatori economici che hanno voglia di mettersi in proprio, di intraprendere e, nel contempo, di tagliare le ali a quegli artigiani, agricoltori, commercianti che sarebbero in condizione di spiccare il volo per creare sviluppo e lavoro e, invece, non lo possono fare.
Mi occuperò quindi di due questioni delle quali si discute da più di trent’anni, rispetto alle quali tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Bel Paese hanno detto ai quattro venti che sarebbero intervenuti, senza fare però mai nulla.
Anzi a questo proposito sembra di trovarsi di fronte ad una sorta di gioco dell’oca, ad un percorso pieno di imprevisti che impedisce sempre la svolta decisiva.
Comunque, per “svelare il mistero”, le questioni sulle quali vorrei intrattenermi sono la burocrazia – che è spesso di ostacolo, e non di supporto, a cittadini e imprese – e l’indebitamento dello Stato, e più specificatamente della Pubblica amministrazione, vale a dire della montagna di crediti che vantano artigiani e piccoli e medi imprenditori, che se non riscossi nei tempi prestabiliti rischiano di mandare all’aria tanti operatori economici.
Qualcuno che la sa più lunga del diavolo obietterà dicendo: “embè? Che la burocrazia è nemica di cittadini e imprese e non alleata lo sappiamo già! Qual è la novità?”
La verità è che forse non sapevamo che la burocrazia italiana ci costa 80 miliardi l’anno e in Sicilia, nello specifico, ci costa 4 miliardi l’anno. Tanto infatti pesa la burocrazia sulle casse del sistema delle imprese.
Costrette, non solo a subire lungaggini, che oltre ad avere un costo rappresentano un fardello odioso, ma anche a destreggiarsi tra moduli da compilare, documenti da produrre, timbri da apporre e file interminabili in quasi tutti gli sportelli pubblici, talvolta solo per ottenere una banale informazione.
Ecco perché i tempi medi per il rilascio di permessi e autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione italiana sono tra i più alti d’Europa!
Dire questo non significa buttare fango sui nostri dipendenti pubblici (molti dei quali fanno il loro lavoro con scrupolo e coscienza), né tantomeno tacere sul fatto che anche da noi ci sono punte d’eccellenza. Vogliamo solo dire che è ancora troppo basso il livello di digitalizzazione dei servizi pubblici e che non c’è ancora nessun tipo di dialogo, di rapporto tra un ufficio e l’altro, per cui capita spesso che da parte di un ufficio di un ramo della pubblica amministrazione si richiede di produrre documenti già in possesso di altri uffici del medesimo ramo della pubblica amministrazione.
Debbo dire inoltre che in materia di mala burocrazia più si scende verso Sud, più le cose peggiorano.
A rilevarlo è una ricerca condotta dall’ Università di Göteborg sulla qualità del servizio delle Pubbliche amministrazioni di 210 regioni dell’Unione europea, dalla quale emerge che la Regione italiana che si piazza meglio, al 63°posto è il Friuli Venezia Giulia, seguita dalla provincia Autonoma di Trento (81° posto), dalla Liguria (95° posto) e dalla provincia Autonoma di Bolzano (96° posto).
La Sicilia, benché sia una Regione Autonoma come Trento e Bolzano, in questa particolare classifica occupa il terzultimo posto. Pensate, fanno meglio di noi perfino il Molise e la Calabria.
Detto questo, e rinviando a dopo qualche considerazione e qualche proposta; parlo adesso dell’altra questione già preannunciata, ovvero dell’indebitamento della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese, in particolari di artigiani e piccoli imprenditori.
Lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, deve alle imprese qualcosa come 15 miliardi di euro per beni e servizi forniti tra il 2023 e il 2024.
Il che significa che lo Stato italiano non solo è il paese con il più alto stock di debiti d’Europa, ma è anche quello che paga i propri fornitori con tempi molto lunghi, causando, ovviamente, gravi conseguenze economiche alle imprese.
Ovviamente non si può fare di tutta l’erba un fascio, anche perché ci sono tante branche della pubblica amministrazione che cercano di rispettare gli standard europei, ma ce ne sono altre che sono cattivi pagatori.
Tra questi occupano i primi posti della graduatoria i ministeri del lavoro, della cultura, dell’interno, del turismo e della salute; oltre, ovviamente, ad un esercito di comuni.
E il paradosso è che mentre imprese e fornitori attendono mesi, se non anni, per ricevere quanto dovuto, lo Stato pretende da loro il pagamento di tasse e imposte, pena un ricarico per more e per ritardato pagamento. Che fare dunque su queste questioni?
Lo scopriremo insieme questa sera! Non ci resta che darvi appuntamento alle ore 20.00 con la nostra prima visione trasmessa sulla nostra pagina Facebook, sul nostro canale Youtube, e sui nostri altri canali social. Non mancate!
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