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Rilancio delle pmi illiquide di Piazza Affari: al via in estate il Fondo Nazionale Strategico Indiretto da 700 mln con venti gruppi finanziari


di Sergio Governale

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Sono circa una ventina le società finanziarie che hanno sottoscritto con il MEF-Ministero dell’Economia e delle Finanze l’accordo di riservatezza per operare all’interno del nuovo FNSI-Fondo Nazionale Strategico Indiretto, una piattaforma di investimento da circa 700 milioni di euro annunciata l’anno scorso dal Governo (si veda altro articolo di BeBeez) e destinata a sostenere le piccole e medie imprese quotate di Piazza Affari, penalizzate da scambi limitati e da una cronica carenza di liquidità. Lo scrive MF-Milano Finanza, precisando che l’obiettivo è quello di restituire centralità a un tessuto imprenditoriale cruciale per l’economia italiana ma da tempo trascurato dai flussi finanziari e istituzionali.

Il fondo, che all’inizio della primavera ha ricevuto il via libera da parte della Corte dei Conti e dovrebbe diventare operativo nel corso dell’estate, investirà con un’ottica di lungo termine nelle mid e small cap nazionali, selezionando titoli fortemente sottovalutati, ovvero con sconti superiori al 50% rispetto al listino principale, ma che mostrano solidi fondamentali e utili in crescita. Il capitale iniziale è fornito per metà da CDP-Cassa Depositi e Prestiti e per l’altra metà da operatori privati che hanno firmato il patto con il MEF.

Tra i sottoscrittori figurano alcuni dei principali gruppi finanziari italiani e internazionali, come Intesa Sanpaolo, Banca Mediolanum, Azimut, Amundi (gruppo Crédit Agricole), Algebris, AComeA, Allianz, Assicurazioni Generali e Mediobanca. Questi soggetti dovranno adesso sottoporre gli accordi ai rispettivi consigli di amministrazione, prima di avviare concretamente le attività di investimento.

Le linee guida del fondo sono state definite dal dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti attraverso un regolamento ad hoc. Ogni gestore disporrà di un comparto specifico all’interno dell’umbrella fund del FNSI, da gestire autonomamente secondo le indicazioni previste dal quadro regolamentare.

Questo strumento andrà ad affiancarsi al Fondo Nazionale Strategico di CDP, dedicato alle società per azioni con sede legale in Italia e fatturato superiore a 50 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).

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Il FNSI è stato al centro del dibattito dell’incontro annuale di AssoNext, l’associazione italiana delle PMI quotate, tenutosi ieri a Palazzo Montecitorio a Roma.

“Lo sviluppo del mercato dei capitali rappresenta uno dei fattori abilitanti della crescita del Paese. Solo convogliando i risparmi europei verso le imprese europee, possiamo consentire un ulteriore slancio allo sviluppo delle nostre economie. Su questo stiamo lavorando anche con la riforma del Testo unico della finanza: intervenire sulla semplificazione della regolamentazione per non scoraggiare le imprese soprattutto quelle di piccola e media dimensione all’ingresso sul mercato. Anche per favorire gli investitori pazienti”, ha spiegato il sottosegretario all’Economia, Federico Freni.

“L’evoluzione normativa consente di coinvolgere assicurazioni, fondi pensione e casse professionali negli investimenti azionari domestici e nell’economia reale in generale, con un orizzonte temporale di dieci anni. Con una concreta ’moral suasion’ da parte delle autorità, si potrebbe costruire una solida base di investitori istituzionali di lungo periodo in grado di immettere sui mercati borsistici diversi miliardi di euro, risorse che almeno in parte potrebbero essere indirizzati su Euronext Growth Milan, un mercato in crescita che presenta interessanti opportunità d’investimento”, ha osservato Giovanni Natali, presidente di Assonext.

Secondo l’associazione delle pmi quotate, vi è un possibile spazio di intervento, estremamente ampio, per quanto riguarda il coinvolgimento degli investitori istituzionali. Dall’evento è emerso infatti che “attualmente solo il 16% dei portafogli dei fondi comuni viene investito in Italia, 87,5 miliardi di euro, sui 546 miliardi di euro complessivi, esportando così capitale all’estero. Inoltre, meno del 3% delle risorse dei fondi pensione e il 2% del patrimonio delle assicurazioni vita è investito in imprese italiane, rispetto a una media in altri Paesi Ue che per i fondi pensione va dal 20% (Germania, Francia e Spagna) al 50% (Svezia)”.

Se la quota di investimenti in pmi domestiche da parte della previdenza complementare salisse dal 3% al 10% e si sommasse un aumento della componente azionaria delle assicurazioni vita dal 2% al 5%, questo comporterebbe un afflusso di euro molto significativo, pari a diversi miliardi, verso l’economia reale italiana e i mercati finanziari italiani potrebbero diventare un robusto pilastro della crescita del made in Italy.

A questo scopo sarebbe utile una revisione complessiva della previdenza complementare, con un particolare accento al consolidamento del settore e al miglioramento della governance, un’azione di educazione finanziaria e il coinvolgimento dei datori di lavoro. A ciò si potrebbe accompagnare una rivisitazione fiscale, ispirandosi al modello europeo EET (Esenzione della contribuzione – Esenzione dei rendimenti – Tassazione delle prestazioni), così da incentivare, a differenza dell’attuale assetto italiano (ETT), il risparmio previdenziale, massimizzandone l’efficacia allocativa a beneficio dell’economia nazionale.



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