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Cosa cambia per le imprese se vince il Sì al referendum dell’8 e 9 giugno


L’8 e il 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi, quattro dei quali, promossi dalla CGIL, riguardanti il mondo del lavoro e delle imprese.

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Nello specifico, il Referendum sul lavoro mira a cancellare alcune delle norme cardine introdotte dal Jobs Act e da altre riforme degli ultimi anni, toccando temi cruciali come licenziamenti, contratti a termine, sicurezza e responsabilità negli appalti.

Trattandosi di quesiti abrogativi, il Sì cancella le norme attuali e ripristina quelle precedenti o elimina le modifiche più recenti.

Per le imprese, quindi, un’eventuale vittoria del Sì significherebbe un ritorno alle precedenti regole, con possibili impatti su costi, normative e gestione del personale.

Il quorum, fissato al 50% più uno degli aventi diritto, è la soglia da superare perché il risultato risulti valido.

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Gli impatti del referendum sulle imprese, in sintesi

In sintesi, un Sì al referendum dell’8 e 9 giugno 2025 per le aziende significherebbe:

  1. ripristino del reintegro obbligatorio per licenziamenti illegittimi nelle aziende sopra i 15 dipendenti;
  2. eliminazione del tetto massimo di sei mensilità di risarcimento per licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese;
  3. obbligo di causale per il ricorso di contratti a tempo determinato;
  4. estensione della responsabilità solidale del committente negli appalti.

Di seguito le conseguenze che il voto avrebbe per le aziende italiane, analizzate quesito per quesito.


Cos'è il referendum abrogativo? Iter e quorum

Reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi

Il primo quesito referendario mira ad abrogare il Decreto Legislativo 23/2015, ossia il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act. Attualmente, nelle aziende con più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, in caso di licenziamento illegittimo, non hanno diritto al reintegro ma solo a un indennizzo economico, calcolato in base all’anzianità e con un tetto massimo di 36 mensilità.

Il referendum propone di cancellare queste norme, ripristinando la possibilità di reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato, come previsto dalla legge Fornero, pur non tornando all’articolo 18 nella sua versione originaria.

Cosa cambia per le imprese se vince il Sì:

  • le aziende con più di 15 dipendenti dovrebbero accettare il reintegro in caso di licenziamento giudicato illegittimo, non solo per motivi discriminatori ma anche per alcune fattispecie di licenziamento economico e disciplinare;
  • l’indennizzo fisso verrebbe sostituito dalla possibilità di reintegro, con potenziali ripercussioni sulla gestione delle risorse umane;
  • le imprese dovrebbero avere maggiore attenzione nella gestione dei licenziamenti e rafforzare la documentazione e la motivazione dei provvedimenti;
  • la possibilità di reintegro potrebbe incentivare i lavoratori a impugnare i licenziamenti, aumentando i tempi e i costi delle controversie.


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Referendum Jobs Act, cosa cambia? Pro, contro e quesito

Risarcimento per licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese

Il secondo quesito riguarda le aziende con meno di 15 dipendenti. Oggi, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore può ottenere al massimo sei mensilità di risarcimento, anche se il giudice riconosce l’assenza di giusta causa.

Il referendum propone di abrogare il tetto massimo, lasciando al giudice la determinazione dell’indennizzo senza limiti prefissati, in modo da rafforzare le tutele di circa 3,7 milioni di lavoratori impiegati nelle piccole imprese.

Cosa cambia per le imprese se vince il Sì:

  • le piccole imprese non avrebbero la certezza del limite massimo di sei mensilità per l’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo;
  • il giudice avrebbe piena discrezionalità nel determinare il risarcimento, che potrebbe essere anche significativamente superiore rispetto al precedente tetto di sei mensilità;
  • aumenterebbe il rischio economico legato ai licenziamenti e la necessità di valutare con attenzione ogni interruzione del rapporto di lavoro;
  • non sarebbe previsto il reintegro, ma la maggiore esposizione a risarcimenti più alti potrebbe influire sulle scelte di assunzione e sulle strategie di gestione del personale.


Referendum licenziamenti in piccole imprese, cosa cambia? Pro, contro e quesito

Limiti e obbligo di causale per i contratti a termine

Il terzo quesito mira a cancellare la liberalizzazione dei contratti a termine introdotta dal Jobs Act e successivamente ampliata dal Decreto Lavoro 2023. Attualmente, è possibile stipulare contratti a termine fino a 12 mesi senza necessità di indicare una causale specifica.

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Il referendum propone di reintrodurre l’obbligo di motivare il ricorso al tempo determinato anche per periodi inferiori ai 12 mesi, limitando così i rapporti a termine.

Cosa cambia per le imprese se vince il Sì:

  • le aziende dovrebbero sempre indicare una causale tecnica, organizzativa o produttiva per ogni contratto a termine, anche di breve durata;
  • sarebbe più difficile ricorrere a contratti a termine per esigenze temporanee non ben specificate, riducendo la flessibilità in fase di assunzione;
  • la gestione amministrativa dei rapporti di lavoro diventerebbe più complessa, con maggiori rischi di contenzioso in caso di causali generiche o poco documentate;
  • potrebbe spingere le imprese a preferire assunzioni a tempo indeterminato o ricorrere a forme contrattuali alternative.


Referendum lavoro a tempo determinato, cosa cambia? Pro, contro e quesito

Responsabilità solidale delle aziende committenti negli appalti

Il quarto quesito interviene sulla disciplina degli appalti, proponendo di abrogare la norma che esclude la responsabilità solidale dell’impresa committente in caso di infortunio o malattia professionale del lavoratore impiegato dall’appaltatore o dal subappaltatore. Attualmente, la responsabilità solidale è limitata ai soli rischi non specifici dell’attività dell’appaltatore.

Il referendum mira a estenderla anche a questi casi.

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Cosa cambia per le imprese se vince il Sì:

  • le aziende committenti sarebbero responsabili, insieme all’appaltatore, per gli infortuni e le malattie professionali occorsi ai lavoratori impiegati negli appalti, anche se dovuti a rischi specifici dell’attività appaltata;
  • aumenterebbero gli oneri di vigilanza e controllo sulle condizioni di sicurezza adottate dagli appaltatori e subappaltatori;
  • potrebbero crescere i costi assicurativi e le richieste di risarcimento, con impatti anche sulla selezione dei fornitori e sulla gestione dei contratti di appalto;
  • le imprese committenti dovrebbero rafforzare le procedure di verifica e monitoraggio delle condizioni di lavoro lungo tutta la filiera degli appalti.


Referendum infortuni sul lavoro, cosa cambia? Pro, contro e quesito



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