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In Italia 134 miliardi di danni dagli eventi climatici estremi


Secondo i dati del rapporto annuale Istat, l’Italia è al secondo posto in Europa per i danni che gli eventi climatici estremi causano all’economia. Circa un terzo dei comuni sul territorio nazionale presenta almeno un tipo di categoria di rischio e questo mette a rischio quasi un sesto del valore aggiunto prodotto dal nostro Paese.

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In confronto al resto d’Europa, l’Italia non solo è più a rischio, ma spende di più per le conseguenze delle catastrofi naturali e fa meno per limitare i danni. La mancanza più evidente è quella di un sistema di assicurazioni catastrofali per le imprese.

I danni degli eventi climatici estremi all’economia italiana

Secondo l’Istat, dal 1980, anno in cui si è cominciato a valutare l’impatto degli eventi climatici estremi sull’economia, fino al 2023, i danni causati da alluvioni, frane e altre calamità naturali dipendenti dal meteo in Italia hanno raggiunto i 134 miliardi di euro. Il nostro Paese è secondo in Unione europea per questo dato.

Si tratta ovviamente di una statistica influenzata dalle dimensioni dell’economia del nostro Paese. Non a caso, a guidare la classifica con 180 miliardi di euro in danni è la Germania, la prima economia d’Europa.

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L’Italia supera però la Francia, che ha un’economia più ricca, ma il cui territorio, per larghi tratti pianeggiante, meno densamente abitato e attraversato da canali che contengono le piene dei fiumi, non è soggetto come quello italiano alle catastrofi naturali. La Francia paga comunque un prezzo molto alto per gli eventi climatici estremi, 130 miliardi dal 1980, classificandosi al terzo posto assoluto.

I rischi del territorio italiano

La ragione per cui l’Italia risulta essere così esposta ai rischi degli eventi climatici estremi sta nelle caratteristiche peculiari del suo territorio. La penisola italiana è per lo più montuosa, e questo concentra le grandi città e le attività produttive in pochi punti pianeggianti e sulle coste. Un singolo evento estremo, quindi, può colpire duramente aree densamente popolate e con un’alta industrializzazione.

Queste stesse caratteristiche rendono molti comuni italiani facilmente soggetti a frane, siccità e alluvioni, le conseguenze più diffuse dei fenomeni meteorologici estremi. Secondo Istat, circa il 35% dei comuni italiani è categorizzato sotto una tipologia di rischio per eventi estremi, siano essi meteorologici o sismici.

Questo significa che il 18,2% del valore produttivo aggiunto in Italia è generato in aree ad alta esposizione agli eventi climatici estremi. In particolare, il 15,1% del valore aggiunto di industria e servizi è prodotto in aree ad alto rischio di frane.

La questione delle polizze catastrofali

Al di là degli investimenti in opere che contengano gli effetti degli eventi climatici, come il rafforzamento degli argini dei fiumi o le vasche di laminazione, che però richiedono tempo per essere messi in funzione, la soluzione più efficace per ridurre le spese dovute a questi eventi per Stato e Privati sono le assicurazioni.

Nel nostro Paese le assicurazioni catastrofali sono molto poco diffuse, tra i valori più bassi d’Europa. Per rimediare a questa situazione, il Governo ha approvato definitivamente una norma che impone alle imprese di stipulare polizze contro gli eventi estremi. Le grandi aziende devono già aver completato il procedimento dal 31 marzo scorso. Per quelle medie la scadenza è il 1° ottobre, mentre per quelle piccole sarà al 31 dicembre 2025.





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