Negli ultimi mesi il settore dell’istruzione, soprattutto privato, è stato travolto da ondate di rincari, dovute sia all’aumento dei costi di gestione degli edifici, del personale e delle utenze, sia all’introduzione di nuove imposte.
In particolare, nel Regno Unito dal 1° gennaio 2025 le rette scolastiche sono state assoggettate all’aliquota IVA del 20% che, sommata alla crescita dei contributi previdenziali e alla perdita delle agevolazioni sui locali, ha fatto schizzare in media i prezzi oltre il +22% su base annua.
Un fenomeno simile si avverte anche in Italia, dove le famiglie devono fronteggiare aumenti del 15% circa per i servizi educativi privati, in un contesto di rincari energetici a doppia cifra.
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Il “triplice colpo” nel Regno Unito: dai contributi alle nuove tasse
Fino a fine 2024 le scuole indipendenti britanniche erano esentate da IVA, ma con la rimozione di questa deroga dal 1° gennaio 2025 il costo delle rette è aumentato in media del 22,6% rispetto all’anno precedente.
Il governo di Rachel Reeves aveva stimato un incremento intorno al 10%, confidando nella capacità di assorbimento di parte del tributo da parte delle istituzioni.
Tuttavia molte scuole hanno deciso di trasferire per intero il peso della nuova imposta alle famiglie, spingendo le rette medie delle day school a un sostanziale aumento.
A sottolineare le difficoltà, la Independent Schools Council ha denunciato una “tripla batosta” dovuta all’aumento dei contributi nazionali, alla cancellazione delle agevolazioni sui business rates e alla tassa al 20%, tanto che già prima di gennaio molti genitori hanno ritirato i figli per timore di non poter più sostenere le spese.
In Italia rincari a due cifre e interventi governativi
Anche nel nostro Paese le famiglie avvertono pesanti rincari nelle rette delle scuole private, con aumenti medi stimati intorno al 15% nel corso del 2025, in parallelo all’incremento dei costi energetici e dei materiali per la didattica.
Per alleggerire questo onere, il Governo ha varato un pacchetto da 3 miliardi di euro destinato a calmierare le bollette di famiglie e piccole imprese, ripartendo 1,6 miliardi per i nuclei in difficoltà e 1,2 miliardi per le attività produttive.
Restano tuttavia scoperte le voci di spesa relative a rette, trasporti e servizi aggiuntivi.
Senza un’adeguata rivalutazione dei contributi e dei voucher per le paritarie, il rischio è di vedere un forte flusso di studenti verso l’offerta pubblica, con conseguenze sulla qualità e la capienza del sistema statale.
In sostanza, l’incremento delle rette scolastiche—spinto da dinamiche fiscali e costi operativi in crescita—mette a dura prova il budget delle famiglie e pone sfide non solo alle istituzioni private, ma all’intero comparto educativo.
Di fronte a questi cambiamenti, diventa cruciale monitorare l’evoluzione delle misure di sostegno e valutare possibili strategie di contenimento dei costi, a livello sia di politica pubblica sia di gestione scolastica.
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