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convegno pink&green 2025

Affrontando questioni cruciali come la riduzione di emissioni in atmosfera, l’uso intensivo di acqua, l’efficienza energetica e la gestione dei rifiuti, l’industria conciaria italiana si posiziona bene in tema di economia circolare. Ne abbiamo parlato al IV convegno di Pink&Green, quest’anno organizzato con il supporto di Unic ed E.On

L’industria conciaria è da sempre parte integrante dell’economia circolare, perché utilizza come materia prima uno scarto dell’industria alimentare, la pelle, contribuendo così a ridurre i rifiuti e a valorizzare risorse che altrimenti verrebbero eliminate non senza impatto ambientale.

Oggi, però, il settore non si accontenta più di questo vantaggio storico e va oltre: testato con un progetto firmato Unic sui propri associati, l’industria conciaria italiana vanta un indice di circolarità del 69%: gran parte di quello che si può recuperare per diminuire l’impatto ambientale, ma anche farne una buona economia di scala in ottica di simbiosi industriale.

E nel frattempo nuove prospettive non mancano anche grazie all’apporto di centri di formazione sempre più preparati in tema.

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Al IV convegno Pink&Green

Ne abbiamo parlato alla quarta edizione del Pink&Green, la parola alle donne dell’economia circolare, quest’anno dedicato proprio al tema Industria Conciaria in una location speciale come lo spazio Spazio LineaPelle di Unic – Concerie Italiane.

Qui aziende, startup, ricercatrici e stakeholder del settore hanno fatto il punto su sfide e soluzioni di economie circolari, come da sempre si prefigge il format Pink&Green ideato da M.Cristina Ceresa, giornalista e direttrice di GreenPlanner, che ha lasciato ampio spazio agli interventi degli studenti dell’Accademia Iuad.

L’industria conciaria – con un fatturato di quasi 5 miliardi di euro di cui il 70% viene esportato -, rappresenta un’eccellenza italiana e questo perché ha saputo muoversi tra tradizione e innovazione, investendo nella sua circolarità e sostenibilità, riducendo nel tempo l’uso di acqua e agenti chimici” ha esordito in apertura dei lavori Fulvia Bacchi.

Il direttore generale di Unic, in trasferta a Osaka dove ha portato Unic in rappresentanza delle oltre 1.100 industrie conciarie italiane, è anche Ceo dell’ente fieristico LineaPelle: l’esperta ha ribadito la vocazione circolare del settore, ma anche la necessità di misurare, certificare e comunicare il proprio impegno ambientale in modo credibile.

Perimetrare la sostenibilità: servono misure precise

Il primo passo per affrontare il cambiamento è tracciarne il perimetro. L’economia circolare ha bisogno di essere misurata in modo oggettivo. Non bastano dichiarazioni d’intenti: occorrono standard, numeri, indicatori verificabili.

La norma Iso 59020 offre un sistema concreto di misurazione della circolarità, costruito su Kpi (indicatori chiave di performance) applicabili ai diversi passaggi della filiera.

È in questa direzione che si muove il lavoro di Marta Montanari, ingegnere chimico di Concerie Italiane, che ha illustrato uno studio condotto su 35 aziende conciarie italiane mostrandone i punti di forza – come la valorizzazione degli scarti e la simbiosi industriale – ma anche aree critiche, tra cui la bassa produzione di energia da fonti rinnovabili e il limitato riutilizzo dell’acqua.

È proprio a partire da queste misurazioni che si può tracciare un percorso credibile di miglioramento.

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Chiarezza normativa: quando la legge accompagna l’innovazione

Per poter investire davvero in un’economia più circolare, servono anche regole chiare e coerenti. L’avvocato dello studio legale associato Norton Rose Fulbright, Stefania Casini, esperta in diritto ambientale, ha evidenziato l’importanza crescente dell’Epr – Extended producer responsibility (Responsabilità estesa del produttore) – che richiede alle imprese di farsi carico della gestione del fine vita dei prodotti, promuovendo così la progettazione ecocompatibile e il recupero dei materiali.

Mentre in alcuni Paesi europei – come Francia, Germania e Paesi Bassi – l’Epr è già stato attivato in modo estensivo anche per settori come il tessile e la calzatura, l’Italia si trova ancora in una fase di transizione.

Recentemente, però, si sono registrati segnali concreti quali l’approvazione della legge 166/2024 che ha esteso l’Epr anche ai produttori che operano tramite e-commerce.

Inoltre, è stato istituito il Registro nazionale dei produttori (Dm 144/2024), con l’obbligo di iscrizione per garantire tracciabilità e trasparenza.

Energia: decarbonizzazione e competitività possono andare insieme

Nel percorso verso una conceria più sostenibile, l’energia è un nodo cruciale: rappresenta una delle voci più impattanti in termini ambientali, ma anche una delle leve più strategiche su cui agire per innovare davvero.

Ne ha parlato Elena Sambra, innovation manager di E.On, illustrando soluzioni energetiche su misura pensate per accompagnare le imprese della filiera in un processo graduale ma efficace di decarbonizzazione.

L’obiettivo? Ridurre i consumi e le emissioni senza compromettere la produttività, anzi, spesso aumentandone l’efficienza grazie a strumenti come il monitoraggio continuo e l’autoproduzione.

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Un esempio concreto arriva da Italconcia, azienda toscana del distretto di Santa Croce, la cui esperienza di transizione energetica è stata condivisa da Emanuela Zini, responsabile comunicazione per la realtà toscana.

L’adozione di impianti fotovoltaici ha permesso di ridurre significativamente i costi energetici e le emissioni, con un ritorno sull’investimento misurabile e replicabile anche in altre realtà della filiera e dal forte impatto anche sulla comunità locale. In primis i dipendenti.

Materiali in transizione: dal biobased alla bioingegneria

Il cambiamento si gioca anche sul piano dei materiali, con un’intera filiera che guarda al futuro esplorando nuove soluzioni biobased e innovazioni nate dalla bioingegneria.

Elisabetta Scaglia, responsabile sostenibilità di Unic, ha esplorato il tema ricordando quanto le plastiche fossili siano oggi tra i materiali più impattanti in termini ambientali: isole di plastica, inquinamento atmosferico, micro e nanoplastiche invisibili ma invasive.

In questo contesto, le concerie possono diventare un attore virtuoso abbandonando materiali sintetici non biodegradabili a favore di alternative di origine naturale e compostabili.

Ad ampliare la visione è stata Alessandra Gallo, founder di Fashionable Green e del Collettivo Moda Consapevole, che ha presentato una ricca panoramica sulle startup emergenti e realtà consolidate nel campo dei materiali alternativi alla pelle.

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Micelio (ricavato da funghi), collagene coltivato in bioreattori, cellulosa batterica e proteine fermentate rappresentano oggi non solo una promessa, ma una nuova classe di materiali già in uso in prototipi e collezioni e oggetto di crescenti investimenti da parte dell’industria tessile e conciaria.

Cultura, educazione, formazione: la sfida invisibile

La vera transizione non può avvenire senza un investimento serio sulla formazione. Il settore attira molti giovani che vanno ben preparati su questo tema.

Il tema è stato affrontato da Olivia Spinelli, stilista di moda e consulente accademico, nel suo intervento dedicato al ruolo della scuola, dell’università e della filiera educativa.

La sostenibilità è una competenza trasversale, che va coltivata prima di tutto nelle aule, affidandosi a docenti competenti e affidabili, trovarli è un compito delicato“.

Serve formare insegnanti capaci di integrare visione ambientale e pensiero sistemico, in un momento in cui le aziende chiedono figure ibride, capaci di leggere i dati, raccontare storie credibili e dialogare con il design.

Ma lo hanno ribadito anche Elena Paltrinieri, responsabile del progetto FutureforFashion e Silvia Catani di Ifoa che hanno portato la loro esperienza sul distretto emiliano della moda.

Il contest di LineaPelle

A proposito di giovani impegnati nel farsi un futuro in questo settore, al convegno ha partecipato un nutrito gruppo di studenti dello Iuad Accademia di Moda che si sono cimentati nel ruolo di giornalisti in un confronto attivo con le partecipanti al panel (la redazione ha espresso i più vivi complimenti per come questi “giornalisti per un giorno” si sono mossi proponendo domande e riflessioni ai relatori).

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Ma non solo: il IV convegno Pink&Green ha lanciato anche il contest di LineaPelle, la cui partenza è stata consegnare agli studenti pelli di ogni foggia e colore.

Da questi dovranno ideare accessori e/o oggetti. I più creativi saranno premiati secondo un regolamento in fase di rilascio.

Un futuro da costruire insieme

Il messaggio che emerge da questo IV convegno Pink&Green è forte: la pelle italiana, simbolo di artigianalità e innovazione,è a tutti gli effetti anche emblema di circolarità tracciabile e certificata.

La strada è tracciata e buona cosa sarà sempre più l’approccio corale di misurazione tecnica, chiarezza legislativa, evoluzione dei materiali e trasformazione culturale.

(ha collaborato Ilaria Amato)

Hanno detto dell’evento

Complimenti per l’evento, ottimi spunti, interventi di spessore, bella location (non conoscevo)“. Andrea

È stata un’esperienza molto bella e un’iniziativa davvero significativa. Spesso è ancora un tabù associare le donne al mondo dell’industria ed eventi come questo sono particolarmente importanti e benvenuti“. Marta

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Piacere di averla conosciuta oggi in questa interessante iniziativa con temi di grande attualità per il mondo della Sostenibilità“. Sandro

Ora so cosa c’è dietro a una pezza di pelle e quando la lavorerò sarò ancora più attenta a preservarne la sua funzione“. Felicita

Un momento di networking fantastico: grazie per averci dato la possibilità di partecipare“. Elena

Dove posso trovare tutte le presentazioni?Sandro (la risposta è qui!)

Presentazioni e video del convegno

Ecco le presentazioni del convegno:





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