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La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese diventa legge – BlogSicilia


Con il via libera definitivo del Senato, la legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese è realtà. Una svolta che colma un vuoto normativo sull’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, che riconosce ai lavoratori il diritto di collaborare alla gestione delle aziende. Il provvedimento è frutto di una lunga campagna promossa dalla Cisl, culminata nella raccolta di quasi 400 mila firme e accompagnata da due anni di mobilitazione.

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Approvata con 85 voti favorevoli, 21 contrari e 28 astenuti, la legge apre una nuova stagione nelle relazioni industriali italiane. Prevede infatti un modello di partecipazione articolato su più livelli: gestionale, economico e organizzativo. I lavoratori potranno essere coinvolti direttamente nei processi decisionali delle imprese, attraverso la presenza nei consigli di sorveglianza e, dove previsto, nei consigli di amministrazione o nei comitati di controllo. La loro presenza in questi organi, tuttavia, non sarà automatica: sarà subordinata alla stipula di contratti collettivi, aziendali o territoriali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Saranno questi accordi a definire i criteri di selezione dei rappresentanti, le modalità della loro formazione e il quadro delle responsabilità.

Dal punto di vista economico, la legge introduce strumenti per incentivare la partecipazione anche sul piano finanziario. Le imprese potranno destinare una quota di utili — non inferiore al 10% — ai lavoratori, beneficiando di una tassazione agevolata del 5%. Il limite massimo per ciascun dipendente è di 5.000 euro lordi annui. Un’altra novità significativa è la possibilità per i dipendenti di ricevere azioni aziendali in sostituzione dei premi di risultato, fino a un valore annuo di 1.500 euro, con un’esenzione fiscale del 50%. Per rafforzare il ruolo attivo dei lavoratori, la norma prevede la creazione di commissioni paritetiche all’interno delle aziende, finalizzate a migliorare la gestione dei processi produttivi, l’organizzazione del lavoro e l’innovazione aziendale. Ai rappresentanti sarà garantita una formazione obbligatoria di almeno dieci ore l’anno, finanziata tramite enti bilaterali o fondi per la formazione continua.

A vigilare sull’attuazione della riforma sarà una Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori, istituita con il compito di monitorare l’efficacia delle misure, risolvere eventuali controversie e proporre interventi correttivi. Ogni due anni, la Commissione dovrà redigere un rapporto sullo stato di applicazione della legge, che sarà presentato al CNEL.

Il provvedimento ha suscitato reazioni contrastanti. Se la Cisl, con la sua segretaria generale Daniela Fumarola, celebra un momento “storico per il mondo del lavoro”, CGIL e UIL mantengono una posizione critica. Le due sigle sindacali ritengono che il testo finale sia stato in parte svuotato durante l’iter parlamentare e paventano rischi per il sistema di relazioni industriali, accusando la riforma di introdurre dinamiche che potrebbero indebolire la contrattazione collettiva tradizionale. Il Partito Democratico, in linea con le perplessità già espresse alla Camera, ha scelto l’astensione anche in Senato. Più netta l’opposizione del Movimento 5 Stelle, mentre la maggioranza di governo e Italia Viva hanno votato compattamente a favore.

La ministra del Lavoro Marina Calderone ha salutato il provvedimento con favore, sottolineando come la legge rappresenti un superamento delle logiche conflittuali tra impresa e lavoro. Per la CISL si tratta invece della realizzazione di una delle sue storiche battaglie identitarie. Ora la sfida passa all’attuazione concreta nei luoghi di lavoro. Sarà il campo, e non la legge, a misurare la capacità di questa riforma di cambiare davvero le dinamiche aziendali, restituendo ai lavoratori un ruolo attivo non solo nei risultati, ma anche nella direzione delle imprese italiane.

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