di
ARMANDO TITA
SOCIOLOGO E SAGGISTA
La nostra atavica incapacità di mettere in moto un processo di sviluppo in piena autonomia è brutalmente confermata dalle opacità e dalle incompiute del PNRR lucano, già oggetto di approfondimento del nostro precedente articolo, pubblicato su Talenti Lucani il 15 maggio scorso. Per essere onesti intellettualmente non vogliamo ignorare il puntuale e preciso “ Rapporto” della Fondazione “Tarantelli-Economia Reale” del Prof. Mario Baldassarre che ha descritto chiaramente l’incapacità dell’economia italiana degli ultimi vent’anni a crescere rispetto agli altri Paesi UE dovuta a una presunta bassa produttività. Un’economia ferma con una spesa corrente spropositata e con un aumento terrificante del debito pubblico, acuito oggi dal PIL …dello “ Zero virgola”. Una economia senza particolari investimenti produttivi e con una bassa crescita del mercato interno dovuta alla stagnazione patogena dei salari. Tale premessa serve a posizionare ulteriormente la nostra Basilicata alle prese con un PNRR in oblio e con un tremendo declino industriale. Un declino supportato da una totale assenza di vere scelte di politica industriale che languono da oltre un trentennio. L’insediamento di monopoli nazionali e stranieri a forte impatto occupazionale non hanno mai puntato sullo sviluppo della regione. Industrie di esportazione e… di saccheggio delle risorse e del territorio. Il caso emblematico di “Stellantis” e del “ Totem” petrolifero anziché elevare la società regionale verso un nuovo equilibrio interno , anziché diversificare e arricchire le attività imprenditoriali locali, i rapporti umani, la cultura regionale ha provocato una degradazione e una “sottoproletarizzazione” della popolazione lucana, coinvolta e interessata. Le puntuali e dettagliate denunce di Talenti Lucani di questi ultimi giorni confermano lo scarso controllo politico, sindacale e sociale. Sono anni caratterizzati da brutali scelte imprenditoriali, decise con criteri iperprivatistici, condite da umiliazioni indigeste rivolte alle “maestranze” del luogo.(vedi Comunicato UIL del 13 maggio scorso). Il PNRR lucano non ha mai tenuto conto di questo perverso declino industriale e della fuga inarrestabile dei giovani talenti (che ci ha fatto perdere in vent’anni oltre mille miliardi di risorse aggiuntive in Italia e oltre cinque miliardi di euro in Basilicata) e della micro economia con i diversi profili professionali richiesti dalle nostre imprese e mai seriamente definiti da un sistema formativo lucano, selvaggiamente esternalizzato. Il PNRR rivolto alla Basilicata lo abbiamo già denunciato oltre tre anni fa, prima del suo varo definitivo sulla Prima Pagina della Gazzetta Basilicata e sulla “Rassegna Stampa” della Regione Basilicata, non risolveva alcunché né in termini di investimenti produttivi né in serie politiche attive del lavoro finalizzate all’occupazione. Il PNRR sbandierato come strumento di sviluppo risultava del tutto carente sia nella pianificazione territoriale (del tutto assente) sia nella condivisione partecipata degli “addetti ai lavori”. Sembrava di rivedere il dejà vu stucchevole del fallimento della politica dei “Poli industriali”, targati anni settanta, ampiamente descritti nel Volume: “Quando la Sinistra amava il Mezzogiorno” edizioni “ Il Segno” 2017.(scusatemi… è brutto citarsi…ma non vedo altri volumi sul fallimento dei “Poli industriali” in Basilicata). L’operare a “macchie di leopardo”, nonostante la presenza di grandi siti industriali come Stellantis o Centri OLI (ENI e Total) hanno generato solo una economia lucana drogata con un falso PIL regionale, peraltro, da sempre, sottilmente ignorato dal “Centri Studi” della Banca d’Italia.
Non siamo mai usciti dallo spontaneismo.
La bella “pedagogia” economica posta in essere dalle piccole e medie imprese industriali e artigianali lucane negli anni novanta, più volte evidenziata dai Rapporti ARSA e IBRES, non ha mai avuto continuità ed è stata brutalmente cancellata. IL PNRR non si discosta da quel modello anni settanta “paracadutato” in Basilicata con tante “Cattedrali” nel deserto. I grandi insediamenti FIAT/ENI/Total che non hanno mai creato i presupposti di una sana industrializzazione estensiva , generalizzata e uniforme, hanno accentuato solo gli squilibri territoriali. L’aumento dei consumi interni alimentato dall’enorme sperequazione nella distribuzione del reddito tra differenti classi e ceti sociali lucani ha creato il mercato per i nuovi beni la cui produzione e vendita è stata particolarmente vantaggiosa dal punto di vista del solo profitto …con tante distorsioni nella scala dei consumi. Come cinquant’anni fa il PNRR lucano impone la scelta dei settori di investimento e l’utilizzazione delle risorse di indirizzo ai grandi gruppi monopolistici ( vedi Ferrovie dello Stato). L’industrializzazione, lo sviluppo agricolo, l’innovazione non appaiono come obiettivi strategici del PNRR. Appaiono invece come riflesso dello sviluppo capitalistico/monopolistico in atto con l’intervento pubblico soltanto come necessario supporto di esso. Perciò, come cinquant’anni fa, il PNRR di oggi non metterà in moto alcun sistema autonomo e autopropulsivo di sviluppo da consentire un vero progresso socio-economico anche senza l’intervento pubblico. Come nel 1950 con l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno (L.646/50)il sogno dell’intervento aggiuntivo resterà una vera chimera. Lo dimostra l’utilizzo delle risorse dei “Fondi di Sviluppo e Coesione” slegati dal contesto generale dei PNRR. Vorrei ricordare che l’espansione monopolistica riproposta dal PNRR anziché sopprimere la scarsità, la disloca e la riproduce a diversi livelli . La mitologia dell’industrializzazione “monopolistica” ha emarginato la parte sana e più valida della nostra agricoltura lucana strozzata dalla concorrenza dei paesi del bacino mediterraneo e subordinata vergognosamente ai gruppi industriali. Le soluzioni tecniche paracadutate dall’alto e imposte non servono se non sono sostenute da una maturità politica e da una partecipazione attenta delle popolazioni. Come “sociologo di strada” e studioso dei movimenti politici delle aree interne del Mezzogiorno mi preme richiamare l’attenzione sui nostri vecchi CPU (Comitati Popolari Unitari) degli anni settanta. Volutamente le popolazioni del Mezzogiorno interno rinunciavano alla committenza partitica e tentavano di gestire direttamente le “piattaforme” di sviluppo con una propositiva lotta democratica, in una ricomposizione politica di ogni richiesta economica , in una organicità con i bisogni locali , partecipando alla vita reale della politica , dell’economia e della cultura, e sforzandosi di calare queste iniziative in istituti e vertenze globali con tutte le controparti pubbliche e private. Vi sono le condizioni per riproporre oggi (con la crisi strutturale dei Partiti lucani)un tale modus operandi? La risposta a tal riguardo sorge spontanea…esiste ancora una Sinistra in Basilicata dopo le terrificanti performances dell’ex Partito/Regione? A noi uomini maturi del vecchio conio è “nato uno scoglio”…fate voi l’anagramma …non vogliamo essere scurrili. Per dirla, alla Giancarlo De Cataldo, siamo felici quando incontriamo i giovani che ti guardano negli occhi e che condividono le nostre idee e i nostri buoni propositi. Sarà triste consolazione ma a noi basta…per “raddrizzare” la giornata.
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