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Il paradosso di LinkedIn che taglia lavoro e i dubbi sull’etica dell’innovazione


Microsoft sforbicia il 3 per cento dei dipendenti. Pure nel reparto della gestione dei talenti, quindi compreso il social dedicato al networking professionale. I conti dell’azienda non sono in crisi, anzi. Ma si preferisce investire sull’Intelligenza artificiale. Così un’industria che celebra l’avanzamento tecnologico cannibalizza le carriere di quelli che la guidano.

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Il paradosso di LinkedIn che taglia lavoro e i dubbi sull’etica dell’innovazione

Qual è il colmo per LinkedIn? Licenziare. Microsoft, che l’ha acquisita nel 2016 per 26 miliardi di dollari, è pronta a tagliare di circa il 3 per cento la forza lavoro globale. Anche se il numero esatto dei posti sforbiciati non è stato reso noto, la piattaforma è di sicuro coinvolta. C’è dunque una certa ironia della sorte nel vedere che il famoso social network concepito come un mercato digitale dove chi cerca lavoro può mettersi a lucido mentre i datori di lavoro dovrebbero scovare talenti, vedrà migliaia di dipendenti finire per strada. Magari costretti a cercare lavoro usando proprio la piattaforma che li ha lasciati a piedi.

Eppure i risultati finanziari sono solidi

Insomma, siamo di fronte a un paradosso. Eppure i conti racconterebbero un’altra storia. Questa decisione è arrivata infatti nonostante risultati finanziari solidi. Nell’ultima trimestrale Microsoft ha riportato un fatturato di oltre 70 miliardi di dollari, in aumento del 13 per cento, e un utile netto di quasi 26 miliardi di dollari con una crescita del 18 per cento, superando così le migliori attese. Allora come si spiega la scelta di sfoltire?

Risorse riallocate verso cloud e intelligenza artificiale

Dietro i tagli c’è una strategia chiara: ridurre i costi e riallocare risorse verso settori strategici come il cloud e l’Intelligenza artificiale, aree che Microsoft vede come motori di crescita futura. L’amministratore delegato Satya Nadella ha detto: « Cloud e IA sono gli input essenziali per espandere la produzione, ridurre i costi e accelerare la crescita». E poi è noto che quando le strutture aziendali diventano particolarmente complesse e articolate, innovare diventa una sfida nella sfida. Come diceva l’oracolo degli investimenti finanziari Warren Buffett: se vuoi restare a lungo nella partita devi capire bene come funziona. E la partita delle big tech ha una dominante chiara: innovare costantemente per evitare di diventare un carrozzone destinato a morire. La struttura insomma deve essere snella, per permettere alle idee di circolare liberamente e all’azienda di prendersi dei rischi. Per questo, se vuole essere pronta ad affrontare il futuro, Microsoft deve farsi trovare con l’anima di una startup che sa come va il mondo e con il fisico asciutto di un atleta.

Il paradosso di LinkedIn che taglia lavoro e i dubbi sull'etica dell'innovazione
Microsoft ha annunciato che taglierà il 3 per cento della forza lavoro globale (foto Ansa).

Altro che tecnologia come motore di opportunità…

Certo, fa specie leggere che tra i dipartimenti più colpiti ci sarà quello dedicato alla gestione dei talenti, ossia le risorse umane, considerato che proprio la gestione dei talenti è al centro della missione di LinkedIn. Come non si può fare a meno di notare la contraddizione intrinseca in un’azienda votata all’avanzamento professionale e allo sviluppo della carriera, costretta a mettere la parola fine su quelle di alcuni dei propri dipendenti. Un’immagine che sfida la narrazione ottimistica della tecnologia come motore di opportunità, rivelando invece il suo lato oscuro: la capacità di fare a meno di posti di lavoro mentre promette di crearne di nuovi.

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Investimenti che rendono obsoleti tanti posti di lavoro

Insomma, c’è qualcosa di intrinsecamente moderno, nel senso distorto del termine, nel comportamento di una piattaforma dedicata al networking professionale che ridimensiona la propria forza lavoro per finanziare investimenti in tecnologie che, alla fine, potrebbero rendere obsoleti tanti posti di lavoro. È come se LinkedIn stesse partecipando in prima fila alla propria parabola che a ben guardare è figlia dell’era digitale in cui viviamo, e a cui farne le spese è quel capitale umano che queste aziende hanno contribuito a progettare e rendere quello che sarebbero diventate e che tutti conosciamo e usiamo.

Il paradosso di LinkedIn che taglia lavoro e i dubbi sull'etica dell'innovazione
Il quartier generale di LinkedIn, in California (foto Ansa).

Quasi 60 mila posti tagliati nel settore tech

Per questo il caso di LinkedIn finisce per rappresentare un microcosmo delle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, una palla di vetro attraverso cui leggere cosa sta accadendo nel settore tecnologico. Nel solo 2025, per esempio, quasi 60 mila posti sono stati tagliati nel tech, a conferma di una tendenza strutturale e niente affatto episodica.

Delicato equilibrio tra efficienza e benessere sociale

Così, mentre centinaia di dipendenti di LinkedIn aggiornano i propri profili e iniziano a cercare nuove opportunità, si uniscono alle file crescenti di lavoratori tecnologici che navigano in un panorama sempre più plasmato dall’intelligenza artificiale, dal consolidamento aziendale e dal destino beffardo di un’industria che celebra l’innovazione mentre cannibalizza le carriere di coloro che la guidano. La vicenda di LinkedIn, insomma, non riguarda solo strategie aziendali o dinamiche di mercato, ma una tensione irrisolta tra la promessa di progresso e il suo costo umano, sollevando interrogativi fondamentali sull’etica dell’innovazione, sulla responsabilità delle imprese tecnologiche verso i propri dipendenti e sul delicato equilibrio tra efficienza economica e benessere sociale.



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