Nella toponomastica di Lecco, tra vie, piazze, luoghi più o meno conosciuti, spicca il Bione, un angolo incantevole sulle rive dell’Adda e ai piedi di montagne miste di rocce e boschi.
Il Bione per i venticinque lettori che non lo sapessero, è uno dei corsi d’acqua che attraversa la città, lambendo l’istituto Airoldi e Muzi, intersecando poi il lotto zero, il più famigerato dell’attraversamento, per gettarsi infine nel lago a ridosso del Centro sportivo, battezzato come il torrente.
Aldilà degli aspetti naturalistici, il Bione ha catalizzato su di sé, nei decenni, una costante attenzione per le opere compiute e sopratutto per le incompiute, sicché ora che è stato annunciato dal Comune un nuovo progetto di riqualificazione si fatica a nuotare nell’ottimismo.
Tra l’altro, a margine, le condizioni dell’impianto versano in uno stato precario, una costante che ha segnato da sempre una cesura netta tra la bellezza del luogo e l’efficienza e il decoro degli ‘interni’.
Ma andiamo oltre l’impianto sportivo : dal ponte Manzoni alla storica presenza delle giostre, dalla piazzola degli elicotteri al polo logistico destinato a servire e integrare il trasporto su gomma con i treni, è facile intuire come il ventaglio delle attività abbia portato con sé disagi e problemi a non finire. Si pensi anche che dieci anni fa era stata lì collocata la nuova caserma dei Vigili del fuoco ( per ora ancora vagante nei pensieri progettuali ) e più di recente la piazzola ecologica finanziata dalla manna del PNRR.
Questo lembo di terra è insomma diventato un punto nevralgico della città che a breve, tra l’altro, sarà sollecitato dallo sbocco del nuovo ponte, firmato Anas, e da un progetto di riqualificazione viabilistica da parte del Comune che dovrà orientare il traffico nei diversi sensi di marcia : operazione ardita, tenendo conto oltre agli intrecci con il traffico locale, le quattro direttrici della città verso la Valtellina, la Valsassina, Milano /Como e Bergamo.
A non dire che l’araba fenice della Lecco Bergamo trova in quel groviglio il suo punto di partenza e di snodo e ci viene d’interrogarci se questa convergenza di nuove funzioni sia coerente con una direttrice stradale, tornata di competenza Anas e ribattezzata arteria statale.
Riflettevo su questo ingorgo, in un’area di alto profilo paesaggistico e già stressato di suo, per evidenziare l’assenza, a mio parere, di una pianificazione.
Il cittadino maniaco lecchese che è in me si chiede in sostanza se l’occupazione di spazi, al di fuori di una visione strategica, possa magari risultare efficace nel breve, ma rischi di generare in futuro un labirinto inestricabile. E aggiungo se non sia avveduto dislocare altrove servizi e funzioni orientandosi magari su ex aree industriali ( tipo File e Bregaglio ), nel segno di un’autentica rigenerazione urbana.
Come dicevo è piombata fresca fresca la notizia di un rilancio del Centro sportivo del Bione sostenuto dai privati, guidati da un primario gruppo bancario. Va bene se l’operazione va in porto ma a suscitare perplessità è lo strumento adottato, quel project leasing già bocciato sia dalle minoranze consiliari, sia dall’assessore allo sport Emanuele Torri, che esporrebbe il Comune a rispondere in solido per ogni tipo di inciampo.
Ritengo che alla base ci sia una resistenza, se non una riluttanza a coinvolgere l’imprenditore locale ( si pensi all’interesse manifestato da Acinque, rigettato dal Comune ) nel rilancio di una struttura invidiata a livello lombardo.
Del resto la prova del nove risiede nel modesto risultato del Fondo per la ristrutturazione del Teatro della Società.
Qui non si tratta di trovare colpevoli, ma di capire quale rinnovato patto può chiamare a raccolta le forze vive della città intorno a un piano di sviluppo di opere dopo la sbronza del PNRR.
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