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La burocrazia italiana ci costa 80 miliardi, crisi per le piccole imprese


Una tassa invisibile da 80 miliardi per le imprese. Sarebbe questo il peso della burocrazia sulle casse delle aziende italiane, secondo quanto stimato dalla Cgia di Mestre. Il centro studi dell’associazione degli artigiani e delle piccole imprese denuncia gli alti livelli di inefficienza della pubblica amministrazione, tra le peggiori in Europa soprattutto in termini di tempi di risposta.

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Lungaggini che hanno un costo e rappresentano “un fardello insopportabile che ‘schiaccia’ soprattutto le microimprese, costrette a destreggiarsi tra moduli da compilare, documenti da produrre, timbri da apporre e file interminabili agli sportelli pubblici solo per ottenere una semplice informazione”.

Lo studio Cgia

Nello studio della Cgia di Mestre sottolineano come i tempi medi per il rilascio di permessi e autorizzazioni da parte delle Pa italiane siano tra i più elevati d’Europa, a causa in particolare modo di “un livello di digitalizzazione dei servizi pubblici ancora troppo basso”.

Nonostante l’associazione sottolinei le “punte di eccellenza” di portata internazionale nella Sanità, nella Ricerca, nell’Università e nel comparto della Sicurezza italiane, le procedure a rilento della burocrazia nel nostro Paese sottraggono tempo e risorse a tutta la rete delle pmi.

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Per gli esperti della Cgia la macchina “scassata” dello Stato non riesce a tenere il passo con i cambiamenti epocali in atto e le difficoltà nella Pubblica amministrazione sono croniche, soprattutto “soprattutto in molte regioni del Mezzogiorno, dove l’inefficienza costituisce un tratto caratteristico di queste realtà pubbliche”.

Burocrazia italiana tra le peggiori d’Europa

Nel confronto con gli altri Paesi Ue risulta evidente come il percorso a ostacoli delle Pa incida in modo significativo sull’attività delle imprese italiane. Da quanto emerso dai risultati di un’indagine realizzata dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI), il 90% delle pmi tricolori ha dichiarato di dedicare parte del personale all’adempimento degli obblighi normativi.

Una percentuale più alta rispetto ad altri grandi Paesi come Francia, dove la quota di dipendenti dedicata alle pratiche burocratiche si attesta all’87 per cento, Germania, dove è sceso all’ 84 e in Spagna, all’82, ma peggiore anche rispetto alla media Ue, dell’86%.

Dall’analisi della Bei risulta, inoltre, come il 24% degli imprenditori italiani dichiari di impegnare oltre il 10% degli impiegati sull’elaborazione di tutti gli adempimenti e obblighi di legge, un quota di personale designata in Francia dal 14% dei datori di lavoro intervistati, dall’11% in Spagna e in Germania, con una media nell’Unione europea del 17%.

Pa del Sud ultime nell’Ue

Il quadro risulta ancora peggiore se si scende a livello territoriale. Secondo la periodica indagine condotta dall’Università di Göteborg sulla qualità del servizio delle Pa di 210 regioni dell’Ue, nel 2024 le amministrazioni pubbliche italiane hanno fatto segnare risultati modesti, al fondo della classifica se si considera il Sud.

La prima Regione d’Italia in graduatoria è il Friuli Venezia Giulia, al 63esimo posto nell’Unione europea, seguita dalla provincia Autonoma di Trento (81°), la Liguria (95°) e la Provincia Autonoma di Bolzano (96°).

Agli ultimi posti le prestazioni degli uffici pubblici del Mezzogiorno, con la regione Puglia in 195esima posizione, Calabria in 197esima, il Molise e la Sicilia al quartultimo e terzultimo posto, 207esima e 208esima.

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