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Ex Ilva, azienda chiede cassa integrazione per quasi 4mila lavoratori


La produzione è compromessa, l’incendio del 7 maggio ha danneggiato l’altoforno 1 rendendo di fatto impossibile il rilancio produttivo previsto dal piano industriale

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La produzione dell’Ilva è compromessa, l’incendio del 7 maggio ha danneggiato l’altoforno 1 rendendo di fatto impossibile il rilancio produttivo previsto dal piano industriale. Ad annunciarlo è stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ammettendo che ci sarà un impatto su occupazione diretta e indotto. E dal tavolo di questa mattina tra Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria e sindacati arriva la conferma: l’azienda – secondo quanto riferiscono fonti presenti all’incontro – si prepara ad avanzare un intervento di cassa integrazione al ministero del Lavoro per raddoppiare in numero di operai in cigs, che dovrebbero sfiorare le quasi 4mila unità.

Ora dunque l’Ilva conta un solo altoforno funzionante: i 6 milioni di tonnellate annui previsti nel piano di rilancio sono un obiettivo irraggiungibile. Secondo quanto emerso al tavolo con azienda, commissari e tute blu, Taranto avrà 3.538 cassaintegrati, Genova 178, Novi 163 e Racconigi 45, per un totale di 3924 lavoratori. Se non ci saranno cambiamenti in senso positivo rispetto ai tempi di riavvio dell’altoforno si dovrà valutare – avrebbero aggiunto i rappresentanti di Adi – una cassa straordinaria più ampia

Opposizioni contro Urso, sindacati chiedono nuovo incontro

Le opposizioni si scagliano intanto contro via Veneto, ma Urso respinge le accuse al mittente e ribadisce: l’allarme “lo avevamo dato in tempo: era assolutamente necessario autorizzare subito l’attività di messa in sicurezza dell’impianto”, puntando il dito contro le lungaggini che hanno ritardato il via libera della procura alle procedure. I sindacati chiedono a gran voce un nuovo incontro a Palazzo Chigi e cominciano a preparare le barricate: “Non accetteremo nessuna cassa integrazione senza chiarezza sul futuro” tuona la Fiom, mentre la Uilm chiede che il governo “assuma la gestione del gruppo”.

Nebbia anche sulla vendita

Rischia di annebbiarsi anche l’orizzonte della vendita. Sebbene le trattative con gli azeri di Baku Steel restino ancora in piedi, è evidente che il valore dell’asset cambierà. “Noi – ha affermato Urso – andiamo avanti con determinazione, con chiarezza di intendimenti e di obiettivi. Ci auguriamo che tutti collaborino, le autorità locali per quanto di loro competenza, quelle nazionali, i sindacati come stanno facendo: se remiamo tutti insieme nella stessa direzione, possiamo giungere all’obiettivo che tutti ci prefiggiamo”.

I punti da chiarire

Tra i punti da capire, c’è sicuramente l’ipotesi di accelerare la decarbonizzazione, senza investire su un intervento per riattivare l’altoforno 1 ma passando direttamente ai forni elettrici, come spiegato anche da Guglielmo Gambardella della Uilm, secondo cui questo sarebbe “l’unico elemento di garanzia e di prospettiva per salvaguardare industria e occupazione”. Resta tuttavia il nodo dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia). Maurizio Saitta, direttore generale di Adi, avrebbe comunicato ai metalmeccanici che per ora “è convocata la conferenza dei servizi a Roma per mercoledì 21 maggio” e che nell’arco di questa settimana “produrremo approfondimenti, chiarimenti e osservazioni per aiutare il gruppo istruttore e spiegare la nostra posizione”. Il problema però “non è tanto il numero ma la sostanza delle prescrizioni previste. Porteremo considerazioni e osservazioni su quanto già fatto e sulle prescrizioni inserite nella nuova Aia”

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“In arrivo 100 milioni”

Intanto, l’autonomia finanziaria del gruppo è “al lumicino”. Servono quei 100 milioni, parte del prestito ponte, previsti dall’ultimo decreto del governo. Sono in arrivo”, assicurano fonti vicine al dossier, spiegando che l’esecutivo “ha ottenuto il via libera della Commissione europea e sta completando l’iter amministrativo necessario per procedere all’erogazione”.

La nota della Procura

Su quanto avvenuto dopo l’incendio interviene in una nota Eugenia Pontassuglia procuratore della Repubblica del tribunale di Taranto con un comunicato ufficiale della procura:

Le notizie di stampa apparse sulle principali testate nazionali in relazione alla vicenda concernente il sequestro dell’Altoforno 1 avvenuto lo scorso 7 maggio all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto impongono delle precisazioni finalizzate a meglio chiarire i termini dell’intervento dell’autorità giudiziaria. A tal fine si ritiene necessario ripercorrere, sulla scorta di notizie note, la cronologia degli eventi e illustrare la natura dei provvedimenti emessi dalla Procura della Repubblica di Taranto. In data 7 maggio si sviluppava un incendio all’interno dello stabilimento AdI (Acciaierie d’Italia) in A.S (amministrazione straordinaria). presso l’altoforno Afo 1; a seguito di comunicazione di “evento emissivo visibile” pervenuta sia al Comando dei Vigili del Fuoco di Taranto che agli uffici di Arpa Puglia veniva effettuato, unitamente a personale dello Spesal, un sopralluogo all’interno dello stabilimento; al momento, si constatava che erano in corso attività di messa in sicurezza dell’impianto da parte di personale interno all’azienda e, nello specifico, che si stava effettuando lo spegnimento di ingenti quantitativi di materiale solido incandescente. di La visione delle immagini registrate dalle telecamere interne all’impianto permetteva di riscontrare che alle ore 11.31 del 7 maggio dalla tubiera 11 era fuoriuscito un notevole quantitativo di gas incendiato seguito da proiezione di materiale solido incandescente con conseguente sviluppo incendio di vaste proporzioni; gli organi tecnici intervenuti chiarivano che l’evento in questione aveva esposto a evidenti rischi per la propria incolumità i lavoratori interni nonché quelli delle aziende terze presenti in tali luoghi sulla traiettoria delle emissioni incendiarie di gas e di materiale solido; si precisava che dipendenti di AdI avevano avuto accesso alla unità sanitaria sita all’interno dello stabilimento a causa di ustioni di piccola entità, contusioni ed escoriazioni. All’esito dei preliminari accertamenti gli organi tecnici ipotizzavano che l’evento in questione concretizzasse un “incidente rilevante” -inteso quale emissione o incendio di grande entità dovuto a sviluppi incontrollati che si verifichino durante l’attività di uno stabilimento soggetto al d.lgs. vo n.105/2015 che dia luogo a un pericolo grave, immediato o differito per la salute umana o per l’ambiente all’interno o all’esterno dello stabilimento e in cui intervengano una o più sostanze pericolose- configurando le seguenti ipotesi di reato: incendio colposo determinato da una impropria gestione, manutenzione ed esercizio dell’impianto; getto pericoloso di cose in ragione delle ingenti emissioni in atmosfera di sostanze potenzialmente pericolose per l’uomo e per l’ambiente; omessa comunicazione dì incidente rilevante non essendo stata effettuata dalla società alcuna specifica segnalazione in ordine all’accadimento configurante ipotesi di incidente rilevante

Sulla scorta di tali emergenze nelle prime ore dell’8 maggio gli organi intervenuti procedevano, congiuntamente ai Carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura, al sequestro dell’impianto Afo 1, autorizzando, al contempo “tutte le attività finalizzate alla salvaguardia della salute pubblica, della sicurezza dei lavoratori nonché dell’ambiente e l’accesso alla sala controllo del personale addetto al monitoraggio dei parametri volti a garantire le condizioni generali di sicurezza” La comunicazione della notizia di reato, con allegato il verbale di sequestro, veniva depositata in Procura alle ore 16.50 dello stesso giorno; in allegato al verbale di sequestro vi era una istanza dell’ufficio legale di AdI spa in A.S. e del capo Area Altoforni con la quale veniva richiesta l’autorizzazione all’esecuzione di specifiche e numerose attività tecniche sull’impianto in sequestro: alle successive ore 19.50 -condividendo le valutazioni che avevano determinato il sequestro di iniziativa da parte della polizia giudiziaria anche in considerazione della situazione di pericolo per l’incolumità e la sicurezza dei lavoratori- si procedeva alla sua convalida ai fini dell’accertamento dei fatti e delle conseguenti responsabilità; contestualmente, attesa la natura estremamente tecnica dell’istanza avanzata da AdI e dell’assenza di alcuna valutazione effettuata dagli örgani tecnici in ordine alla stessa, si richiedeva ad Arpa di esprimere parere. In data 9 maggio alle ore 15.14, perveniva ulteriore istanza dell’ufficio legale di Adi Spa in A.s che. ad integrazione della precedente, richiedeva lo svolgimento di altre e specifiche attività tecniche da eseguirsi sull’impianto; in tale ultima nota si rappresentava che “il tempo residuo utile per effettuare le operazioni richieste è di circa 48 ore dal presente momento”; anche questa istanza, per il suo contenuto tecnico, veniva trasmessa ad Arpa Puglia al fine ottenere un parere tecnico in ordine alla natura delle attività invocate. Sulla base delle valutazioni espresse da Arpa Puglia nel parere trasmesso alle ore 12.04 del 10 maggio, questo ufficio con provvedimento depositato alle successive ore 13.01 (a distanza di 22 ore dal deposito dell’ultima istanza e, quindi, nel rispetto del termine di 48 ore nella stessa segnalato) autorizzava l’esecuzione della quasi totalità delle attività richieste, restando escluse quelle che, secondo le valutazioni tecniche espresse da Arpa, da un lato non incidevano sulla integrità degli impianti, dall’altro apparivano confliggenti con le esigenze probatorie connesse al sequestro. Con riferimento alla notizia apparsa nella giornata odierna, relativa all’asserito diniego, da parte di questo ufficio, a concedere l’autorizzazione ad effettuare il c.d. “colaggio dei fusi“, operazione che si assume essere necessaria per evitare l’esecuzione di procedure straordinarie che potrebbero determinare la probabile fermata definitiva dell’impianto, va precisato che tale richiesta non risulta essere stata avanzata in nessuna delle due menzionate istanze. Allo stato sono in corso accertamenti tecnici al fine di appurare le cause dell’evento ed eventuali elementi di responsabilità



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