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Agri&FoodTech, startup fondamentali ma nel 2024 investiti poco più di 100 mln


Nonostante la filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, pesi per circa il 30% del Pil italiano, il potenziale della startup economy per la trasformazione tecnologica dell’agroalimentare Made in Italy è ancora inespresso. Nel 2024, infatti, sono stati investiti in startup Agri&FoodTech poco più di 100 milioni di euro, in calo rispetto al valore degli investimenti nel 2023 (poco più di 140 milioni di euro; -28%) e nel 2022 (poco più di 150 milioni di euro; -36% il decremento 2024 su 2022). E’ quanto emerge dal primo ‘Rapporto sulla trasformazione tecnologica della filiera agroalimentare. Il contributo della startup economy’, presentato in Senato, nell’ambito del progetto promosso da Federalimentare, sostenuto da Confagricoltura e realizzato dal centro di ricerca Luiss-X.Ite con la collaborazione degli esperti di Linfa AgriFoodTech Fund.

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Regno Unito, Germania, Francia e Spagna – si legge nel rapporto – investono più dell’Italia e, rapportando questo differenziale rispetto al peso che l’agroalimentare ha sul Pil dei diversi Paesi, il divario appare davvero abnorme. Confrontando quanto investito in Italia con la media di quattro Paesi europei di riferimento, emerge che per colmare il gap, per esempio, in rapporto al valore produzione agricola, il valore degli investimenti Agri&FoodTech dovrebbe essere oltre 500 milioni di euro annui. Ben 5 volte di più rispetto al dato reale del 2024. Un divario che urge colmare.

Nel rapporto sono state mappate ben 550 startup, di cui 280 hanno avuto accesso ad almeno un round di investimento. Servono maggiori capitali e più investitori, perché le innovazioni Agri&FoodTech vanno a beneficio della decarbonizzazione e quindi del clima, della produzione di energia e del migliore uso di risorse ambientali quali acqua e terra, di salute e benessere, della produzione di nuovi materiali, della riduzione di disuguaglianze e quindi della giustizia sociale.

Il rapporto presentato oggi, dice Andrea Paganella, segretario di Presidenza del Senato della Repubblica, “è incentrato sulle sfide di un comparto, quale la filiera agroalimentare, che rappresenta l’eccellenza del Made in Italy nel mondo e che incide in maniera significativa sul Pil italiano. È importante aver posto l’attenzione sulle potenzialità e sulle opportunità inespresse che il sistema Paese può e deve cogliere. È apprezzabile, altresì, che i luoghi istituzionali diventino un contesto in cui avviare un percorso di dialogo e scambio di idee. Il rapporto, infatti, non si limita a una fotografia dell’esistente ma esprime una visione lungimirante correlata da proposte che rappresentano un contributo particolarmente prezioso al dibattito”.

Per Luigi D’Eramo, sottosegretario al ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, “le startup rappresentano un tipo di impresa che sa cogliere i cambiamenti sperimentando strade e soluzioni diverse. Il ministero sta lavorando per supportare l’agricoltura 5.0 nella consapevolezza che l’innovazione tecnologica costituisce un’opportunità preziosa per il settore in termini di sostenibilità, trasparenza e aumento della capacità produttiva a vantaggio della competitività del nostro Paese. In tal senso, i dati record del settore agroalimentare sull’export sono incoraggianti. In questa prospettiva, il Governo continuerà a sostenere il comparto per rispondere alle nuove sfide globali”.

Il rapporto invita a una riflessione sul trasferimento tecnologico in agricoltura, strettamente legato al ricambio generazionale. Come sottolinea Mirco Carloni, presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, “il principale trasformatore dell’innovazione tecnologica è proprio il ricambio generazionale: nuovi imprenditori che avviano nuove attività creano un tessuto connettivo fondamentale”, su cui puntare, e “il Governo sta puntando con decisione su ricerca e innovazione per affrontare le sfide cruciali dell’agricoltura. L’agevolazione fiscale rappresenta un tema strategico, così come i fondi stanziati per l’acquisto di macchinari e la defiscalizzazione”.

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“Stiamo già lavorando per costruire una partnership europea finalizzata ad accedere ai fondi di Horizon Europe dedicati all’agroalimentare”, dichiara Per Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare, aggiungendo che in parallelo, “sono stati avviati contatti con il ministero dell’Università e della Ricerca per costruire una collaborazione strutturata che rafforzi il cofinanziamento nazionale e la sinergia con le politiche europee. Per le imprese che investono in ricerca è fondamentale che esista un contesto favorevole, stabile e prevedibile, in cui il sostegno pubblico agisca da moltiplicatore degli investimenti privati”.

Gli imprenditori, aggiunge Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, “il sistema delle imprese ha bisogno della ricerca e della scienza, per cui sarà importante continuare a lavorare insieme alle università e alle istituzioni per supportare i giovani nel favorire i processi di innovazione”. E anche per Livio Proietti, presidente Ismea, “la parola chiave oggi è l’innovazione. Bisogna agire incrementando l’aiuto alle startup tecnologiche” ma serve “una risposta corale delle istituzioni. Oggi abbiamo una grande occasione per far crescere sul territorio incubatori di imprese innovative. In questo senso, stiamo lavorando per realizzare un modello virtuoso di sinergia tra pubblico e privato per il rilancio del settore”.

Questo progetto, sottolinea Michele Costabile, professore all’Università Luiss e direttore del centro di ricerca Luiss-X.Ite, che ha guidato lo studio, è “un primo concreto tentativo di passare dalle analisi alle azioni. Che l’Italia sia in ritardo sulla trasformazione tecnologica di settori chiave per l’economia del Paese, quali l’agroalimentare, è un dato ma non un destino”. Per Costabile “è necessario quintuplicare gli investimenti nelle startup Agri&FoodTech, investire in tecnopoli specializzati, incentivare i capitali privati per il venture capital e attrarre le competenze imprenditoriali già forti e consolidate nel nostro Paese mediante smart partnership con l’ecosistema delle startup”. Startup di talento in Italia ce ne sono, parola di Marco Gaiani, Founder & Partner Linfa di Riello Investimenti Sgr, “hanno competenze, tecnologie che non hanno nulla da invidiare a Paesi più blasonati dal punto di vista del Venture Capital”.



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