In un contesto di emergenze sociali sempre più evidenti e di crescenti pressioni politiche ostili a modelli orientati all’impatto positivo, è sempre più importante che le aziende mostrino il proprio purpose e rendano noti i valori che guidano il modello operativo, nonché il modo in cui intendono relazionarsi con tutti gli stakeholder.
Proprio per questo ESGnews affianca Medici Senza Frontiere, promotore dell’evento Sostenibilità sociale: una sfida aperta che vuole essere un’occasione di approfondimento su come le imprese interpretano la dimensione sociale della sostenibilità, in programma per il prossimo 26 maggio. Per partecipare iscriviti qui.
In vista di questo appuntamento ospitiamo oggi l’intervento di Giampiero Giacomel sulla filantropia di impresa dalla definizione ai diversi modelli.
Filantropia di impresa: inquadramento e definizione
Considerata come la forma più discrezionale di responsabilità d’impresa da Carroll nel 1979, e storicamente ritenuta come la forma più antica di tale espressione, la filantropia d’impresa è considerata come una “volontaria riduzione dei profitti d’impresa in diretta competizione con il dividendo per gli azionisti”(Stroup and Neubert 1987). Ed è stata definita come il volontario e incondizionato trasferimento di denaro o altri beni da parte di imprese private a organizzazioni per finalità pubbliche che non siano esclusiva espressione della proprietà (FASB, 1993).
La filantropia d’impresa si riferisce dunque alle attività che le aziende iniziano volontariamente per gestire il proprio impatto sulla società senza che siano necessarie previsioni legali sul tema. Tipicamente, la filantropia d’impresa comprende donazioni in denaro, donazioni di prodotti o servizi, programmi di volontariato d’impresa e altre attività finalizzate a sostenere cause sociali.
Mentre alcune imprese agiscono filantropicamente in proprio magari dotandosi di una propria fondazione, altre si focalizzano a sostenere le organizzazioni della propria comunità e iniziative per il miglioramento della società (Stroup and Neubert 1987).
In letterattura, solo sei pubblicazioni definiscono la filantropia d’impresa (Gautier & Pache, 2015). Questa mancanza di definizioni esplicite rivela una forte inquietudine verso la nozione di filantropia d’impresa. La filantropia d’impresa sembra essere infatti in contraddizione con lo scopo for-profit e commerciale dell’impresa. Se una persona, infatti, può essere generosa e quindi donare per cause sociali di proprio gradimento, una impresa non agisce in tal modo non avendo alcuna obbligazione morale a una azione filantropica (Manne, 1973). Questo problema ha causato dibattito perché resta il dilemma se la filantropia d’impresa sia non-profit o for-profit (Fry et al. 1982).
La letteratura identifica tre categorie di filantropia d’impresa: 1) Impegno per il bene comune; 2) Investimenti per la comunità; 3) Approccio marketing. Queste categorie sono confermate dallo US-based Committee Encouraging Corporate Philanthropy (CECP, 2012).
Impegno per il bene comune
Esiste un’ampia letteratura che identifica l’agire filantropico dell’individuo motivato anche da ragioni prettamente altruistiche, ciò però non si può applicare all’impresa dato che essa non agisce secondo logiche di moralità individuale. Persistono, tuttavia, elementi altruistici nella filantropia d’impresa nei seguenti casi:
A) L’impresa non si aspetta un diretto ritorno materiale per le proprie donazioni. Circostanza che stabilisce una grande differenza tra filantropia e sponsorizzazioni. Godfrey (2005) dice “la non reciprocità è la cartina tornasole dell’attività filantropica”
B) L’ipotetico ritorno per l’impresa è incerto e difficile da quantificare (Stendardi, 1992), e la maggioranza delle imprese non misura in alcun modo l’impatto delle proprie donazioni (Maas and Liket, 2011).
C) La filantropia d’impresa solitamente è una espressione della responsabilità verso una ampia gamma di stakeholders (Freeman, 1984). Quindi la filantropia d’impresa è vista come una espressione della cura che l’impresa adotta verso la società che la circonda.
Investimento per la comunità
Qui la filantropia d’impresa viene interpretata come una sorta di investimento, piuttosto che come una donazione o un obbligo da assolvere (Stroup and Neubert, 1987). E’ vero infatti che molte imprese si aspettano un ritorno per le proprie buone azioni (Shaw and Post, 1993; Stendardi, 1992). Tale ritorno non è finanziario, ma intangibile come per la reputazione, prestigio, oppure un accresciuto orgoglio dei dipendenti. L’idea dell’investimento impone anche una maggiore razionalizzazione della azione filantropica. In tale categoria l’impresa inizia ad adottare “strategie filantropiche” e può dotarsi di personale competente a tale scopo.
Approccio marketing
La filantropia d’impresa può essere impostata come una offerta di prodotto (Murray and Montanari, 1986), all’interno di un piano che contempla le aspettative morali dei propri clienti e potenziali clienti. Tale idea è in forte contrasto con la tradizionale idea di dono perché prevede un diretto e misurabile ritorno dell’investimento. Il caso più emblematico è forse il cosiddetto “cause-related marketing”, ma quello più noto è la sponsorizzazione.
A questo punto una domanda sorge spontanea. Quando la filantropia d’impresa diventa strategia di marketing, stiamo ancora parlando di filantropia? (Galaskiewicz, 1989; Moir and Taffler, 2004). La risposta non è semplice, ma in ogni caso un approccio marketing alla filantropia d’impresa crea confusione nelle categorie classiche che definiscono la filantropia.
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