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5 sì a Jobs Act e cittadinanza


Il referendum dell’8 e 9 giugno si avvicina e la posizione ufficiale del Partito democratico è l’invito a votare convintamente cinque sì.

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Il Pd, però, marcia diviso: una corrente di minoranza si è sfilata dalla posizione ufficiale su tre dei quesiti riguardanti il Jobs Act. Perfetta concordia, invece, sul quesito inerente la cittadinanza.

I quattro quesiti sul Jobs Act

I primi quattro quesiti del referendum, presentati dalla Cgil, sono volti a modificare il Jobs Act cioè l’insieme di leggi in materia di lavoro introdotte dal Pd stesso sotto il governo Renzi e modificate negli anni da una serie di sentenze della magistratura.

Il termine Jobs Act indica tutte le misure avviate dal Governo con la Legge delega 183/2014 in tema di occupazione, fra i quali il Decreto legislativo 80/2015 recante misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, il Decreto legislativo 23/2015 in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e il Decreto legislativo 81/2015 di riordino delle diverse tipologie di contratti di lavoro e di revisione della normativa in tema di mansioni.

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Primo quesito: licenziamenti

Il primo quesito riguarda i licenziamenti illegittimi, con la proposta di abrogare uno dei decreti del Jobs Act che riguarda il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Se passasse la proposta, verrebbe ripristinata la possibilità di reintegrare il lavoratore nel suo posto di lavoro, in tutti i casi di licenziamento illegittimo.

Il Partito democratico invita a votare :

Sì, per tornare al lavoro se il licenziamento è illegittimo.

Secondo quesito: piccole imprese

Il secondo quesito riguarda l’indennità per i licenziamenti dei lavoratori nelle piccole imprese: si punta a eliminare il tetto massimo all’indennità per licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti. Così facendo, sarà il giudice, di volta in volta, a determinare l’importo senza limiti predefiniti.

Il Partito democratico invita a votare :

Sì, per un giusto indennizzo se il licenziamento è illegittimo nelle piccole imprese.

Terzo quesito: contratti a termine

Il terzo quesito riguarda i contratti a termine: si propone di abrogare alcune norme contenute nel Decreto legislativo 81/2015 che regolano la possibilità di instaurare contratti a tempo determinato e le condizioni per le proroghe e i rinnovi.

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Il Partito democratico invita a votare :

Sì, per fermare la giungla dei contratti precari.

Quarto quesito: appalti, subappalti e responsabilità

Il quarto quesito riguarda gli appalti, con la proposta di abrogare la norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore, per gli infortuni sul lavoro. In pratica, si va ad aumentare la responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali.

Il Partito democratico invita a votare :

Sì, perché anche l’impresa appaltante sia responsabile quando si verificano incidenti sul lavoro.

Comunque dovesse andare il referendum, la premier Giorgia Meloni ha aperto a una stretta sui subappalti nel recente tavolo coi sindacati.

Il quesito sulla cittadinanza

Il quinto quesito del referendum non è di iniziativa sindacale, ma è stato proposto da Riccardo Magi di +Europa. Si punta a modificare i termini per la cittadinanza italiana agli stranieri, con la proposta di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia necessario affinché gli extracomunitari maggiorenni possano richiedere la cittadinanza italiana.

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Il Partito democratico invita a votare :

Sì, per riconoscere le figlie e i figli d’Italia. Da 10 a 5 anni di residenza per poter presentare la domanda di cittadinanza. Semplifichiamo la vita a chi qui lavora onestamente e i cui figli sono spesso nati e cresciuti qui, di fatto da sempre italiani.

Pd spaccato sul referendum

Quelle appena elencate sono le posizioni ufficiali del Pd sul referendum dell’8 e 9 giugno.

Tuttavia i riformisti di Energia popolare, una corrente minoritaria del partito, al momento sembrano non essere allineati all’indicazione generale. L’idea è quella di votare su cittadinanza e subappalti, e di non ritirare le schede per gli altri tre referendum. La posizione non è stata ufficializzata e si punta piuttosto sulla libertà di voto. Nelle tre settimane che ci separano dal referendum, però, tutto può cambiare.

Ma a minacciare il referendum c’è anche la scarsa pubblicità sui quesiti, con un terzo degli italiani che non sa nulla del voto di giugno. Se le cose non dovessero cambiare sarà difficile raggiungere il quorum.





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