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Quale futuro, sostenibile, per i Data Center in Italia?


Entro il 2028, il volume dei dati mondiale passerà da 149 a oltre 394 zettabyte: un mercato in rapida espansione che giù ci tocca da vicino, vista la crescita degli investimenti in Data Center in Italia. Se ne parla l’8 e il 9 maggio al Technology Forum di Teha Group, sul Lago Maggiore, con la presentazione del report “Data Center Italia: il motore del futuro digitale del Paese”. Uno spaccato sulla possibile realizzazione di un hub tecnologico europeo, complice la fiorente domanda di storage e di calcolo avanzato, guidata dall’AI, e i vantaggi offerti dal nostro territorio.

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Data Center in Italia: vantaggi e prospettive

A guidare il mercato globale gli Stati Uniti, con oltre 5.000 Data Center, seguiti dall’Ue con 2.220 unità. L’Italia è quinta in Europa e dodicesima nel mondo, coprendo il 7,6% del totale Ue. Perché il mercato italiano può essere competitivo? Gli analisti di Teha elencano alcune peculiarità:

  • disponibilità di aree adatte e già connesse,
  • tempi di connessione tra i più bassi in Europa,
  • modello energetico conta su diverse fonti (idrogeno, biometano, rinnovabili, cattura del carbonio, ecc.).

Anche grazie a questi fattori, gli investimenti stanno passando da 5 miliardi di euro del biennio 2023-2024 a una stima di 23 miliardi tra 2025 e 2030. A trainare le performance la Lombardia, che ospita 317 MW dei 513 MW di capacità installata prevista entro il 2024, ovvero il 61,8% del totale. Milano, in particolare, concentra 238 MW, collocandosi tra le principali piazze emergenti in Europa.

Modello Hyperscale o distribuito?

Guardando alle tendenze globali, entro il 2029 i Data Center Hyperscale costituiranno il 60% della capacità complessiva mondiale. L’aumento di strutture scalabili e di grandi dimensioni evidenzia il chiaro orientamento alla centralizzazione delle infrastrutture digitali per ottenere performance superiori. Parallelamente, tuttavia, cresce il modello distribuito e di scala più contenuta. Si tratta di Data Center progettati per rispondere a esigenze specifiche delle imprese, come gestione di dati sensibili, riduzione della latenza e rispetto di requisiti normativi. Chi ha ragione? Un modello non esclude l’altro. Possono infatti integrarsi offrendo risposte complementari alle diverse necessità.

Sostenibilità e risorse umane

Il percorso verso la leadership italiana nei Data Center presenta tuttavia diverse sfide. Il Paese vanta un posizionamento strategico nel Mediterraneo, ma anche aree strategiche come la penisola iberica stanno diventando competitive. L’attrattività dipenderà anche dalla capacità di migliorare la connettività, semplificare i processi autorizzativi e ridurre i costi energetici. Basti pensare che il prezzo dell’elettricità per le imprese, oggi, è il più alto al mondo, con circa 0,54 euro/Kwh.

E non si tratta solo di soddisfare il crescente fabbisogno energetico dei nuovi Data Center in Italia. Serve garantire una distribuzione stabile ed efficiente di questa energia. E parliamo di un consumo pronto ad aumentare, tra 2020 e 2028, di 6 TWh. Sebbene le rinnovabili siano destinate a crescere di 42 TWh nello stesso periodo, garantendo dunque un’adeguata alimentazione, il tema dell’infrastruttura rischia di vanificare il potenziale. Infine, la sfida del capitale umano: l’Italia deve investire nella formazione di personale qualificato per colmare il divario di competenze. Attualmente, solo il 18,5% dei giovani italiani tra i 20 e i 29 anni possiede una laurea in discipline Stem. Ben al di sotto della media UE del 23%.

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Come risolvere il nodo energetico

“L’Italia ha l’opportunità unica per posizionarsi come hub tecnologico di riferimento in Europa e nel Mediterraneo. Ma deve superare criticità come una normativa e un processo autorizzativo che mettano in risalto le best practice, la valorizzazione delle filiere strategiche e il nodo energetico – commenta Alessandro Viviani, associate partner e responsabile della Community Data Center di Teha Group -. Per farlo, servono visione chiara e collaborazione interfiliera. Un dialogo strutturato che coinvolga tutti gli attori della catena del valore, dalla gestione dei dati alle infrastrutture energetiche, fino al settore pubblico”.

In particolare, il sistema energetico può reggere la domanda solo con una strategia che tenga conto delle criticità. A cominciare dai tempi: l’adeguamento infrastrutturale richiede anni, mentre i tempi di pianificazione e realizzazione sono generalmente tra 18 e 24 mesi. Inoltre, il modello attuale, basato su investimenti “on-demand”, non è più sostenibile. Le richieste di connessione alla rete ammontano a circa 40 GW: si rischia un potenziale raddoppio del fabbisogno elettrico nazionale senza un piano che orienti gli investimenti in modo razionale.

Per questo la Community Data Center di Teha Group propone la creazione di un Net Zero Digital Energy Hub. Un modello integrato di pianificazione territoriale che concentri gli investimenti in infrastrutture IT ed energetiche e sfrutti risorse diversificate. Tecnologie come idrogeno, biometano e sistemi di cattura e stoccaggio della CO2, integrate per garantire tempi certi, minimizzare l’impatto ambientale e assicurare flessibilità. La realizzazione di isole energetiche indipendenti dedicate ai Data Center potrebbe infine migliorare la sicurezza energetica, riducendo la competizione con altri settori e garantendo un approvvigionamento stabile.



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