A Napoli si è svolta l’ultima edizione del Festival del Management, evento che quest’anno ha scelto il colore “deep blue” come metafora guida: simbolo dell’ignoto, della profondità e delle sfide che le imprese devono affrontare per innovare, crescere e affermarsi in un contesto sempre più instabile. L’invito rivolto a imprenditori e manager è stato chiaro: abbracciare la complessità con curiosità e resilienza, e sapersi attrezzare per navigare oltre l’orizzonte del conosciuto.
Uno dei momenti centrali del Festival è stato il tavolo tematico dedicato al “Blu della Riorganizzazione”, moderato dal direttore di Economy, Sergio Luciano. Il dibattito ha preso le mosse da una riflessione ormai imprescindibile per il sistema produttivo italiano: il paradigma “piccolo è bello” appare sempre meno sostenibile. Come già sostenuto da Vincenzo Boccia, ex presidente di Confindustria, occorre sostituirlo con un nuovo principio: “forte è bello”. Un cambio di prospettiva non solo dimensionale ma soprattutto culturale. Non si tratta di rinnegare il valore delle microimprese, ma di stimolarle a sviluppare una mentalità orientata alla crescita.
Il professore Francesco Ciampi dell’Università di Firenze ha fornito il quadro iniziale: “L’attuale scenario economico, segnato da globalizzazione accelerata e innovazione continua, penalizza le imprese di piccole dimensioni, spesso prive di struttura manageriale e di capitale adeguato. Non a caso, in Italia, le aziende con meno di dieci dipendenti registrano una produttività media per addetto inferiore alla metà rispetto a quelle più strutturate”.
Da qui l’urgenza di colmare il doppio gap – manageriale e finanziario – che caratterizza gran parte delle PMI italiane. A questo proposito, Maurizio Quarta (Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors) ha illustrato il valore strategico del temporary e fractional management: strumenti flessibili per portare nelle aziende competenze avanzate senza la necessità di assunzioni permanenti. “Anche realtà sotto i 5 milioni di fatturato – ha affermato – possono beneficiare di figure esperte capaci di gestire transizioni complesse, sviluppare nuove linee di business o affrontare passaggi generazionali”.
Ma il management non basta se non accompagnato dalla volontà di delegare. In molte PMI permangono ancora resistenze culturali e psicologiche, soprattutto quando si tratta di affidare poteri reali a manager esterni. Come ha osservato Quarta, spesso gli imprenditori “capiscono con la testa” ma “reagiscono con la pancia”.
Il dibattito si è arricchito con il contributo di Stefania Pizzuto, Partner di Deloitte Consulting, che ha presentato il ruolo del Chief of Staff (CoS): una figura ponte tra visione strategica e azione quotidiana, già consolidata nel contesto americano e oggi in espansione anche in Italia. Il CoS, ha spiegato, è cruciale per trasformare le PMI familiari in organizzazioni più moderne e performanti, senza tradire le radici identitarie. Secondo una ricerca condotta da SDA Bocconi in collaborazione con Deloitte, l’80% delle aziende che hanno adottato questa figura ha registrato un miglioramento tangibile nella gestione e nei risultati.
Matilde Marandola, presidente nazionale di AIDP, ha arricchito la riflessione con una metafora potente: il “deep blue” come spazio sensoriale da esplorare con empatia e coraggio, qualità che dovrebbero essere alla base della leadership del futuro. “Come in una cena al buio – ha detto – è quando perdiamo i riferimenti abituali che possiamo sviluppare nuove capacità e nuove visioni”.
Anche Federico Tammaro, presidente ANDAF Campania, ha evidenziato come la pandemia e la rivoluzione tecnologica abbiano accentuato il divario tra imprese preparate e imprese in difficoltà, sottolineando l’importanza di investire in formazione, digitalizzazione e capitale umano per mantenere la competitività.
Sul fronte finanziario, il contributo del private capital diventa imprescindibile. Alessandra Bechi, Vice DG di AIFI, ha ricordato come nel 2022 siano stati investiti quasi 24 miliardi di euro in private equity, venture capital e strumenti affini. Non solo capitale, ma anche know-how e governance: elementi indispensabili per la crescita delle PMI. Il potenziale però resta in parte inespresso per carenza di cultura finanziaria e accesso limitato agli strumenti.
Matteo Rusciadelli, responsabile per il Centro-Sud di Cassa Depositi e Prestiti, ha illustrato le azioni concrete messe in campo dall’istituto pubblico, che negli ultimi tre anni ha sostenuto oltre 65.000 imprese con finanziamenti per innovazione, sostenibilità e internazionalizzazione, con una particolare attenzione alle specificità del Mezzogiorno.
La voce degli imprenditori non è mancata. Fulvio Scannapieco (A.L.A. Spa) ha testimoniato l’importanza della managerializzazione nei passaggi generazionali: “I manager non solo facilitano il ricambio, ma valorizzano le nuove generazioni e rafforzano l’impresa”.
Infine, Carlo Verdone (Federitaly) ha lanciato un appello per una nuova visione sistemica: non si può più affidare la competitività delle PMI solo all’intuito individuale. Servono strumenti, formazione e un contesto normativo che premi chi vuole crescere.
In sintesi, il messaggio del Festival del Management è chiaro: il futuro delle PMI si gioca nella capacità di affrontare il “blu profondo” dell’innovazione e della complessità con coraggio, apertura mentale e alleanze strategiche. Un cambiamento culturale prima ancora che organizzativo.
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