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Lecco e sport necessario il modello conegliano


Gli sport di squadra planano verso i titoli di coda. Vincitori e vinti si palleggiano sentimenti opposti, evocativi di prodezze decisive e di figure barbine.

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Calcio, volley, basket, sgonfiano i palloni fino ai giorni della preparazione della stagione ventura.

Si gonfiano invece, per lo più, le spese con i presidenti in affanno, consapevoli di dover riprendere il pellegrinaggio per strappare il rinnovo del contratto con gli sponsor o di vederselo strappare con il rischio di restare a piedi anche laddove si gioca con le mani.

È quel che capita allo storico presidente della Picco Lecco, Dario Righetti, costretto al calice amaro della rinuncia alla A2 dopo i brindisi per una salvezza guadagnata sul campo, con onore e merito. Se il caso della Picco è il più eclatante, va da sé che la povertà di mezzi costringe i dirigenti a farsi ragionieri e questuanti.

Mi si perdonerà lo scivolone demagogico, ma non mi è sfuggito che per l’impresa, è che impresa, dell’Inter con il Barcellona, il “Meazza” ha incassato quattordici milioni di euro di soli biglietti. Se poi ci inoltriamo nei flussi di denaro in entrata tra finale di Monaco, torneo americano, prossima Champions, torna facile riconoscere nei nerazzurri I nababbi del prossimo mercato. Poi leggo che l’Olimpico di Roma è già sold out per la sfida tra Bologna e Milan con in palio la Coppa Italia che, per me vecchio milanista o milanista vecchio, è una sorta di castigo, tanto che, in tempi non sospetti, ho definito quella “coppa” meno appetibile del salame in cima all’albero della cuccagna.

Riconoscendo ovviamente che i nodi vanno sciolti a monte magari a partire dal rinnovo del CONI, noi un sassolino lo lanciamo da subito, visto che invece di uno stagno disponiamo di un lago in grado di ampliare i cerchi. Di recente un amico fidato e intraprendente mi ha esposto il progetto di costituire una “Fondazione bluceleste” con lo scopo di aiutare l’ampio ventaglio delle realtà sportive, convogliando risorse e sponsorizzazioni da destinare alle società che si ispirano idealmente alla storia dei colori blucelesti e, via via, si intrecciano con altre discipline, senza pregiudizi e preclusioni: dalla pallavolo al basket, dal rugby alla scherma, dal tennis allo sci. È chiaro che il nuovo soggetto non nasce in contrasto con le magnifiche e collaudate polisportive che animano Il territorio; nessuna pretesa egemonica, insomma, ma l’ambizione e il senso di responsabilità di evitare che il capoluogo sia il fanalino di coda sul piano organizzativo e qualitativo.

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Potrebbe scaturire un moto comunitario coinvolgente con protagonisti imprenditori di diversa taglia che non avranno più l’incombenza di interloquire con le singole società, bensì di canalizzare risorse in un unico fondo dove il “gruzzolo” finale sarà redistribuito secondo parametri e pesi previsti da uno statuto. Cadrebbe a fagiolo anche quella idea di un azionariato diffuso e popolare che altrove ha prodotto miracoli.

Torno su un mio pallino : la cittadina veneta di Conegliano, 35.000 abitanti, vanta la squadra di volley femminile più vincente al mondo. Il segreto? Oltre cinquecento sponsor che, dalle aziende di spicco al bar di quartiere, hanno creduto nel folle progetto e ora ne vanno fieri. Per il nostro territorio spesso attraversato da gelosie, campanilismi, ataviche rivalità, per tacere della subdola contesa tra sport più o meno popolari, all’interno di una logica che fa a pugni con i valori più autentici dello sport, si impone una profonda metamorfosi nella gerarchia dei fattori che segnano il grado di civiltà di una popolazione.

Non vedo l’ora che questa intuizione prenda forma e sostanza, in linea tra l’altro con altre esperienze in segmenti fondamentali per lo sviluppo del territorio, che in anni recenti hanno generato, quel “sistema Lecco” del quale forse si sono via via spenti lo spirito e la cultura. Non è la mia una chiamata all’unità a tutti i costi, ma il frutto di uno sguardo su una Provincia che compie trent’anni e che è matura per guidare e reggere le sfide degli anni a venire.

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