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“Ma quale mediazione di Meloni. Italia e Ue pensano solo al riarmo”. Parla il segretario della Presidenza del Senato e capogruppo M5S in Commissione politiche Ue, Lorefice


L’Europa non chiude le porte ai negoziati con gli Usa sui dazi. Ma intanto si prepara alla controffensiva. L’Ue presenterà un ricorso formale all’Organizzazione mondiale del commercio contro gli Stati Uniti, contestando i dazi annunciati da Donald Trump. E ha stilato una nuova maxi-lista di controdazi per rispondere alle tariffe ‘reciproche’ e sulle auto annunciate dagli Stati Uniti dal valore di 100 miliardi circa.
Pietro Lorefice, segretario della Presidenza del Senato e capogruppo M5S in Commissione politiche Ue, che ne pensa?
“L’Ue sta adottando un fisiologico atteggiamento muscolare da contrapporre a Trump. E ci può stare, visto che il grosso della trattativa passa ancora per le minacce. Il problema è che l’Ue è gravemente assente nelle altre due questioni che normalmente bisogna affrontare quando c’è una guerra commerciale: investire nello sviluppo industriale europeo, per raggiungere quell’innovazione e quel valore aggiunto indispensabili per aiutare le imprese a esportare verso altri mercati mondiali; investire nelle economie europee e nel welfare europeo, per alimentare la domanda interna, sostenere i consumi e la crescita del Pil. Purtroppo l’Ue è concentrata sul folle e improduttivo Piano ReArm Eu, sullo scorporo dal Patto di stabilità delle sole spese militari, sul dirottamento dei fondi di coesione verso altri obiettivi, difesa compresa. Il tutto con la totale complicità del Governo Meloni. Il problema di fondo, il vulnus d’origine, resta lo stesso: un Patto di stabilità che ammazza gli investimenti e costringe l’Italia a 12 miliardi di tagli e nuove tasse ogni anno”.

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Questo, in seconda battuta, significa che la mediazione di Giorgia Meloni con Trump per l’Europa ha fallito?
“Nessuno ha mai creduto al ruolo di mediatrice o pontiera della Meloni. Abbiamo visto come si è presentata a Washington da Trump: con un vassoio dorato su cui ha messo maggiori acquisti italiani di gas naturale liquefatto americano, notoriamente più costoso di quello via tubo, e di armi dai colossi bellici a stelle e strisce. In più ci ha messo sopra anche un atteggiamento morbido sulla tassazione delle piattaforme web, che hanno fatto e stanno continuando a fare soldi a palate coi dati dei cittadini italiani ed europei, pagando una frazione delle tasse che dovrebbero versare. Meloni semmai è un’ottima pontiera e mediatrice tra lei stessa e le sue esigenze di accreditamento internazionale”.

Trump però con la Gran Bretagna un accordo commerciale sui dazi lo ha raggiunto.
“Appunto, lo ha raggiunto con lo storico alleato inglese che peraltro non è più nell’Ue. Il che non sposta di una virgola la problematica posizione europea e italiana”.

L’Eurocamera si è sdoppiata sul piano di riarmo. Ha da una parte approvato l’iter accelerato per la proposta sui Fondi di Coesione avanzata da Raffaele Fitto che consente di dirottare quelle risorse sulle spese per l’industria bellica. Dall’altra ha approvato il vostro emendamento che critica la procedura d’urgenza decisa da Ursula von der Leyen per far approvare il RearmEu.
“Partiamo dal nostro emendamento, che adesso metterà la Commissione davanti a un bivio: fregarsene dei rappresentanti dei cittadini e tirare dritto; dare al Parlamento la possibilità di intervenire sul ReArm in modo vincolante. Se von der Leyen tirerà dritto ci saranno i presupposti per attivare un ricorso alla Corte di giustizia Ue. Il M5S non si fermerà. Quanto all’uso ‘poliedrico’ dei Fondi di coesione l’atteggiamento del Governo Meloni è nauseante: mercoledì la premier ha provato a dire in Parlamento che non userà i fondi di coesione per la difesa, ma il ‘suo’ commissario Fitto in Europa ha portato a casa la procedura d’urgenza per dirottare quei fondi, che servono per aiutare i territori europei più fragili e le loro infrastrutture, come il Sud Italia, anche sulle armi. Capite che Governo abbiamo, no?”.

Il segretario generale Nato Mark Rutte ha proposto di conteggiare anche le spese per la sicurezza in senso lato (cyberdifesa, protezione dei confini, protezione civile) ma come un 1,5% di Pil di spese extra rispetto a quelle militari tradizionali che conteranno per il nuovo target del 3,5% del Pil che sarà fissato al summit Nato di fine giugno. Questo significa che il governo Meloni per raggiungere il 2% non potrà ricorrere ad artifici contabili. Come farà allora a trovare i miliardi che mancano per centrarlo?
“Per arrivare al 2% del Pil, che la Meloni ha anticipato al 2025, servono 10 miliardi subito. Noi mercoledì abbiamo chiesto in Senato alla Meloni da dove li prende, ma ovviamente non ha risposto. E allora rispondiamo noi: o li prende tagliando ancora la spesa sociale, o li prende aumentando le tasse, o li prende a debito scaricandone il peso sugli italiani. Follia pura”.

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